19 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Per l'economista non sono buone le prospettive per l'Italia

Schiattarella: «Renzi lasci nelle tasche degli italiani i risparmi del petrolio»

Il Professor Roberto Schiattarella insegna Politica Economica all'Università di Camerino, promuove seminari e conferenze sui grandi temi dell'Economia Internazionale ed è stato allievo di Federico Caffé. Ha rilasciato un'intervista a DiariodelWeb.it, per spiegarci quali saranno le conseguenze della caduta del prezzo del petrolio. E cosa devono aspettarsi gli italiani.

ROMA - Il Professor Roberto Schiattarella insegna Politica Economica all'Università di Camerino, promuove seminari e conferenze sui grandi temi dell'Economia Internazionale ed è stato allievo di Federico Caffé. Ha rilasciato un'intervista a DiariodelWeb.it, per spiegarci quali saranno le conseguenze della caduta del prezzo del petrolio. E cosa devono aspettarsi gli italiani, ancora duramente colpiti dalla crisi economica.

Professore, quali sono le conseguenze del crollo del prezzo del petrolio nell'economia internazionale?
«Cambiano molte cose. Innanzitutto cambiano le bilance dei pagamenti, perché cambiano i prezzi relativi. E, come conseguenza del crollo del prezzo del petrolio, cambiano i prezzi dei prodotti industriali. I prodotti industriali costano di meno perché la materia prima, o una gran parte della materia prima, costa meno. Questo significa che chi si avvantaggia di ciò in maniera diretta (meno spese di benzina) e indiretta (costi dei prodotti alimentari per esempio) sono o dovrebbero essere i consumatori. Il reddito dei paesi importatori di petrolio dovrebbe aumentare, e questo dovrebbe essere un vantaggio anche per l'Italia.»

Il problema è che questi soldi non entrano, se non in piccola parte, nelle tasche degli italiani: sia per le tasse sulla benzina sia per la gestione economico-politica del reddito nazionale. E' così?
«In realtà il risparmio c'é e si vede. Io insegno fuori, devo fare lunghi viaggi in auto, e ora sulla benzina risparmio circa 5 euro per ogni tratta. Quindi, da consumatore, ho più capacità di spesa a parità di reddito. Da questo punto di vista, in linea di massima, una riduzione del prezzo del petrolio accelera, o dovrebbe accelerare, le potenzialità di sviluppo e di ripresa economica di un pese importatore. Se prima, ad un certo prezzo del petrolio, i dati parlavano di previsioni di crescita pari allo 0,1: ora, tenendo conto del crollo del prezzo del petrolio, possono tranquillamente arrivare allo 0,3.»

E questa previsione positiva sulla crescita secondo Lei si realizzerà in maniera concreta, o potrebbe essere ostacolata da altri fattori politici ed economici congiunturali?
«Dipende dalle scelte strategiche dei governi: perché i governi potrebbero approfittare del calo del prezzo del petrolio per aumentare le tasse. Una scelta che possono fare è infatti quella di recuperare gettito fiscale attraverso l'aumento della tassazione, a parità di prezzi. I governi possono decidere di far guadagnare ai consumatori in termini di reddito, e promuovere così la crescita e lo sviluppo, o viceversa: i governi possono decidere invece di aumentare la pressione fiscale per ridurre il debito pubblico, sacrificando la domanda e quindi i consumi. Si tratta di due scelte molto diverse tra loro.»

In Italia secondo Lei cosa accadrà?
«Questo non lo so. Saggezza vorrebbe che si lasciasse la domanda libera di ripartire. Ma molto dipenderà da quanto saranno forti le pressioni dall'UE: che potrebbero richiedere di trasferire il vantaggio derivante dal minor costo dell'energia dalla crescita al riequilibrio di bilancio.»

E quali sono le sue prospettive per quanto riguarda la crisi economica? Ne stiamo venendo fuori finalmente o siamo ancora immersi nella crisi fino al collo?
«Personalmente sono piuttosto pessimista. Credo che le medicine che stiamo prendendo non servano affatto a curare questa malattia, ma anzi la peggiorino. O si cambiano le politiche di intervento, per sostenere la domanda, oppure è davvero difficile ripartire. Io non sono ottimista.»

In questo senso, il calo del prezzo del petrolio potrebbe essere una variabile decisiva ed estremamente positiva per venir fuori finalmente dalla crisi: è così?
«Potrebbe essere una variabile positiva se non ci fosse una cultura che tende a sacrificare l'equilibrio socio-economico rispetto a quello finanziario. Secondo quest'approccio distorto è la società a doversi adattare alle esigenze finanziarie, e non il contrario. Io credo che questa sia una follia: sociale, politica e soprattutto tecnica. Perché non porta ad alcuno sviluppo, ma solo alla crisi che stiamo vivendo.»