OCSE: «Ma a metà 2015 l'Italia vedrà la ripresa»
Secondo le stime dell'Ocse, il Pil italiano è destinato a crescere dello 0,2% e dell'1% nel 2016, ma con lui salirà il debito pubblico, comportando una «vulnerabilità significativa». Intanto, Renzi da Strasburgo: «Senza flessibilità si cade nella tecnocrazia»
MILANO - Dopo la contrazione del 2014, l'economia italiana «dovrebbe tornare alla crescita per la metà del 2015» e «accelerare un po' nel 2016». Lo ha affermato l'Ocse nel suo Economic Outlook, stimando che il Pil italiano crescerà dello 0,2% e dell'1% nel 2016.
VULNERABILITÀ SIGNIFICATIVA PER L'ITALIA - Il debito pubblico continuerà a salire, passando dal 130,6% del Pil nel 2014 al 132,8% nel 2015 e al 133,5% nel 2016. Il livello elevato del debito, ha ammonito l'Ocse, «costituisce una vulnerabilità significativa» per l'Italia. Più in generale l'area euro è «a rischio deflazione»: «la ripresa rimane debole, la fiducia è calata e le pressioni deflazionistiche restano elevate», ha scritto l'Ocse.
CONSOLIDAMENTO PIÙ LENTO APPARE APPROPRIATO - Nell'Economic Outlook, l'Ocse fa inoltre sapere che «Il ritmo di consolidamento strutturale dei conti più lento rispetto agli impegni precedenti» deciso da Francia e Italia nelle loro leggi di bilancio «appare appropriato», perché «aiuterà le riforme strutturali e le ulteriori misure di stimolo monetario a rafforzare l'attività economica». E' quanto ha scritto l'Ocse nel suo Economic Outlook. «Mantenere i precedenti impegni avrebbe comportato una rapida contrazione fiscale - si legge - che avrebbe probabilmente depresso ulteriormente l'attività e anche rischiato di portare la zona euro a una nuova recessione».
RENZI: SENZA FLESSIBILITÀ NON C'È POLITICA - «La mancanza di flessibilità è un nonsenso: senza flessibilità non c'è più la politica e si entra nel regno della tecnocrazia». Lo ha detto il premier Matteo Renzi durante il suo intervento al gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, stamattina a Strasburgo, prima di andare ad ascoltare l'intervento del Papa in plenaria, come titolare della presidenza di turno del Consiglio Ue. «Non abbiamo costruito l'ideale europeo per fare un algoritmo, per affidarlo a un computo ragioneristico. L'approccio tecnocratico per cui conta lo 0,01%, senza guardare alla sostanza dei problemi, non mette in difficoltà solo l'Italia o la Francia, ma la Politica», ha insistito Renzi, osservando che in questo caso «gli elettori non solo non ci votano, ma fanno anche bene a non votarci».
«EPPUR» QUALCOSA «SI MUOVE» - «Io - ha precisato il premier - non chiedo di cambiare le regole: la regola del deficit l'Italia la rispetta, siamo sotto il 3% del rapporto deficit/Pil», e per il Paese questo è importante «perché sappiamo che c'è un problema di credibilità, di reputazione. Ed è vero anche che fino a quando non spenderemo bene i soldi europei, che poi sono i nostri soldi, non saremo credibili». Oggi, comunque, «qualcosa si sta muovendo» nella politica economica dell'Ue, ha sottolineato ancora Renzi, con un chiaro riferimento ai primi segnali di maggiore flessibilità da parte della Commissione Juncker nell'esame dei bilanci nazionali dei paesi membri e alla priorità data alla crescita con il piano europeo per gli investimenti che sarà presentato domani. «Non appaia provocatorio citare Galielo Galieli, proprio nel giorno in cui viene qui il Papa, ma lasciatemi dire, come quel grande italiano, 'eppur si muove'. Lo dico per quel che sta accadendo alla politica europea. A giugno scorso, al vertice Ue di Yprès, quando ho parlato di flessibilità è stato imbarazzante: mi guardavano tutti, 'ha detto flessibilità, ha detto crescita', ripetevano. Sembrava assurdo chiedere un cambiamento. Ma adesso - ha concluso il presidente del Consiglio - è chiaro che qualcosa deve cambiare, perché l'Europa torni ad essere un luogo di ideali e di passione:'Eppur si muove'».
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