Centrale il ruolo degli agricoltori nella sfida ai cambiamenti climatici
CIA: «Ma occorrono politiche ed interventi di reale sostegno. Fondamentali ricerca e innovazione»
DAMASCO - «Gli agricoltori sono tra i principali attori del processo di adattamento ai cambiamenti climatici: essi vivono e lavorano sulla terra ed il loro prodotto è il frutto dell’andamento meteorologico nella stagione di produzione. Non solo. Gli agricoltori devono detenere un ruolo chiave nei processi decisionali, attraverso azioni di lobby presso le istituzioni internazionali, i governi e le amministrazioni locali, ma anche attraverso la partecipazione ai processi di consultazione delle parti interessate». E’ quanto sostenuto dal presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi che, in qualità di presidente del Comitato Mediterraneo della Fipa (Federazione internazionale dei produttori agricoli) ha partecipato a Damasco (Siria) al seminario sul tema «Le soluzioni degli agricoltori al cambiamento climatico«.
Politi, che ha aperto il seminario e che è intervenuto nelle varie sessioni dei lavori, ha sostenuto che «agli agricoltori interessa fortemente che la comunità scientifica, le istituzioni internazionali, le politiche agricole nazionali, si attivino per individuare ed applicare le soluzioni necessarie a favorire l’adattamento sul campo ai mutamenti climatici. D’altra parte, più di altri settori produttivi l’attività agricola è sottoposta al rischio naturale, che influenza i rendimenti produttivi annuali e spesso condiziona la sopravvivenza delle famiglie agricole che vivono nelle aree rurali. Le scelte di nuove misure, investimenti, tecnologie a favore dell’adattamento e mitigazione devono poter essere guidate dai bisogni degli agricoltori e diversificate sulla base delle diverse condizioni ambientali e climatiche delle aree geografiche».
NUOVE TECNICHE DI PRODUZIONE - «Adattare la propria azienda agricola a nuove tecniche di produzione o a nuove produzioni più resistenti agli shock climatici richiede spesso -ha aggiunto il presidente della Cia, che ha avuto anche due incontri ufficiali con i ministri dell'Agricoltura e dell'Irrigazione siriani- il saper abbandonare i tradizionali sistemi di coltivazione, fronteggiare il rischio di caduta del reddito agricolo familiare attraverso misure di gestione e prevenzione del rischio stesso, aprirsi alla formazione ed all’aggiornamento agronomico».
CAMBIARE - «Tali azioni -ha rimarcato Politi- presuppongono la disponibilità da parte dello stesso agricoltore a cambiare. E’ questa la prima condizione per ridurre l’impatto degli eventi climatici avversi sull’impresa agricola, al fine di ridurre la vulnerabilità di interi sistemi produttivi. E tale adattamento a livello aziendale deve essere guidato dalla divulgazione della ricerca agronomica e tecnologica e sostenuto dagli investimenti pubblici Lo stesso commissario europeo all’Agricoltura, Mariann Fischer Boel, nel presentare il ‘Libro Bianco’ sui cambiamenti climatici, ha affermato: ‘L'agricoltura europea risentirà in pieno l'effetto dei cambiamento climatici. Per questo desideriamo che gli agricoltori abbiano un’idea chiara delle sfide che dovranno affrontare’. Ma per adattarsi gli agricoltori hanno bisogno di non procedere da soli, occorre il supporto dei governi e delle autorità locali e la guida della comunità scientifica, che devono dagli stessi agricoltori essere chiamati ad intervenire».
RISORSE IDRICHE - Il presidente della Cia ha rilevato che «i cambiamenti climatici modificheranno sensibilmente la qualità e la disponibilità delle risorse idriche e ciò, a sua volta, avrà ripercussioni su molti settori come la produzione alimentare, dove l'acqua è un elemento essenziale: si pensi che oltre l'80 per cento dei terreni agricoli è irrigato dall'acqua piovana. La produzione alimentare dipende anche dalle risorse idriche disponibili per l'irrigazione: la scarsa disponibilità di acqua è già fonte di problemi in molte zone dell'Europa e si prevede che la situazione peggiorerà a seguito dei cambiamenti climatici. Le zone dell'Europa soggette a forte stress idrico dovrebbero passare dal 19 per cento odierno al 35 per cento nel decennio 2070».
RISCHI SICCITA' - Politi ha ricordato, inoltre che tra le priorità del Comitato Mediterraneo della Fipa per il 2009 è stato indicato «il mantenimento della risorse naturali e la disponibilità idrica». «Per questo motivo -ha rimarcato- è essenziale operare per dare risposte valide agli agricoltori del Mediterraneo, particolarmente colpiti dal pericolo di un crescente rischio di siccità, sia nella sponda Sud, che nell’Europa meridionale. D’altronde, la carenza di acqua, la riduzione della piovosità media, la diffusione di periodi siccitosi anche nelle stagioni fredde, si uniscono alla drammatica carenza di strutture di raccolta e distribuzione. Il problema dell’acqua si combina con il problema dell’aumento delle temperature medie e quindi con l’eccessiva evapotraspirazione dei nostri terreni agricoli. Su questi ultimi le autorevoli fonti scientifiche internazionali mostrano il rischio di un progressivo deterioramento, per effetto della desertificazione e della salinizzazione».
Per questa ragione, il presidente della Cia ha insistito sul fatto che «la cooperazione tra sistemi agricoli mediterranei può contribuire a definire e proporre progetti comuni e soluzioni integrate alle difficoltà strutturali: gestione delle risorse idriche ad uso agricolo e sistema delle infrastrutture, migliore utilizzo del suolo. Allo stesso modo la cooperazione tra le organizzazioni agricole del Mediterraneo deve essere indirizzata ad elevare il livello di competenza degli addetti agricoli, anche attraverso l’assistenza tecnica e la consulenza da parte delle organizzazioni che possano fornire esperienze virtuose nella gestione e prevenzione dei problemi naturali in azienda».
«E’ ormai chiaro che, di fronte alla complessità dei nuovi fenomeni globali, non esista -ha concluso Politi- un’unica soluzione, ma un insieme integrato di misure parziali in grado di dare risposte concrete alla strategia di adattamento e mitigazione. Ma è altrettanto chiaro che i soggetti economici pubblici e privati, compresi gli stessi agricoltori, non possono più sottrarsi alla responsabilità dell’azione».
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