28 agosto 2025
Aggiornato 04:30
Secondo un rapporto pubblicato dall'Ocse

Redditi, in Italia peggiora la disuguaglianza negli ultimi 20 anni

E' un problema che accomuna i paesi avanzati. Favorire la riqualificazione dei lavoratori

ROMA - Si accentuano le disuguaglianze sui redditi nei paesi avanzati, anche in Italia che è tra le economie dove questo divario risulta maggiormente ampio, secondo un rapporto pubblicato dall'Ocse. Il tutto a riflesso di una generalizzata tendenza che vede i redditi più elevati crescere a ritmi ben maggiori di quelli che, all'opposto, si attestano ai livelli più bassi. In pratica sempre più «piove sul bagnato», secondo le tabelle pubblicate dall'Organizzaizone parigina, che ha esaminato la dinamica di crescita del 10 per cento di redditi più elevati rispetto al 10 per cento di redditi più bassi, su un periodo che va dalla metà degli anni '80 alla fine della prima decade del 2000 (con il 2008 come ultimo anno per quasi tutti i paesi).

Ebbene in questi vent'anni circa in Italia i redditi medi hanno registrato un aumento dello 0,8 per cento l'anno, ma con quelli più elevati sono cresciuti dell'1,1 per cento laddove i redditi più bassi hanno registrato solo un flebile 0,2 per cento l'anno. Come anzidetto si tratta di una tendenza generalizzata, sulla media dei paesi Ocse i redditi più alti sono cresciuti del 2 per cento, i più bassi dell'1,4 per cento, e in alcuni casi, come Giappone e Israele, i redditi più bassi sono perfino calati.

Attualmente, tra i paesi dell'Ocse i redditi del 10 per cento tra i più ricchi della popolazione sono pari a circa nove volte quelli del 10 per cento più poveri - dice l'Ocse -. Sebbene questo rapporto sia ben più basso nei paesi nordici e nell'Europa continentale, sale a 14 contro 1 in Usa, Israele e Turchia, e a un ancora più accentuato 21 contro 1 in Cile e Messico».

Su 22 dei 29 paesi analizzati l'ente parigino ha inoltre esaminato l'andamento del coefficiente di disuguaglianza «Gini», che varia da zero, quando teoricamente tutti i redditi sono uguali, a un massimo di 1, quando sempre teoricamente tutto il reddito va ad una sola persona. A metà degli anni '80 nell'area Ocse il coefficiente Gini segnava 0,28 punti, sul finire del passato decennio risultava aumentato del 10 per cento a quota 0,31 punti. In base a questo indicatore la disuguaglianza è cresciuta in 17 su 22 paesi, tra i quali l'Italia, rileva l'Ocse, mentre si è attenuata solo in cinque Stati e in misura ridotta (Turchia, Grecia, Francia Ungheria e Belgio).

In una tabella contenuta nel rapporto l'Italia si piazza al sesto-settimo posto tra i coefficienti Gini più elevati, poco sopra 0,30 punti assieme al Giappone. Maglia nera è il Messico, con un Gini a 0,45, seguito dagli Stati Uniti poco al di sotto di 0,35 e poi quasi a pari livelli Israele, Gran Bretagna e Australia. Il livello di disuguaglianza più basso si registra invece in Svezia, dove il coefficiente Gini è poco sotto 0,20 punti, ma tutta la parte bassa della graduatoria è fatta da paesi scandinavi: in Finlandia il Gini è appena al di sopra di 0,20 punti, in Danimarca e Norvegia attorno a 0,22 punti. Bene anche la Repubblica Ceca, con un coefficiente di disuguaglianza inferiore a 0,25 punti.

Molteplici e difficili da valutare le cause che sono alla base di questo ampliamento della disuguaglianza, secondo l'Ocse si va dalla globalizzazione, che ha favorito coloro che vantano migliori qualifiche, a riforme istituzionali e legislative che hanno avuto impatti sulla distribuzione dei redditi. Inoltre hanno pesato cambiamenti nella struttura delle famiglie, modifiche sui sistemi fiscali ma anche un maggior contributo ai redditi dai profitti da capitale, che favoriscono le fase più ricche.

Quanto ai rimedi, lo studio suggerisce come il sistema di intervento più diretto passi dal fisco e dalle agevolazioni. Anche le misure pubbliche di sostegno e sovvenzione giocano un ruolo importante. Ma soprattutto occorrono «politiche che investano nel capitale umano della forza lavoro»: in pratica secondo l'Ocse bisogna mettere in atto misure che consentano ai lavoratori di aumentare le loro qualifiche e la loro preparazione. «Sono un fattore chiave per invertire la tendenza della crescente disuguaglianza».