6 maggio 2024
Aggiornato 04:01
Ancora una volta fanno cilecca tutti i sensori per allertare i risparmiatori dei rischi che corrono

L’ennesimo crac dell’investimento facile

Intanto ad Abu Dhabi si festeggia l’indipendenza con i fuochi d’artificio più grandiosi della storia

Se non fosse per i danni che provocano, il nostro desiderio di sapere ci dovrebbero far sperare in una cadenza più ravvicinata dei crac economici.
Il paradosso non è tanto peregrino se riflettiamo su quanto riusciamo ad apprendere dopo i gradi fallimenti.
Nel 2001 il default dell’Argentina ci fece scoprire un Paese per decenni depredato dagli interessi privati a danno di uno Stato che si andava sempre più indebitando. Quando nel 2001 la bomba dei bond argentini deflagrò, facendo un gran male anche a 200 mila investitori italiani, il debito di quel Paese ammontava a 142 miliardi di dollari. Una enormità rispetto ad una economia che sopravviveva unicamente grazie all’esportazione di materie prime.

Lo scandalo Parmalat ci dimostrò come i conti di una azienda modello dal punto di vista produttivo potessero essere sottoposti ad una maquillage degno di una azienda chiamata a fare da copertura a loschi affari. E anche qui a lasciarci le penne furono migliaia di risparmiatori.
Con il recente crac delle finanza americana abbiamo appreso che la catena di Sant’Antonio anche nel terzo millennio funziona alla grande, tanto è vero che, dalle vecchiette di quartiere, il metodo Madoff (altrimenti conosciuto come schema Ponzi) è passato a sedurre e a spennare uomini navigati, intellettuali, politici e autori della mistificazione a fini di spettacolo come il regista Steven Spielberg.

In queste ore veniamo a sapere che Dubai conosce appena l’odore del petrolio. Che è il fratello povero di Abu Dhabi. Che l’opulenza che mostrava poggiava solo su i progetti faraonici degli sceicchi che lo governano. Ora sappiamo anche che dietro Dubai non c’è il deserto, ma una montagna di debiti.
Insomma crisi dopo crisi diventiamo sempre più eruditi.
Il problema è che tutto questo sapienza ci arriva puntualmente con qualche ritardo, cioè con il tempo necessario per prendere un bagno dove spesso vengono inghiottiti i nostri risparmi.
Ma è possibile che non ci sia istituzione, organo di vigilanza, o mezzo di informazione capace di dirci in anticipo di come si stanno mettendo le cose?
Andate a consultare a ritroso le pagine dei giornali: Una o due settimane prima di uno dei grandi fallimenti e verificate se c’è un minimo riferimento, un campanello di allarme fatto scattare per mettere sull’avviso i lettori della valanga finanziaria che sta per travolgerli.

Prima dello scandalo Parmalat il mercato mise lo stop ad un Bond da 500 miliardi di vecchie lire che Tanzi avrebbe voluto emettere per coprire parte della voragine che aveva provocato. Il Sole 24Ore riportò la notizia in poche righe, poi più niente fino al crac.
Intanto agli sportelli delle banche i titoli Parmalat venivano presentati come un investimento sicuro fino a pochi minuti prima del crollo.
Più di una volta ci siamo chiesti recentemente che cosa attraesse divi del cinema, calciatori, gente insomma ricca e famosa, a portare i loro quattrini a Dubai. Più di una volta siamo stati zittiti da racconti di investimenti immobiliari altamente redditizi.
Le più recenti testimonianze riferiscono che oltre il 50 per cento dei cantieri di Dubai sta subendo gravi ritardi e che molti sono stati addirittura chiusi. Tutti i progetti di edilizia residenziale e commerciale, il cui completamento era previsto tra l’anno in corso e il 2012, sono in forse.
Sembra che migliaia di persone ogni settimana lascino la città per non tornare mai più.
Fra le altre cose apprendiamo dagli stessi giornali che non facevano che magnificare i record, dalla metropolitana completamente automatizzata, all’isola artificiale più grande del mondo, che a Dubai se vieni colto a guidare ubriaco, prima vieni frustato, poi ti fai tre mesi di prigione. Se emetti un assegno in bianco finisci in galera e non ne esci fino a quando non restituisci il denaro.

Mi chiedo quale sarà la condanna inflitta per quei cinquanta miliardi di dollari che l’emirato non riesce a restituire.
Intanto nella vicina Abu Dhabi, incurante dei guai di Dubai, tutto è pronto per illuminare la notte della festa dell’indipendenza con fuochi di artificio da Guinness dei primati.
Girandole e giochi pirotecnici sono nati per imbambolare gli occhi della gente. Poi, si sa, arriva il botto finale.