FAO: la fame non si vince con il chador
L’intervento della signora Ahminejad perfettamente in linea con il marito
ROMA - Ci sono oltre un miliardo di affamati nel mondo e quest’anno purtroppo il loro numero è aumentato del 9 per cento. A ricordarcelo, prima ancora che si aprisse il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare organizzato dalla Fao, sono state le mogli dei grandi della terra chiamate a Roma ad anticipare l’evento ufficiale che vedrà protagonisti i loro mariti.
Il vertice delle mogli, scelto come preludio alla messa cantata dei loro augusti consorti, ricorda la consuetudine nei tornei di tennis di far disputare le gare femminili prima di quelle maschili. Una sorta di avanspettacolo prima della rappresentazione vera e propria.
Il paragone non vuole assolutamente essere offensivo nei confronti del prologo affidato alle mogli dei Grandi. Al contrario, sempre per restare nella metafora tennistica, serve a ricordare che quei tornei femminili, nati come graziosa concessione ai gonnellini, con il tempo hanno assunto un interesse fra il pubblico che spesso supera quello riservato alle sfide fra i loro colleghi maschi.
E’un sorpasso che destinato a ripetersi anche sul palcoscenico della politica mondiale?
Visti i risultati maschili c’è da augurarselo.
Una cosa è certa le donne sono una risorsa del pianeta ancora lontana dall’esprimere tutte le sue potenzialità.
Eppure le donne sotto ogni latitudine hanno dimostrato grandi capacità una volta salite al potere.
Un esempio per tutti è quello di Angela Merkel che è riuscita a non farsi triturare da una grande coalizione, dimostrando l’abilità di sapersi destreggiare fra interessi diversi, fino a sapersi conquistare, con i recenti risultati elettorali, uno spazio da non spartire con nessuno.
Basta vedere la difficoltà dei nostri leader, da Prodi sconfitto dal fuoco amico, a Berlusconi martellato ai fianchi dai suoi alleati, per dare il giusto valore al successo politico e diplomatico della Merkel.
In India, Sonia Ghandi, sebbene appesantita dalle sue origini italiane, ha saputo conquistarsi la fiducia del suo popolo anche grazie anche alla grande sensibilità che ha saputo dimostrare nel fare un passo indietro che ha consentito all’ India la stabilità, e al suo fine disegno politico di tenere le redini del governo di un miliardo di persone.
Se al posto della regina Elisabetta ci fosse stato un uomo sarebbe stato capace di mantenere la corona, nonostante le devastanti picconate inferte dai membri della sua famiglia al trono della Gran Bretagna? Se alla ricerca di una risposta il pensiero andasse al principe consorte ci sono pochi dubbi che il verdetto sarebbe super negativo.
E a proposito di principi consorti, come non rilevare il piccolo grande capolavoro del passaggio di Carla Bruni, da modella a perfetta first lady. Come dimenticare la leadership conquistata da Michelle Obama fin dalle prime ore alla Casa Bianca. O l’ascesa di Hilary Clinton da comprimaria a protagonista?.
Passando al versante maschile ormai stiamo facendo il callo alla consuetudine dei Grandi della Terra di indire grandi parate, dalG8 alG20, al termine delle quali i risultati, salvo il clima amichevole e i convenevoli diplomatici, sono pressoché nulli.
Praticamente siamo al punto di partenza con le regole da applicare alla finanza per evitare il ripetersi delle catastrofi che stiamo ancora scontando.
Copenhagen, dove fra meno di un mese si discuteranno le sorti del clima, si annuncia già come un flop cosmico.
A Roma, per la fame, non si andrà più lontano delle denunce e degli auspici.
Davanti a tanti insuccessi planetari, dobbiamo ammettere che impossibile uscire dalla situazione di stallo in cui versa il pianeta o cercare soluzioni originali. Una di queste potrebbe essere: mettere tutto nelle mani delle donne.
Ma è un’ipotesi che potrebbe valere per tutte le donne? La signora Ahmadinejad, consorte del premier iraniano con il suo intervento al preludio al femminile della Fao ha immediatamente spento ogni illusione in proposito. Anzi, ha fatto di tutto per dimostrare come nel passaggio dal maschile al femminile potremmo rischiare di finire dalla padella alla brace.
Perlomeno il marito ci concede l’onore di mostrarci la faccia, di poterlo guardare negli occhi. Per ripetere gli stessi attacchi all’Occidente del consorte, la signora Ahminejad si è infatti presentata avvolta da un chador nero lungo fino ai piedi corredato da occhiali fumé.
E già è andata bene che non sia presentata alla tribuna della Fao con un burca, al disotto del quale farci sospettare la presenza dello stesso signor Ahminejad in persona.
Gli uomini devono provvedere al cibo, al vestiario, all’abitazione delle donne, ha detto la moglie del premier iraniano. Naturalmente silenzio assoluto sul nutrimento dell’istruzione o della cultura. Anche i diritti hanno fatto la stessa fine del viso: ricoperti da un velo nero.
Purtroppo alla signora Ahmadinejad sono bastati pochi minuti per cancellare l’opzione salvifica della donna al vertice del potere.
Scartati gli uomini, scartate le donne, ai sogni di salvezza del pianeta non resta che affidarsi ad un ibrido: in giro di trans, non certo per l’aspetto fisico o per le tendenze sessuali, ma per le sue scelte politiche, ce né uno di cui potersi fidare: si chiama Luiz Ignatio Lula. E’ il presidente del Brasile. Riesce a scontentare sia la destra che la sinistra, ma ad accontentare il suo Paese.