26 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Economia

Sarkozy chiede all’Onu più innovazione su povertà e finanza

Il presidente francese, dopo la svolta sui Rom, propone di tassare la speculazione a favore dei diseredati

Sarkozy: tassiamo la speculazione - Non si può certo dire che Nicolas Sarkozy, nel sostenere le sue idee, abbia paura di farsi dei nemici.
Dopo essersi attirato gli strali dell’Unione Europea per la decisione di rimandare al loro paese d’origine i nomadi che stazionavano a Parigi, il presidente francese sfida la ben più potente comunità della finanza internazionale: dalla tribuna del Palazzo di Vetro ha infatti proposto una tassa internazionale sulle transazioni finanziarie da devolvere ai paesi poveri.
Non è la prima volta che sale alla ribalta l’ipotesi di tassare la speculazione finanziaria, ma è la prima volta che i beneficiari di questa imposta sui mercati che manovrano la liquidità mondiale vengono indicati nei diseredati della Terra.
Insomma Sarkozy da aguzzino di minoranze indifese con metodi fino ai limiti del razzismo (come è stato accusato di essere da molti banchi dell’Unione Europea) fa un doppio salto mortale e passa a vestire i panni di un Robin Hood che imperversa sulle Borse mondiali per togliere ai ricchi e dare ai poveri.

Il no di Stati Uniti e Gran Bretagna - E’ inutile dire che in questo nuovo ruolo il presidente francese ha già trovato oppositori molto più agguerriti dei Rom e di chi difende i loro diritti. Gran Bretagna, Stati Uniti, ma anche altre piazze asiatiche hanno già fatto sapere in passato che da questo orecchio non ci sentono e sicuramente non hanno cambiato idea.
Per ora Sarkozy ha avuto solo l’appoggio del premier spagnolo Zapatero.
Resta il fatto che il leader francese dimostra di saper prendere per le corna gli argomenti più spinosi del nostro tempo.
La storia di questi giorni sta dimostrando infatti che fenomeni come l’immigrazione non possono essere più affrontati con i vecchi schemi. Le elezioni svedesi, dove il «paradiso» scandinavo ha visto l’irrompere di forze razziste e xenofobe, ne sono l’ultima prova.
Così come la sostenibilità nelle periferie delle grandi città di gruppi di Rom riottosi ad ogni adattabilità, integrazione e rispetto delle regole, diventa sempre più difficile e sopportabile da parte delle fasce più deboli e meno protette delle popolazioni locali.

I danni della finanza senza regole - Se l’immigrazione ha bisogno di altre cure, vista l’inutilità di quelle finora praticate, per la finanza mondiale, ha ragione Sarkozy, gli interventi devono essere anche più radicali.
Lo scorrazzare indisturbato della liquidità mondiale sui mercati finora ha prodotti alcuni benefici, ma ben più gravi danni. Le crisi provocate dalla finanza finiscono per riverberare pesantemente nell’economia reale e per provocare un impoverimento che si ripercuote sulla parte sana, incolpevole e indifesa dell’economia.
Chi si è abbeverato negli anni passati a dismisura con le bolle finanziarie si sta godendo i frutti di un sistema ideato per arricchire ulteriormente chi è già ricco. Mentre nulla avevano a che fare con la speculazione i milioni di lavoratori che hanno perduto il posto di lavoro a causa della deflagrazione che ha messo in ginocchio buona parte del pianeta.
In Italia anche il precedente governo di sinistra si è guardato bene dall’adeguare la tassazione delle rendite finanziarie, rimasta al 12 per cento, ben al di sotto della media Europea e della stessa Svizzera. Né una rivisitazione delle aliquote sembra essere nell’ agenda del governo attuale.

Il coraggio di Sarkozy - A Nicola Sarkozy va riconosciuto il coraggio, indipendentemente dal giudizio che ognuno di noi può farsene, di mettere la faccia su decisioni che non corrispondono al politicamente corretto. Anche a costo di farsi dei nemici sia nei santuari del conformismo politico, che in quelli ancora più agguerriti del conformismo economico.
Sarkozy osa e rischia dove altri si adagiano su soluzioni del tutto inadeguate alla complessità dei tempi che stiamo vivendo.
Forse è il caso di salutare una volta tanto come benvenuta la spesso deprecata «grandeur francese».