20 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Torna la «guerra del cioccolato»

«Cioccolato puro?» Sanzioni dall'UE all'Italia

L'etichettatura «cioccolato puro» non è lecita se sono usati grassi di sostituzione burro di cacao. Si tratta di una procedura per non esecuzione di una sentenza della Corte europea di Giustizia, che il 25 novembre 2010 aveva condannato l'Italia per la distinzione indebita fra i due tipi di cioccolato

BRUXELLES - Ritorna, dopo le memorabili battaglie comunitarie combattute nella seconda metà degli anni '90 fra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, la «guerra del cioccolato». La Commissione europea ha deciso il 24 novembre scorso (ma senza comunicarlo alla stampa) di avviare una procedura d'infrazione contro l'Italia per non aver abrogato la legge nazionale che impone di distinguere in etichetta il 'cioccolato puro' da quello senza aggettivi che, a differenza del primo, può contenere sei diversi grassi vegetali in sostituzione del burro di cacao, più caro, e fino al 5% del peso totale del prodotto.

Si tratta di una procedura per non esecuzione di una sentenza della Corte europea di Giustizia, che il 25 novembre 2010 aveva condannato l'Italia per la distinzione indebita fra i due tipi di cioccolato, che contravviene a una direttiva Ue del 2000, entrata in vigore nel 2003. La direttiva, a suo tempo approvata fra le polemiche dal governo italiano di centro sinistra, autorizzava un uso limitato dei grassi di sostituzione, alla sola condizione di indicarne la presenza in etichetta.

Secondo la motivazione della Commissione, poi fatta propria dalla Corte nella sua sentenza, indicare come 'puro' solo il cioccolato senza i grassi di sostituzione autorizzati, equivale a introdurre una denominazione di vendita distinta per lo stesso prodotto, traendo in inganno il consumatore (implicando che sarebbe 'impuro' il cioccolato con i grassi diversi dal burro di cacao), e quindi a trarre in inganno il consumatore con un'informazione scorretta, non neutra e non obiettiva.

Nel giugno scorso, le autorità italiane aveva assicurato alla Commissione che la legge incriminata sarebbe stata abrogata nel corso dello stesso mese con la legge comunitaria 2010, ma poi l'Esecutivo comunitario non aveva ricevuto alcuna conferma. Bruxelles ha deciso, così, di dare inizio alla nuova procedura, che potrebbe approdare a un secondo ricorso in Corte Ue e a una seconda condanna, con sanzioni pecuniarie giornaliere per ogni giorno di permanenza dell'Italia nello stato d'infrazione.