24 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Una svolta per prevenire le malattie e aumentare la produzione?

Nutraceutica per i bovini?

La Fiera Internazionale del Bovino da Latte (Cremona, 25-28 ottobre 2012), osservatorio privilegiato su tutto il settore e sempre attenta alle innovazioni, ne ha parlato con Paolo Fantinati, medico veterinario e nutrizionista

CREMONA - Il termine è stato coniato non più tardi di 33 anni fa da Stephen De Felice, fondatore e presidente dell’FMI (Fondazione per l’innovazione in medicina) e la sua definizione è «studio di alimenti che hanno una funzione benefica sulla salute umana». Stiamo parlando della nutraceutica, una parola quindi relativamente nuova e che suona ancora abbastanza sconosciuta.

Ma che cosa è esattamente la nutraceutica?
«Il termine deriva dall’abbinamento di due parole – risponde Paolo Fantinati, medico veterinario nutrizionista – nutrizione e farmacia. Se dovessi spiegare a un allevatore di cosa stiamo parlando partirei proprio dalle sue vacche. Ad esse infatti lui fornisce un’alimentazione a base di materie prime che garantisca la necessaria energia per crescere, ma dà anche vitamine e oligominerali per assicurare un buono stato di salute. Non solo. Per aumentare la produzione, in questo caso il latte, somministra degli additivi che però restano nell’organismo dell’animale. Ebbene, modificando la razione alimentare delle bovine, ad esempio aggiungendo selenio, omega 3 o vitamina D nelle proporzioni consentite, attraverso i processi digestivi e metabolici questi elementi arricchiscono il latte che, come dimostrano le più recenti evidenze scientifiche, sono molto importanti per la salute umana, a cominciare dalle loro proprietà antitumorali».

Parliamo di qualcosa di molto innovativo quindi.
«Certamente. Prima di tutto perché gli alimenti funzionali all’uomo, perché di questo stiamo parlando, stanno attirando una grande attenzione e poi perché lo stesso concetto di alimento funzionale si sposa con la moderna esigenza del consumatore che vuole alimenti sani, organoletticamente ineccepibili e prodotti con animali che vivono in condizioni di benessere. Ma anche perché mai, fino ad ora, si era pensato alla qualità dell’alimento ottenuto dagli animali come strumento funzionale alla salute umana in quanto veicolo di sostanze benefiche. La zootecnica, infatti, da sempre è centrata sulla produttività o sulla qualità finalizzata alla durata e/o alla resa».

Quali sono i benefici che può portare la nutraceutica in termini di salute e produttività delle vacche?
«La supplementazione di selenio in forma biodisponibile nella razione può arricchire il latte e prevenire numerose malattia sia nella bovina che nel vitello. Gli omega 3, altro esempio, arricchiscono il latte e aumentano la fertilità degli animali». Naturalmente questo implica anche un migliore prodotto che arriva al consumatore, che oltre ad avere la garanzia di un prodotto eccellente e sicuro come il latte italiano, ora avrebbe anche la possibilità di acquistare un prodotto più ricco dal punto di vista nutrizionale.

Qual è l’approccio degli allevatori italiani a quella che potremmo definire una vera e propria nuova frontiera?
«Credo che il loro livello di informazione su questo tema sia purtroppo molto scarso – sottolinea ancora Fantinati - Le variazioni e/o le supplementazioni alla dieta delle bovine allevate hanno un costo significativo che, soprattutto di questi tempi, il settore primario non si può permettere. Credo che invece dovrebbe essere l’industria alimentare o ancora meglio le istituzioni a farsi in qualche modo carico di questa opportunità che attraverso l’interessamento dei medici di base potrebbe coinvolgere di più anche il consumatore».

Cosa intende per costi significativi?
«Una supplementazione di Omega 3 nella dieta di una bovina da latte può costare in media 0,60euro/giorno che si traduce in un aumento del costo, per produrre un litro di latte, di 0,02euro. Con quotazioni che oggi oscillano intorno a 0,38/euro/litro rispetto agli 0,42 dello scorso anno è evidente che la lievitazione del costo, per gli allevatori, avrebbe un peso non indifferente».

Esistono Paesi, in Europa, dove il tema della nutraceutica si sta già affrontando con maggiore convinzione?
«Sì – conclude Fantinati – la Francia e i paesi del Nord, Svezia, Finlandia e Norvegia, stanno dimostrando un interesse e una ricettività molto costruttivi. E’ auspicabile, a mio avviso, che questo possa avvenire in tempi ragionevolmente brevi anche in Italia».