Industria agricola: l’anomalia italiana
Intanto si annuncia una raffica di aumenti
Fra i vari mali del sistema alimentare in Italia c’è anche quello dell’incomunicabilità
Oggi il Papa ha giustamente denunciato che l’aumento della fame nel mondo dipende dall’aumento dei prezzi agricoli.
Le associazioni dei consumatori pur attenti a non confondere la situazione Italiana con quella africana si sono accodati alle parole del pontefice nel denunciare le difficoltà che le famiglie italiane incontrano al momento di affrontare la spesa quotidiana.
«Di questo passo – ha affermato Carlo Rienzi, presidente del Codacons – sempre più italiani rischieranno di soffrire la fame, e saranno costretti a tagliare i consumi primari come quelli alimentari, non potendo sostenere listini al dettaglio sempre più inaccessibili».
Le cifre sui consumi confermano le previsioni di Carlo Rienzi. I dati più recenti dell’Istat registrano infatti un calo del 4,5 per cento negli acquisti dei generi alimentari.
Il quadro fino a questo punto è spiacevole, ma chiaro.
Il discorso invece finisce in una nuvola grigia e indistinta se si passa a guardare al problema dal versante dei produttori.
Su base annua – sostiene la Confagricoltura il settore ha subito una forte flessione che ha raggiunto 15,8% per il comparto dei prodotti vegetali e -7,8% per quello zootecnico, secondo i dati Ismea ottobre 2009 su ottobre 2009.
I prezzi all’origine, continua la Confagricoltura, permangono quindi di segno negativo in particolare per cereali (-19,7%), vini (-14,6%), frutta (-22,2%), suini (-14,2%) e lattiero- caseari (-11,6%),con grave pregiudizio per i redditi degli agricoltori.
I produttori non guadagnano e i consumatori devono tirare la cinghia perché i prezzi sono troppo alti. E qui che i conti dell’alimentazione italiana non tornano.
«Si assiste ad un preoccupante incremento di famiglie che entrano nella fascia di povertà. Questo dipende da uno squilibrio tra redditi al palo e prezzi alimentari che crescono costantemente a causa di filiere troppo lunghe e speculazioni varie da parte degli operatori economici», spiega Carlo Rienzi dei Codacons.
Filiere troppo lunghe vuol dire intermediari, trasporti, grossisti, distribuzione, tanto per citare le voci più pesanti che finiscono per gravare sul prezzo pagato dalla massaia al momento della spesa quotidiana.
Acquisti collettivi, chilometro zero, cooperative di consumo finora si sono dimostrate inutili palliativi rispetto al bisogno di consentire un risparmio alle famiglie e nello stesso tempo un reddito ai lavoratori delle campagne.
Forse del problema dovrebbe farsi carico il governo adottando misure che, senza snaturare il mercato, rendano meno terra di nessuno il percorso che il prezzo dei generi alimentari devono coprire dal produttore al consumatore.
Inoltre la situazione, già tesa sulla sponda dei consumi rischia di complicarsi ulteriormente in vista di aumenti che questa volta partono anche dalle campagne.
«I prezzi agricoli all’origine finalmente presentano, dopo mesi di continue flessioni, qualche segno di ripresa con un rialzo del 3,2 percento ad ottobre rispetto a settembre 2009», ha reso noto oggi la Confagricoltura.
Sono aumenti che ancora una volta non riusciranno a coprire le perdite subite dagli agricoltori nel corso dell’ anno, ma avranno comunque l’effetto di rendere ancora più difficile la vita alle famiglie italiane.
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