9 maggio 2024
Aggiornato 13:00
Per molte imprese c’è rischio di chiusura

Annata agraria 2009, le prime stime della CIA

Crolla la produzione, costi alle stelle, prezzi sui campi in picchiata, meno investimenti e redditi tagliati

ROMA - Un’annata «nera». Così si può definire il 2009 per l’agricoltura italiana sempre più in grave emergenza. La produzione dovrebbe registrare una netta flessione (meno 4 per cento rispetto al 2008); il valore aggiunto un taglio drastico del 5,2 per cento; i prezzi all’origine una caduta verticale del 13,4 per cento; gli investimenti un calo del 3,7 per cento; i redditi degli agricoltori una contrazione tra l’1,5 e il 2 per cento, mentre i costi di produzione dovrebbero avere un’impennata pari all’8,5 per cento. In diminuzione l’export e l’import agroalimentare, rispettivamente, meno 6,9 per cento e meno 0,3 per cento. I consumi agroalimentari, invece, avranno un leggero segno di risveglio: 0,4 per cento. Queste le prime stime della Cia-Confederazione italiana agricoltori che ha elaborato, sulla base delle rilevazioni Ismea, i dati in occasione dell’11 novembre, festa di San Martino che, per antica tradizione, si fa coincidere con la fine dell’annata agraria e l’inizio della nuova, e presentati oggi nel corso della cerimonia di consegna del premio «Bandiera Verde Agricoltura».

L’agricoltura italiana vive uno dei più difficili momenti degli ultimi trent’anni. Le imprese agricole mostrano -sostiene la Cia- una strutturale difficoltà a recuperare margini di efficienza ed a produrre reddito da destinare ai consumi, all’innovazione e agli investimenti. Pesano ed aggravano questa situazione, l’aumento dei costi produttivi, degli oneri sociali e dell’opprimente burocrazia. Non solo. A rendere più complesso il quadro è il crollo dei prezzi all’origine, che ha investito tutti i comparti, e le grandi difficoltà di accesso al credito.

Le prime stime della Cia evidenziano, dal punto di vista produttivo, che le coltivazioni agricole dovrebbero segnare un calo del 5,6 per cento, mentre per la zootecnia si prevede un calo dell’1,3 per cento.

Proprio sul fronte della produzione agricola totale a valori costanti, le stime Ismea indicano per i primi 9 mesi del 2009 una flessione tendenziale del 6,5 per cento, mentre per l’intero anno la variazione dovrebbe aggirarsi, appunto, intorno al meno 4 per cento. Questa contrazione è attribuibile agli scarsi risultati del primo e, in modo particolare, del secondo trimestre del 2009, che ha segnato, a consuntivo, una variazione congiunturale del meno 5,4 per cento rispetto al trimestre precedente.

Tra i singoli comparti delle produzioni vegetali, la contrazione più consistente -come segnala anche l’Ismea- dovrebbe essere quella dei cereali (meno 21 per cento), con un drastico calo per il frumento duro (meno 39 per cento), mentre il frumento tenero dovrebbe subire una contrazione pari al 15 per cento. In leggera flessione anche il settore delle patate e degli ortaggi (meno 1 per cento). Si stima, invece, un leggero aumento per frutta e agrumi (più 1,2 per cento). In crescita anche le colture industriali (più 4,8 per cento), per la forte ripresa nei volumi di soia e girasole, mentre la barbabietola da zucchero dovrebbe subire nuovamente una flessione.

Per quanto concerne le produzioni animali, dovrebbe subire una flessione il comparto di bovini e bufalini (meno 0,7 per cento) e quello dei suini (meno 0,5 per cento), mentre l’avicolo mostrerebbe un’ulteriore crescita dell’1,6 per cento. Per le consegne di latte, invece, si dovrebbe assistere ad una flessione pari circa ad un punto percentuale.
Analogo il discorso per il valore aggiunto che -come evidenzia l’Ismea- nel primo semestre del 2009, ha visto una flessione tendenziale dell’1,6 per cento. Si prevede, inoltre, un’ulteriore flessione congiunturale anche per il terzo trimestre dell’anno in corso (meno 1 per cento), dopo la riduzione del 2,4 per cento che aveva caratterizzato il secondo trimestre. Per l’intero arco del 2009, inoltre, si stima un calo del 5,2 per cento.

Nel secondo trimestre del 2009, la contrazione del valore aggiunto agricolo nazionale a prezzi correnti è stata molto marcata (meno 5 per cento rispetto al trimestre precedente), mentre il Pil a valori correnti è rimasto sostanzialmente stabile (meno 0,2 per cento): ciò ha determinato un flessione dell’incidenza del valore aggiunto agricolo sul Pil nazionale, in analogia con quanto verificatosi a livello dell’Ue a 27, dopo che nelle fasi più acute della crisi (nel quarto trimestre del 2008 e nel primo trimestre del 2009) il valore aggiunto agricolo nazionale aveva segnato un buon recupero rispetto all’andamento del Pil.

A lievitare, invece, sono i costi produttivi e gli oneri contributivi e quelli causati dagli adempimenti burocratici (più 8,5 per cento). Ad essi si aggiunge il crollo verticale (meno 13,4 per cento) dei prezzi all’origine di tutti i prodotti agricoli. Un quadro negativo che viene offuscato dal calo dei redditi degli agricoltori. Una tendenza -segnala la Cia nelle sue stime- che, tranne per il 2008 (più 2 per cento), si è registrata negli ultimi, visto che nel 2005 la diminuzione era stata del 10,4 per cento, nel 2006 del 3,4 per cento e nel 2007 del 2 per cento. E ciò ha provocato una nuova flessione degli investimenti (meno 3,7 per cento) da parte delle imprese agricole, sempre alle prese con una competitività che non riesce a decollare.

Questi dati preliminari (che potrebbero essere soggetti a variazione) -sostiene la Cia- riaffermano la necessità di una rinnovata attenzione nei confronti dell’agricoltura italiana in grave emergenza. Si impone una politica propulsiva, un cambiamento di rotta, un progetto valido che permetta il rilancio dello sviluppo e della competitività. Insomma, occorrono misure straordinarie e concrete per dare un reale sostegno alle imprese, riducendo i costi produttivi e contributivi e gli oneri di una burocrazia che oggi tolgono importanti energie imprenditoriali.