5 maggio 2024
Aggiornato 03:30
Politica energetica

«Fonti rinnovabili più utili del nucleare»

Lo ha detto Giacomo Berni, segretario nazionale della Filcem in apertura del convegno “Energia: vincoli, scelte, opportunità”

«Nucleare? Non c'è un pregiudizio di fondo sulla tecnologia, ma – per come viene prospettato - mi sembra più uno specchietto per allodole. Per almeno tre buone ragioni che, se non rimosse, tutto sarebbe letto come improvvisazione»; lo ha detto Giacomo Berni, segretario nazionale della Filcem – la Federazione dei lavoratori della chimica, dell'energia e delle manifatture della Cgil – in apertura del convegno «Energia: vincoli, scelte, opportunità» svoltosi oggi a Roma a Palazzo Marini.

La prima. Le obiezioni che oltre ventanni fa «ci portarono al referendum (rischio catastrofico, stoccaggio delle scorie) sono oggi - ha detto Berni – ancora valide»: l'Italia allora anzichè mantenere – come peraltro previsto dalla legge – un proprio «presidio di ricerca» ha abbandonato questa tecnologia e, se escludiamo l'attività di dismissione dei siti svolta da Sogin («di cui oggi si chiede inspiegabilmente – aggiunge sibillino Berni – lo smembramento e il commissariamento»), non ha prodotto niente di niente.

La seconda. Con una buona dose di disinvoltura, nel «pacchetto energia» contenuto nel disegno di legge «sviluppo» collegato alla manovra finanziaria «è prevista – ha proseguito il segretario – l'istituzione di una Agenzia per la sicurezza nucleare troppo centralista, con poteri così vincolanti da rappresentare una forzatura contro il coinvolgimento degli Enti locali, contraddicendo l'esigenza di neutralità e trasparenza, proprie di una Autorità che invece dovrebbe avere l'obbligo di fornire ai cittadini garanzie su una questione che – inutile dirlo – suscita apprensione».

La terza. Quanto allo spinoso problema dei costi, conti alla mano, un impianto di terza generazione da 1600 Mw costerebbe oltre 5 miliardi di euro per sezione, compreso il costo del «decommissioning» che non può più essere messo in conto allo Stato. La stessa lunghezza della fase realizzativa degli impianti (stimata in 8 anni più 2 di procedure) determina – sostiene la Filcem-Cgil – incertezza sui tempi di rientro dei finanziamenti bancari, oltrechè il protrarsi dei tempi di ammortamento degli impianti (almeno 20 anni), diluendo nel tempo eventuali benefici per i consumatori.

La Filcem-Cgil lancia invece una proposta: «perchè – sostiene Berni - non concentrarsi nel breve-medio periodo nella realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici che porterebbero vantaggi al paese nell'ottica degli obiettivi europei e alleggerirebbero la pressione dei prezzi degli idrocarburi?». Parlano le cifre: per il fotovoltaico ci sono già oggi richieste per 137 parchi, con una potenza di picco per 2.740 Mw; per l'eolico, richieste per 1023 parchi per una potenza totale di 61.380 Mw.

«E' realistica dunque – propone Berni, mutuando una stima realizzata da un gruppo di esperti delle associazioni dei consumatori e di produttori convenzionali – la realizzazione entro 3-5 anni di 1.200–1.800 Mw fotovoltaici e di 15.000–20.000 Mw eolici (un terzo dell'attuale potenza installata).

Proposte queste utili per il paese, per rompere la dipendenza dal «tutto petrolio» e dal «tutto gas», per centrare gli obiettivi europei «20, 20, 20» e per la necessità urgente di una strategia di diversificazione delle fonti energetiche. «Abbiamo titolo per avanzarle – ha proseguito Berni – proprio perchè abbiamo sostenuto con convinzione il processo di apertura del mercato dell'energia – tuttora incompiuto – e sostenuto scelte a sostegno del «carbone pulito», dei gassificatori e dei termovalorizzatori», affinchè si favorisse la riduzione del costo dell'importazione delle materie prime di cui il paese, è noto, non dispone: la fattura energetica infatti continua ad essere molto elevata: 46,6 miliardi di euro l'anno (il 3% del Pil) con il 57% della spesa destinata ad acquistare petrolio !

«Ma oggi – si interroga l'esponente sindacale – alla luce dello tsunami finanziario, come si può attenuare l'aumento dei costi energetici e l'incidenza sulle imprese e sui redditi dei lavoratori?». Due – secondo la Filcem-Cgil – le ricette possibili: 1) incrementare efficienza e risparmio energetico che, entrambi, rappresentano uno strumento essenziale di governo della domanda e di rilancio degli investimenti in settori come il solare, l'eolico, la termoelettromeccanica, la chimica, l'edilizia, i trasporti; 2) valutare la possibilità di tagliare la fiscalità sui prodotti petroliferi, oggi ben al di sopra il 40% del loro costo finale. L'obiettivo della riduzione significativa delle accise che gravano sui carburanti – ha concluso Berni – sarebbe più efficace della soppressione dell'ICI e salutare per il potere d'acquisto dei salari dei lavoratori».