4 maggio 2024
Aggiornato 14:30
Niente conta più dell’esperienza diretta per chi ha un conto

Banche, clienti: per scegliere contano stampa e tv ma soprattutto passaparola

La crisi finanziaria non incide sulla fiducia della clientela retail ma impatta sugli addetti ai lavori

ROMA - Chi ha un conto corrente dà peso soprattutto all’esperienza diretta e personale. Niente conta di più. Per chi invece non ha ancora un rapporto con la banca fa premio il passaparola, ma subito dopo l’immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono i primi risultati dell’Indagine «Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail», che l’ABI sta mettendo a punto con l’Università di Parma.

Ma quali sono i fattori che determinano la reputazione? Anche qui contano i fatti più delle parole. Pesano molto fattori relazionali – mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti – e altri più legati a caratteristiche dell’offerta – professionalità, qualità dei prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo – oltre a circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell’azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore.

Coerente con questa percezione, la clientela è più influenzata dall’esperienza maturata, seguita dalla trasparenza e chiarezza delle condizioni contrattuali e dall’immagine aziendale. Insomma, nulla conta di più dell’esperienza diretta per chi ha un conto corrente. Sulla clientela potenziale invece impatta soprattutto il passaparola, l’immagine aziendale e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv.

L’analisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione.

La percezione della reputazione come un asset e non solo come un rischio porta con se che si tratti di una variabile che può incidere positivamente sui risultati aziendali, creando valore. Di qui la consapevolezza che i contratti vanno costruiti sulle esigenze della clientela e che le condizioni di prezzo vanno calibrate sul valore creato e percepito dai clienti.

Determinante dunque la definizione di reputazione accolta dalle banche, che è in stretta relazione con i riferimenti della Banca d’Italia e dell’accordo di Basilea 2 sul rischio reputazionale. Le banche ritengono che la reputazione dell’azienda nei confronti della clientela retail sia rappresentata dalla fiducia della clientela stessa nella capacità della banca di mantenere un comportamento corretto e funzionale al rispetto delle sue esigenze. Di qui la conseguenza di considerare la reputazione aziendale un valore da sviluppare e non solo un rischio da evitare. In questa nuova prospettiva, le priorità strategiche da perseguire sono prima di tutto la soddisfazione della clientela, la reputazione aziendale e lo sviluppo sostenibile. Subito dopo viene la redditività aziendale e ciò non perché si tratti di un obiettivo di secondo piano. In realtà si riconosce all’attenzione al cliente e alla reputazione della banca una priorità proprio per perseguire la redditività. Cresce nelle banche la convinzione che la creazione di valore per gli azionisti vada coordinata con il modo in cui perseguire questo risultato. In più, per garantire uno sviluppo soddisfacente e sostenibile conta anche l’idea che il cliente si è fatto sulla ripetibilità nel tempo della sua soddisfazione.