20 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Drammatico calo della produzione, necessaria la cooperazione regionale

Pesca: grave crisi del settore in Asia Centrale

Nove paesi dell’Asia centrale e del Caucaso membri della FAO sono riuniti in questi giorni in Tagikistan per discutere della situazione e cercare di dare una risposta coordinata a livello regionale

La produzione ittica nei paesi dell’Asia centrale e del Caucaso è calata drammaticamente negli anni seguiti al crollo dell’ex Unione Sovietica, ed oggi il settore pesca e acquacoltura versa in uno stato di crisi profonda, ha avvertito oggi la FAO.
Nove paesi* dell’Asia centrale e del Caucaso membri della FAO sono riuniti in questi giorni in Tagikistan per discutere della situazione e cercare di dare una risposta coordinata a livello regionale.

Il pesce scomparso dalle diete
Tra il 1989 ed il 2006 in Kazakistan, Turkmenistan ed Uzbekistan la pesca di cattura e quella d’allevamento ha subito un calo annuale del 60/72 per cento.

Nello stesso periodo in Tagikistan il calo è stato del 94 per cento ed in Kirghizistan del 98 per cento.

Anche l’Azerbaigian, l’Armenia e la Georgia hanno registrato cali della produzione ittica: rispettivamente del 92, dell’81 e del 98 per cento.

La conseguenza di questa crisi è stata una diminuzione sensibile del consumo di pesce nell’intera regione, il consumo annuo di pesce è adesso di un chilo pro-capite, e pesce e prodotti ittici sono quasi scomparsi dalle diete della popolazione.

Mentre i dati aggregati sul consumo di pesce nella regione sono scarsi, le cifre dell’Uzbekistan mostrano che negli anni '80 non erano rari livelli di consumo pari a 5/6 kg pro-capite all’anno. Il consumo mondiale medio di pesce è calcolato intorno a 16 kg pro-capite l’anno.

Molte le cause
Secondo uno studio della FAO presentato alla conferenza, il crollo è da addebitare ad un insieme di fattori:

sovrasfruttamento e cattiva gestione;
sensibili tagli nella ricerca e nelle strutture;
minori investimenti nella manutenzione delle flotte e nei vivai;
gestione carente delle risorse ed altri problemi ecologici, come l’inquinamento dei fiumi;
mancanza d’investimenti in moderne attrezzature per la trasformazione e nella commercializzazione.
Uno studio della FAO del 2007 rilevava come la privatizzazione del settore seguita al crollo dell’Unione Sovietica fosse avvenuta troppo rapidamente e come il settore fosse afflitto da corruzione e malgoverno.

Secondo l’agenzia ONU il bracconaggio nelle acque interne è pratica abbastanza corrente e la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU) è un problema diffuso che coinvolge anche il settore dell’acquacoltura.

Necessaria una risposta a livello regionale
La conferenza dei paesi dell’Asia centrale e del Caucaso membri della FAO, che si conclude il 12 novembre, potrebbe concordare di istituire un organismo intergovernativo per la pesca in grado di guidare gli sforzi per risanare il settore e promuoverne lo sviluppo futuro.

Secondo Ndiaga Gueye, responsabile del Servizio Istituzioni internazionali e di collegamento della FAO in Asia Centrale, manca la collaborazione regionale da almeno due decenni. «In una situazione come quella dell’Asia Centrale e del Caucaso, i singoli paesi non hanno la capacità di sviluppare il proprio settore pesca da soli», ha detto l’esperto FAO. «Ma l’esperienza di organismi creati in altre parti del mondo, come il Network dei centri di acquacoltura nella Regione dell’Asia Pacifico e la Commissione Generale Pesca nel Mediterraneo, dimostrano che la collaborazione a livello regionale può essere molto efficace e può rappresentare un vero moltiplicatore degli sforzi nazionali per sostenere lo sviluppo e la gestione sostenibili del settore».

L’incontro di questa settimana è stato organizzato su invito del governo del Tagikistan, insieme alla FAO che fornisce assistenza tecnica e consulenza ai paesi coinvolti.
*Partecipano all’incontro: Armenia, Azerbaigian, Cina, Federazione Russa, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Turchia.