18 aprile 2024
Aggiornato 14:30
La crisi economica in corso è in netto peggioramento

Per un vero Decreto Anti-crisi

La stima per il Pil italiano per l'anno in corso è -0,4% (+1% per l'area euro), mentre per il 2009 la caduta arriva a -1%. Le conseguenze in termini di minore

La crisi economica in corso è in netto peggioramento. Nel 2009, per l'area Oecd, è prevista una contrazione di 0,4 punti percentuali (-0,9% per gli USA e -0,6% per l'area euro). In un quadro generale di recessione, l'Italia, come avviene da oltre un decennio, si contraddistingue in negativo. La stima per il Pil italiano per l'anno in corso è -0,4% (+1% per l'area euro), mentre per il 2009 la caduta arriva a -1%. Le conseguenze in termini di minore occupazione sono previste superare il mezzo milione, in larghissima maggioranza figure sprovviste di indennità di disoccupazione. Alla luce degli ultimi dati Istat e Confindustria sulla produzione industriale (variazione annua: -6,9% in Ottobre e -11.4% in Novembre), stime e previsioni sono caratterizzate da notevoli rischi di ulteriore deterioramento.

La politica monetaria delle banche centrali e gli interventi di sostegno al sistema finanziario, sia realizzati che in cantiere, non sono sufficienti ad affrontare le prospettive di stag-deflazione, ossia di riduzione del livello di attività e la caduta dei prezzi. È necessario integrare politiche di bilancio aggressive.
Data la dimensione della crisi, le politiche di bilancio dovrebbero essere coordinate a scala globale per massimizzarne l'effetto. L'Unione Europea dovrebbe agire all'unisono, pur lasciando a ciascun Paese membro di «tagliare» gli interventi a misura delle proprie specificità. Vedremo in quale misura si tradurranno in effettive politiche di bilancio le proposte della Commissione Europea, accolte dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo dell'11-12 Dicembre scorso.
Molti Paesi europei hanno deciso di intervenire con provvedimenti di maggiore (Regno Unito e Francia) o minore impatto (Germania). Il Governo italiano interviene, invece, in modo contraddittorio e confuso. Da un lato, propone un «Decreto Anticrisi» formalmente ad impatto macroeconomico nullo. Infatti, il Decreto 185/08 non da alcun sostegno alla domanda aggregata, in quanto le minori entrate e le maggiori spese, sono, sulla carta, interamente compensate: i 6,3 miliardi di euro indicati some sostegno alle famiglie e alle imprese per il 2009 sono formalmente «coperti» da aumenti di entrate o riduzioni di spese.

In realtà, il Decreto in corso di approvazione alla Camera è anti-ciclico, in quanto ha effetti molto diversi da quelli «bollinati» dalla Ragioneria Generale dello Stato, come erano diversi gli effetti dei decreti di finanza pubblica convertiti in legge prima dell'estate.

Le differenze sono dovute:
1) ad una sovrastima delle entrate (i maggiori introiti da accertamento portati a copertura delle misure onerose, quasi 2 miliardi di euro nel 2009, sono un importo assolutamente irrealistico, come risulterà evidente a consuntivo);
2) alla perdita di gettito causata allo smantellamento delle barriere anti-evasione. Complessivamente, la differenza tra manovre formali ed effettive è quasi 1 punto percentuale di Pil. I lavoratori dipendenti, i pensionati ed i precari poveri ricevono qualche briciola attraverso la social card, il bonus famiglie, qualche sussidio di disoccupazione in deroga. I redditi bassi e medi di lavoratori dipendenti e pensionati non hanno nulla, nonostante il fiscal drag abbia ridotto di oltre 3 miliardi il loro potere d’acquisto.
Ulteriore contraddizione nella politica economica del Governo: la portata surrettiziamente anti-ciclica del Decreto Anticrisi è ridotta dal sostanziale annullamento degli incentivi agli investimenti in ricerca ed innovazione e alle spese con finalità energetico-ambientali e di tutti gli altri incentivi automatici. Attraverso la procedura delle «prenotazioni» si rendono gli incentivi incerti. Un incentivo incerto equivale a nessun incentivo. Ritorna la logica sottostante allo svuotamento del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, realizzato con il Decreto legge 93/08 del Giugno scorso. L’obbligo di prenotazione delle agevolazioni per la ricerca e per la riqualificazione energetico-ambientale sottrae risorse ad attività ad elevato moltiplicatore economico ed occupazionale (oltre che ad elevato contenuto innovativo), soprattutto per le micro, piccole e medie imprese artigiane.

Infine, è contraddittoria con la realtà l’enfasi posta dal Governo sul rapido incremento della spesa in conto capitale in chiave anti-ciclica. La ri-programmazione delle risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate (ampiamente ridimensionato per finanziare interventi impropri come l'abolizione dell'Ici per i contribuenti più ricchi e il salvataggio del Comune di Catania) si scontra con angusti limiti di «cassa» (le disponibilità effettive presenti nel Bilancio dello Stato ammontano a poche centinaia di milioni di euro per il 2009) e con tempi di esecuzione incompatibili con la necessità di intervenire immediatamente sul ciclo in corso.
Le contraddizioni della politica economica del Governo alimentano incertezza per le famiglie, per le imprese e per gli operatori finanziari. Le prime, in larghissima parte prive di sostegni al reddito, contraggono i consumi. Le seconde, nonostante le maggiori possibilità di evasione, ridimensionano gli investimenti, data l’assenza di stimoli ai consumi e la difficoltà irrisolta ad ottenere credito bancario. Infine, gli operatori finanziari richiedono maggiori spread sui titoli del debito pubblico italiano consapevoli dei rischi della nostra finanza pubblica in una prospettiva di depressione. Gli spread sono anche gravati dall’incertezza sugli interventi del Governo a rafforzamento delle nostre principali banche. Per affrontare quest’ultimo aspetto è urgente chiarire, da un lato, la necessità ed eventualmente i tempi dell’intervento e, dall’altro, identificarne le modalità di finanziamento. Esistono alternative al ricorso a finanziamento pubblico. In particolare, vanno rapidamente valutate due strade in aggiunta all’utilizzo di risorse del bilancio dello Stato: il ricorso all’intervento delle fondazioni bancarie; il buy-back delle quote di Banca d’Italia in mano alle banche italiane, resa possibile dall’elevato patrimonio della nostra banca centrale rispetto alle banche centrali di Francia e Germania e dall’imminente scadenza prevista nella Legge 262/05.
L'Italia ha bisogno di politiche di bilancio trasparenti, coerenti ed incisive per evitare che la recessione si trasformi in depressione. Ovviamente, a differenza degli altri Paesi europei e degli USA, noi dobbiamo prestare massima attenzione al nostro pesante debito pubblico. Un debito, è indispensabile ricordarlo date le recenti dichiarazione del Presidente del Consiglio, che era solidamente avviato lungo un percorso discendente nel 2001 dopo la stagione di risanamento compiuta dal centrosinistra. Un debito che è tornato a crescere nel 2005 facendo scattare la procedura di infrazione comunitaria e costringendo il Governo Prodi ad ulteriori interventi di risanamento nel 2006 e nel 2007.

L'eredità di finanza pubblica ricevuta dal Governo Berlusconi è solida. Lo scorso anno si è chiuso con un indebitamento netto all'1,6% del Pil ed un debito riavviato su un sentiero discendente. Gli andamenti tendenziali (ossia, al netto di manovre correttive) previsti dal DPEF del Giugno scorso riflettono la solidità del risanamento compiuto nei due anni precedenti: anche in assenza di interventi, dal 2011, il deficit delle pubbliche amministrazioni sarebbe sceso al di sotto del 2% del Pil e il debito sarebbe andato sotto il 100% del Pil. I dati di fabbisogno dello Stato per i primi 11 mesi del 2008 confermano, nonostante la recessione e l'espansione dell'evasione, l'analisi richiamata. In assenza di interventi straordinari a fine anno per anticipare spese previste nel 2009 o posticipare entrate dovute nell'anno in corso, il fabbisogno sarà in linea con le previsioni contenute nella Relazione Unificata di Economia e Finanza del Marzo 2008 (l'ultimo documento di finanza pubblica redatto sotto la responsabilità del Governo Prodi). Da ultimo, va segnalato, nonostante la scarsa credibilità, che la manovra di finanza pubblica approvata nei mesi scorsi è stata finalizzata a raggiungere un surplus strutturale di 0,2 punti percentuali di Pil nel 2011 (Nota di Aggiornamento al DPEF 2009-2011, Settembre 2008).
Considerato tale contesto, vi sono le condizioni per affrontare l'emergenza economica e sociale attraverso un vero decreto anti-crisi. Un decreto che salvaguardi il percorso di risanamento puntando a sostenere il denominatore dei rapporti rilevanti (ossia il Pil). È la crescita la via per la sostenibilità della finanza pubblica.

Il Pd propone per il 2009 una politica di bilancio anti-ciclica pari ad 1 punto percentuale di Pil (16 miliardi di euro) per sostenere la domanda interna ed affrontare 5 emergenze, strettamente connesse:
1. l'assenza di indennità di disoccupazione per una larga platea di lavoratori, con contratto a tempo indeterminato, ma occupati in settori o aziende escluse dall'assicurazione, o precari;
2. la perdita di potere d'acquisto per i redditi da lavoro e da pensione;
3. il razionamento del credito bancario per le micro, piccole e medie imprese ed il ritardo dei pagamenti ad esse dovuti dalle pubbliche amministrazioni;
4. il crollo dell'attività produttiva nel Mezzogiorno;
5. l'impossibilità degli Enti Locali a definire i bilanci preventivi per il 2009.

Per affrontare tali emergenze, il Pd propone:
1. l’ampliamento degli ammortizzatori sociali attraverso l'introduzione di una misura temporanea di sostegno al reddito dei disoccupati sprovvisti di copertura assicurativa, da associare ad attività di formazione e programmi di reinserimento lavorativo (da finanziare con 1,5 miliardo di euro). Inoltre, esercizio entro il 31 Marzo del 2009 della delega prevista nel Protocollo sul welfare per la riforma degli ammortizzatori sociali. Infine, la sospensione del pagamento delle rate del mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione di residenza per i lavoratori che perdono il posto di lavoro;
2. l'innalzamento delle detrazioni sui redditi da lavoro dipendente, autonomo e da pensione per un importo medio di 500 euro e l’introduzione della dote fiscale per i figli, per tutte le tipologie di reddito, per un importo pari a 2500 euro all'anno per figlio, in alternativa al bonus famiglia (8 miliardi di euro);
3. il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese fino a 250 dipendenti attraverso un fondo da 3 miliardi di euro. L'utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti per anticipare i pagamenti dovuti dalle pubbliche amministrazioni alle micro, piccole e medie imprese. Il finanziamento dei Confidi per ulteriori 500 milioni di euro;
4. il parziale ripristino delle risorse sottratte agli investimenti nel Mezzogiorno (2 miliardi di euro);
5. l'allentamento del Patto di Stabilità Interno per interventi emergenziali di carattere sociale e per spese in conto capitale, così da consentire agli Enti Locali di completare le opere avviate e bloccate dalla Legge 133/08 (1 miliardo di euro).

Il pacchetto delle misure emergenziali proposte (per un valore di 16 miliardi di euro) deve essere integrato dal ripristino di tutti gli incentivi fiscali automatici (in particolare, agli investimenti nel Mezzogiorno, alla ricerca e alle spese a finalità energetico-ambientali) il cui corretto utilizzo va salvaguardato attraverso il miglioramento dei controlli.
Le misure anti-crisi sono, ad eccezione degli interventi fiscali sui redditi da lavoro e da pensione, di carattere temporaneo, ossia non alterano gli equilibri strutturali di bilancio. Per rafforzare la sostenibilità della finanza pubblica e portare rapidamente il debito al di sotto del 100% del Pil, il Pd propone: 1) il riavvio dei processi di riforma per la regolazione concorrenziale dei mercati e la piena attuazione di «Industria 2015»; 2) il riavvio delle politiche anti-evasione, contestualmente all’estensione a tutte le tipologie di reddito degli schemi di sostegno fiscale al potere d’acquisto e alla famiglia (come indicato nel punto 2 delle Proposte); 3) la ricostituzione della Commissione per completare la spending review ed individuare i programmi di spesa da eliminare e riorganizzare; 4) l'introduzione della centrale unica per gli acquisti nelle pubbliche amministrazioni centrali e in ciascuna amministrazione regionale (con operatività estesa agli enti locali presenti sul territorio regionale).
Il costo delle misure proposte si autofinanzia, via maggiori entrate legate all’innalzamento del Pil, per circa 5 miliardi di euro e viene compensato dal ripristino degli strumenti antievasione per 3 miliardi di euro (stima assolutamente prudenziale) e dall’assorbimento nell’ambito dell’intervento generalizzato delle risorse dedicate al bonus famiglia (2,4 miliardi di euro). Possibili risparmi in conto interessi, da valutare in sede di assestamento del Bilancio dello Stato a Luglio 2009, vanno utilizzati per irrobustire gli interventi sui redditi da lavoro e da pensione. Il costo netto per il 2009 ammonta, quindi, a circa 5,6 miliardi di euro. In termini di maggiore indebitamento in rapporto al Pil, vuol dire meno di 0,4 punti percentuali per il 2009. Tale indebitamento aggiuntivo viene più che compensato nel corso del 2010 e 2011, grazie al venir meno degli effetti delle misure di carattere temporaneo, il recupero di risorse dall'evasione e la maggiore crescita conseguente alle riforme strutturali proposte.
In sintesi, il mix di interventi delineato migliora le prospettive di sostenibilità del debito pubblico, in quanto ha, immediatamente, un effetto positivo sul Pil effettivo e, gradualmente, sulla crescita potenziale. Contestualmente, definisce le condizioni per una riqualificazione/riduzione realistica della spesa pubblica, l'allargamento della base imponibile e la riduzione delle aliquote fiscali.