20 aprile 2024
Aggiornato 10:00
S&P aggiusta il tiro su downgrade

USA declassati, Geithner evita un nuovo grattacapo ad Obama

Il Segretario al Tesoro resta almeno fino a dopo le elezioni del 2012. Greenspan: «Downgrade? Nessuna recessione, ma la reazione dei mercati sarà negativa»

NEW YORK - Il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner non lascerà il proprio incarico. Lo ha detto lui stesso a Barack Obama, evitando in questo modo di fare cadere un'ulteriore tegola sulla testa del presidente americano, alle prese con uno dei momenti più difficili della sua presidenza.
Geithner, per questioni di natura famigliare (suo figlio frequenterà l'ultimo anno di scuola superiore a New York), aveva preso in considerazione la possibilità di lasciare l'incarico dopo l'accordo sull'innalzamento del tetto del debito, ma ha ora deciso di restare, «alla luce dell'importante lavoro che resta ancora da fare per risolvere i problemi degli Stati Uniti», ha detto Jenni LaCompte, portavoce del segretario al Tesoro, in una nota.
Non è chiaro fino a quando Geithner resterà al proprio posto, ma secondo indiscrezioni raccolte dall'agenzia di stampa Dow Jones dovrebbe rimanere almeno fino all'autunno 2012, ovvero fino a dopo le elezioni presidenziali del 2012.
Due anni e mezzo dopo la crisi e la recessione che ha messo in ginocchio il Paese, con l'uscita di scena di Geithner non sarebbe restato nessuno della squadra economica originariamente scelta da Obama: il primo era stato il numero uno del Congressional Budget Office Peter Orszag, mentre di recente il consigliere economico Austan Goolsbee ha detto che tornerà a insegnare all'università di Chicago, mentre lo stesso avevano fatto il direttore del National Economic Council Lawrence Summers e il numero uno del Council of Economic Advisers Christina Romer.

S&P aggiusta il tiro sul downgrade USA, ma nessuna marcia indietro - Dopo avere tagliato il rating degli Stati Uniti per la prima volta nella storia, l'agenzia Standard & Poor's aggiusta un po' il tiro, ma non fa marcia indietro e difende la propria decisione, anche se il dipartimento al Tesoro parla di un errore di calcolo da 2.000 miliardi di dollari sull'andamento del debito nei prossimi dieci anni.
«Non prevediamo un impatto notevole in termini di aumento dei tassi di interesse nel corso della prossima settimana», ha detto David Beers, capo della divisione rating sul debito sovrano dell'agenzia, sottolineando che il downgrade rappresenta «un deterioramento solo moderato della posizione americana».
Detto questo, S&P rispedisce al mittente le accuse del Tesoro, che ieri ha messo in dubbio la credibilità e l'integrità dell'agenzia, sottolineando che è andata avanti per la propria strada anche quando il dipartimento ha fatto notare il significativo errore di calcolo. «E' un'interpretazione totalmente fuorviante di quello che è successo, l'errore è stato corretto, ma non cambiava comunque il fatto che il debito americano è in rialzo e continuerà a crescere nel prossimo decennio», ha spiegato Beers.

Dopo il downgrade USA, feroci scambi di accuse - Standard & Poor's ha tagliato per la prima volta in 70 anni il rating degli Stati Uniti, abbassandolo dal massimo possibile a «Aa+», un gradino più in basso. In attesa della prova del nove - l'apertura dei mercati lunedì - quello che resta è lo scambio di accuse e la girandola di commenti dai quattro angoli del mondo. L'agenzia di rating ha difeso il proprio operato, puntando l'indice contro l'incapacità dell'amministrazione e del Congresso americano di lavorare in modo costruttivo sulle questioni fiscali (la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il braccio di ferro sull'innalzamento del tetto del debito, con il default evitato per un soffio).
Casa Bianca e dipartimento al Tesoro hanno rispedito al mittente le accuse, la prima definendo il compromesso sul deficit «un passo necessario nella giusta direzione», mentre il secondo ha sollevato dubbi sulla «credibilità e l'integrità di S&P alla luce di una decisione non giustificabile in modo razionale e basata su un errore di calcolo da 2.000 miliardi di dollari» sull'andamento del debito americano nei prossimi dieci anni.

Greenspan: nessuna recessione, ma la reazione dei mercati sarà negativa - Il rischio di una nuova recessione non c'è, ma un ulteriore rallentamento economico è possibile. E' di questa idea l'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan che, in un'intervista all'emittente televisiva NBC, ha sottolineato che «la prima reazione dei mercati azionari sarà negativa» dopo la decisione di Standard & Poor's di tagliare il rating americano da «Aaa» a «Aa+».
«Ci vorrà tempo per una ripresa dei mercati», ha detto Greenspan, che prevede un'apertura in calo domani dopo il downgrade americano, anche se appunto la frenata non sarà di portata tale da innescare un ritorno alla recessione: «la crisi del debito in Europa pone un rischio superiore del downgrade» ha detto, sposando la teoria del Tesoro americano e precisando che «alla base della decisione di S&P c'è un errore di calcolo».
Per l'ex presidente della Fed il downgrade «tocca un nervo scoperto» e avrà più che altro «un effetto psicologico negativo» sul Paese. Secondo Greenspan, «i titoli di stato americani sono ancora un investimento sicuro, gli Stati Uniti sono in grado di pagare i propri debiti perché possono stampare moneta», una manovra comunque rischiosa perché potrebbe innescare una spirale negativa sull'andamento dell'inflazione.

L'ex consigliere di Obama Summers: La nuova recessione «è un rischio» - Dopo il downgrade degli Stati Uniti deciso dall'agenzia Standard & Poor's, «esiste certamente il rischio» di una nuova recessione. Lo ha detto Lawrence Summers, ex direttore del National Economic Council della Casa Bianca, difendendo comunque gli sforzi dell'amministrazione a sostegno dell'economia: «se non avessimo fatto quello che abbiamo fatto, assisteremmo di nuovo a quello che è successo nel 1930».
Summers punta l'indice contro i repubblicani, colpevoli di avere lasciato che il governo americano arrivasse a un passo dal default, evitato all'ultimo giorno disponibile con un travagliato accordo sull'innalzamento del tetto del debito. «Hanno giocato con l'affidabilità creditizia degli Stati Uniti e ora saranno le famiglie americane a rimetterci, perché dovranno pagare interessi più alti sui loro mutui e subiranno le ripercussioni sul mercato del lavoro», ha detto.
L'ex consigliere economico di Obama non ha risparmiato critiche all'agenzia S&P: «ha dei trascorsi terribili», ha detto, ricordando che l'agenzia era stata fortemente criticata per avere assegnato valutazioni positive a obbligazioni garantite da mutui poi rivelatisi di cattiva qualità.

Riflettori sulle Borse, attesi cali - Il fine settimana è stato frenetico dopo che Standard & Poor's ha gettato ulteriore benzina sul fuoco delle preoccupazioni sull'economia globale tagliando il rating americano, finora immacolato. Dopo le polemiche, gli scambi di accuse, la girandola di consultazioni in sede internazionale, si dovrà guardare ai fatti e affrontare la reazione dei mercati azionari al downgrade e al perdurare della crisi di debito in Europa.
In attesa dell'apertura delle piazze asiatiche, a preannunciare il segno degli scambi è stato il mercato israeliano, uno dei pochi aperti nella giornata di domenica: la Borsa di Tel Aviv ha perso quasi il 7 per cento alla chiusura, accusando duramente il colpo del taglio del rating americano (dopo la sospensione di circa 45 minuti degli scambi per il crollo dell'indice, il Ta-25 ha perso il 6,99%).
A Wall Street si sta dunque con il fiato sospeso, ma il timore di un nuovo «black monday», che riporterebbe drammaticamente alla mente il lunedì nero del 1986, è più che concreto, soprattutto alla luce dei forti cali della settimana scorsa: il Dow Jones, che ha ceduto circa 500 punti giovedì per poi recuperare in parte terreno il giorno successivo, è arrivato insieme allo S&P 500 a cedere più del 10 per cento rispetto al massimo di chiusura del 29 aprile e al picco intraday del 2 maggio, entrando in territorio di correzione.