19 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Dopo l'emergenza mucca pazza

Sulle tavole degli italiani entra il burger di chianina

E’ stato presentate per la prima volta dalla Coldiretti in occasione dell’incontro «Mucca pazza: dieci anni dopo», promosso in collaborazione con la Fondazione Univerde

ROMA - Un hamburger rigorosamente italiano, fatto con la carne delle razze bovine storiche come la marchigiana, la piemontese o la maestosa chianina che dopo aver rischiato di scomparire, proprio grazie all’emergenza mucca pazza hanno trovato nuovo impulso e sempre maggiore gradimento da parte dei consumatori. E’ stato presentate per la prima volta dalla Coldiretti in occasione dell’incontro «Mucca pazza: dieci anni dopo», promosso in collaborazione con la Fondazione Univerde, nell’ambito di un salone nel quale sono stati esposti i piatti modificati o scomparsi, dal risotto alla milanese alla pajata, ma anche le novità arrivate sul mercato dopo l’emergenza Bse.

Gli hamburger presentati sono ottenuti dalla carne di bovini delle migliori razze italiane che sono state di fatto salvate proprio dall’emergenza «mucca pazza». Una novità per rendere disponibile carne di qualità e di origine garantita anche ai più giovani che ha visto anche la recente apertura del primo fast food nostrano per iniziativa un allevatore di Rivoli (Torino) che ha chiamato «Mac Bün» (in dialetto «solo buono») la sua attività, dove serve agri-hamburger fatti utilizzando solo carne di vitelli di razza Piemontese provenienti dalla propria azienda, oltre a verdure e formaggi rigorosamente prodotti dalle imprese agricole del territorio, pane artigianale e vino del Monferrato.
Se l’hamburger made in Italy delle pregiate razze da carne italiche è una delle novità nate a seguito di mucca pazza – afferma la Coldiretti - non sono poche le preparazioni gastronomiche alle quali gli italiani hanno dovuto dire addio. Preparazioni che, a differenza della bistecca alla fiorentina, inizialmente vietata e poi tornata sulle graticole degli italiani, non hanno ancora ritrovato il proprio posto nelle varie cucine tipiche e regionali.

Nel salone della Coldiretti si sono ricordati i rigatoni con la pajata del Lazio, pasta condita da ciambelline di intestino di vitello da latte adesso vietato e sostituito da intestino di agnello o il vero risotto alla milanese di cui Giuseppe Verdi era goloso nel quale il midollo di bue - precisa la Coldiretti - era una componente fondamentale e che oggi, per «tirare» il risotto, può essere sostituito da buon brodo o, meglio ancora, usando come base il sugo degli ossibuchi, che non sono vietati dalla legge.
Anche il piatto «medioevale» tanto amato da un protagonista dell’unità di Italia come Cavour, la «Finanziera alla piemontese» con mucca pazza nella sua forma originaria è divenuto materiale per vecchi libri di cucina, dal momento che ingredienti base per la sua preparazione sono midollo e frattaglie oggi vietatissime che andavano a unirsi in una preparazione acetata con rognoni, bargigli, fegatini e creste di pollo, animelle di vitello, filetto di manzo, il tutto mescolato con burro e farina, e funghi porcini sottaceto oltre a qualche pisello e cetriolo. E che dire della solida morbilità del cervello di bovino adulto, scottato in brodo bollente e magistralmente presentato in frittelle impastellate in acqua e farina o in uovo e pan grattato? Da dieci anni ormai sono tabù sulle tavole degli italiani che le hanno dovute sostituire con quelle ottenute da animali più giovani. Ed anche la peverada o «pearà» – ricorda la Coldiretti – una salsa nata per insaporire il bollito nel Veneto, oggi è stata stravolta nella sua composizione, privata come è stata del midollo di bue molto fresco che veniva sciolto in un tegamino di coccio con del burro, prima di essere addizionato a pangrattato finissimo e brodo di carne da lasciare sobbollire per almeno due ore prima della salatura e impepatura finale. Tutte formulazioni gastronomiche - conclude la Coldiretti - che hanno dovuto essere modificate – i più anziani potrebbero dire stravolte – per esigenze di quella sicurezza alimentare che rappresenta pur sempre una strada obbligata nel nostro modo di alimentarci.