ABI: ostacoli per le banche estere
Giovanni Sabatini: «Sono solo il 2% del mercato cinese. L'80% è in mano pubblica»
PECHINO - In un quadro complessivamente positivo «occorre tuttavia tener presente i numerosi vincoli regolamentari che ancora limitano l'accesso e l'operatività delle banche estere nel mercato cinese». Lo ha sottolineato il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, intervenendo al forum economico Italia-Cina.
«Basti pensare che, a oggi, solo il 2% del totale attivo del settore è riconducibile a gruppi stranieri - ha detto - mentre l'80% è ancora in mano pubblica. Per aprire una filiale o operare in valuta locale, infatti, sono richiesti anni di attività nel mercato cinese non sempre giustificabili sotto il profilo prudenziale, requisiti di capitalizzazione e liquidity ratios particolarmente gravosi. Resta, inoltre, il tetto del 20% alle partecipazioni di una banca estera in un intermediario locale».
Gli ostacoli all'accesso nel mercato cinese saranno uno dei temi al centro dell'incontro con la Banca centrale cinese, l'Associazione bancaria, la China Banking Regulatory Commission e i principali intermediari locali.
«Pur comprendendo le ragioni di tutela della stabilità del comparto - ha aggiunto Sabatini - auspichiamo un ampliamento degli spazi concessi agli operatori esteri, attraverso la progressiva eliminazione delle disparità di trattamento tuttora esistenti. Le autorità cinesi sono del resto impegnate da tempo per completare l'allineamento del settore agli standard operativi internazionali: un sistema creditizio solido e diversificato, infatti, è una condizione essenziale per l'ulteriore sviluppo del paese, oltre che la premessa indispensabile per arrivare alla piena convertibilità della valuta locale».
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