19 marzo 2024
Aggiornato 03:00
Fieragricola intervista il vicepresidente del Gruppo Consultivo Latte della Commissione UE

«Con la fine delle quote latte prezzi giù del 16% ma per l’Italia le dop faranno da paracadute»

Tommaso Mario Abrate delinea lo scenario attuale e futuro, partendo dal «Pacchetto Latte» e passando per la competitività, l’agropirateria, il Wto, il mercato libero, la cooperazione in Italia e in Europa

VERONA - Per il mondo del latte in Europa è attesa una frenata dei prezzi, molto più pesante nel Centro e nel Nord che non in Italia. Nel 2015, quando il regime delle quote latte andrà in soffitta, potrebbe non esserci il programmato «atterraggio morbido». E l’abolizione delle quote, votata sull’onda di un liberismo chiamato a togliere ingessature produttive, è stata una decisione più subita dall’Italia che voluta nei negoziati europei.

Così pensa Tommaso Mario Abrate, responsabile del settore lattiero caseario di Fedagri – Confcooperative, recentemente nominato vicepresidente del Gruppo Consultivo Latte in Europa, «l’organismo col quale la Commissione europea si confronta sulla sua politica di settore con le rappresentanze della filiera: i produttori di latte, i trasformatori, a carattere cooperativo ed industriale, il commercio e il consumo», spiega lo stesso Abrate in un’intervista rilasciata a Fieragricola-Veronafiere, pubblicata integralmente sul sito www.fieragricola.it.

Una intervista nella quale Abrate analizza alcuni aspetti rilevanti del settore: dalle quote latte alle multe per gli splafonatori, dall’Italian sounding alla soluzione per il mondo cooperativo di dotarsi di un portavoce. Un esempio che, dice Abrate, «anche i sindacati agricoli dovrebbero seguire».

Quote addio, ma prezzi in discesa: per l’Italia -8 per cento. La situazione richiamata da Abrate all’esito dell’ultima campagna scandita dalle quote (che scadranno col 31 marzo 2015) è complessa. «Come hanno previsto gli economisti del settore, il superamento delle quote lattiere produrrà un assestamento al ribasso dei prezzi del 16 per cento, mediamente, che si ridurrà all’8 per cento per l’Italia, in forza del suo modello produttivo incentrato sui formaggi Dop». Uno scenario è in grado di produrre «uno sconvolgimento degli assetti attuali, soprattutto nei Paesi della fascia mediterranea nei quali è maggiore il frazionamento produttivo e competitivo».

Un mercato oltre le leggi di domanda e offerta. Dopo il biennio 2008-2009 di forte crisi, il comparto lattiero ha vissuto una «lunga fase positiva, che ha consentito di fronteggiare l’aumento dei costi». Per Tommaso Mario Abrate, però, «una cosa è certa: il mercato non è più la risultanza della domanda e dell’offerta sul piano interno, ma è l’effetto delle dinamiche produttive e commerciali a livello globale; con questo nuovo fronte dobbiamo confrontarci ed organizzarci, soprattutto nelle fasce più deboli, costituite dalla produzione del latte e dalla trasformazione».

«Pacchetto Latte Ue»: obiettivi ridimensionati, Italia in salvo. Secondo Abrate, l’approvazione nelle scorse settimane del «Milk Package» è frutto di un compromesso fra i 27 Stati dell’Ue. «Gli obiettivi originari erano ambiziosi ma sono poi stati sfumati – spiega il vicepresidente del Gruppo consultivo Latte -: il Pacchetto latte si limita a rafforzare la capacità dei produttori sul piano meramente negoziale, mentre per l’Italia e per diversi altri Paesi la vera priorità sarebbe stata concentrare l’offerta del latte sul piano economico».

Fortunatamente per l’Italia, il Pacchetto consente la programmazione produttiva dei formaggi Dop, che permetterà di «gestire le quantità prodotte in funzione della domanda».

Un modello europeo per la cooperazione italiana. È questo l’auspicio di Abrate, per superare i limiti di competitività dettati dalle dimensioni. «Nella campagna 2010-2011, la cooperazione europea, che rappresenta il 58 per cento del latte prodotto, ha distribuito ai produttori soci una maggiorazione di prezzo, rispetto alle industrie, dell’1,1 per cento. Le prime 5 cooperative europee hanno liquidato sul latte conferito un’integrazione di prezzo di ben 400 milioni di euro». Risultati addirittura migliori per le cooperative italiane, che hanno liquidato, rispetto al latte compravenduto, «un maggior prezzo medio del 15 per cento, con punte fino al 40 per cento in diverse aree produttive». Tuttavia, «il tessuto competitivo italiano è ancora fortemente frammentato. Stiamo dedicando un impegno prioritario alla concentrazione delle cooperative mediante sinergie, fusioni ed incorporazioni animati dalla consapevolezza che necessita «meno cooperative, più cooperazione»».

Gli obiettivi del Gruppo Consultivo Latte. «I temi da affrontare in questa sede sono tanti – annuncia il vicepresidente Abrate - in particolare come accelerare le integrazioni, che sono essenziali per avere adeguata capacità negoziale nei confronti del sistema distributivo e per affrontare sinergicamente nuovi mercati extraeuropei. Un altro punto essenziale per i Paesi meridionali dell’Ue e per l’Italia in particolare è come tutelare a livello internazionale i marchi delle Dop, rilanciando una iniziativa che purtroppo non si è concretizzata nei negoziati Wto del 2008, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’agropirateria».