30 luglio 2025
Aggiornato 21:00
Record negativo degli ultimi due anni

La crisi spinge in basso il petrolio

Il prezzo del petrolio è in calo sui mercati asiatici, in scia ai timori degli analisti sulla ripresa globale. La quotazione del Wti si attesta a 84,59 dollari al barile, in ribasso di 1,23 dollari, la più bassa degli ultimi due anni, mentre il Brent si attesta a 88,97 dollari al barile, giù di 1,24 dollari, il valore più debole degli ultimi quattro anni.

ROMA - Prezzo del petrolio in calo sui mercati asiatici, in scia ai timori degli analisti sulla ripresa globale. La quotazione del Wti si attesta a 84,59 dollari al barile, in ribasso di 1,23 dollari, la più bassa degli ultimi due anni, mentre il Brent si attesta a 88,97 dollari al barile, giù di 1,24 dollari, il valore più debole degli ultimi quattro anni.

PETROLIO IN PICCHIATA - Continua in maniera marcata la caduta dei prezzi petroliferi, mentre ora, alle attese di debolezza della domanda globale dovute alla generale frenata della crescita in molte zone, si aggiungono ricostruzioni di stampa su spaccature in seno all'Opec, il cartello dei paesi esportatori, che renderebbero impraticabile una risposta al calo dei prezzi mediante riduzioni dell'offerta. Anzi, secondo alcuni reportage l'Arabia Saudita sarebbe perfino pronta a tollerare una flessione del barile fino a 80 dollari. Intanto il Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord, cede altri 1,81 dollari rispetto alla chiusura di venerdì scorso, portandosi a 88,40 dollari.

IL FMI RIVEDE AL RIBASSO LE PREVISIONI SULLA CRESCITA GLOBALE - Ancora più basso poi il barile di West Texas Intermediate, a 84,51 dollari negli scambi dell'after hours, in calo di 1,31 dollari. Da settimane le quotazioni sono zavorrate dai segnali di debolezza dell'economia, che hanno riguardato specialmente l'area euro ma anche altre aree economiche, tanto che il Fondo monetario internazionale ha appena rivisto al ribasso le previsioni di crescita globale. Alcune settimane fa l'Opec aveva provato a bloccare la tendenza ventilando l'ipotesi di tagli all'offerta, ma senza successo. E ora questo scenario sembra del tutto sfumato, non solo: si moltiplicano le indiscrezioni secondo cui vi sarebbero profonde divisioni tra paesi produttori, se non addirittura il rischio di una «guerra dei prezzi». In particolare l'Arabia Saudita, primo produttore globale, sarebbe pronta a sopportare anche pesanti ribassi pur di non perdere quote di mercato. Altri paesi, come il Venezuela vorrebbero invece una linea più aggressiva. Tanto da ipotizzare un vertice di emergenza dell'Opec a meno di un mese dalla riunione prevista il 27 novembre, ma su questo versante non riuscirebbero a coalizzare consensi.