29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
Corte di Cassazione - seconda Sezione penale - Sentenza 10 settembre 2008, n. 35058

La presenza in ufficio del dipendente pubblico a prescindere dall’assolvimento di tutti i compiti

Pubblico impiego: Falsa attestazione dell’orario di lavoro è falso ideologico

Con la sentenza del 10 settembre 2008, n. 35058 la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito che sono chiamati a rispondere del reato di falso ideologico i pubblici dipendenti che attestano falsamente l’orario di lavoro, in forza di una funzione loro affidata dall’Ente pubblico E non ha alcuna importanza che il dipendente abbi portato a termine tutti i lavori previsti e che non ne sia derivato danno alcuno alla P.A.

Per la Cassazione il dipendente pubblico non è un libero professionista che deve portare un risultato, ma un lavoratore subordinato che deve eseguire con diligenza e con meticolosità la prestazione di lavoro.
Pertanto per la Cassazione penale tale prestazione presuppone anche l’obbligo di adempiere anche al rispetto dell'orario di lavoro

Fatto e diritto
Alcuni dipendenti con la qualifica di operai forestali erano stati condannati in primo e secondo grado per il reato di falso ideologico per aver fato risultare la propria presenza sul posto di lavoro mentre invece erano in altro luogo.
Tali dipendenti allora si erano rivolti alla Corte di Cassazione sostenendo che l’attestazione dell'orario di inizio non poteva essere qualificata come atto pubblico e non si erano verificati danni a carico dalla P.A. in quanto gli stessi avevano portato a termine tutti i lavori previsti dalle progettazioni e l'ente non aveva dovuto sostenere ulteriori spese per la realizzazione delle opere programmate.

Le ragioni dei dipendenti
A sostegno della tesi, viene richiamata la decisione delle Sezioni unite 10 maggio 2006, n. 15983, il cui principio di diritto a parere dei ricorrenti deve essere applicato anche al caso, come quello in esame in cui non è il lavoratore che autocertifica il suo lavoro timbrando il cartellino di presenza, ma tale attestazione viene formulata dal capo-squadra. Ciò perché «la mera qualifica di pubblico ufficiale dell'impiegato capo-squadra ed in generale del pubblico dipendente che attesti falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, non puoi costituire l'unico presupposto sul quale fondare la sussistenza del reato di falso ideologico».
Essi hanno inoltre sostenuto che la prova della falsificazione non era stata raggiunta perché ad eccezione di un unico foglio di presenza del mese di ottobre 2001, non erano stati acquisiti al processo gli altri atti falsificati, così violando l'art. 194 cpp.
Hanno inoltre sostenuto che il Consorzio non avrebbe subito alcun danno perché avevano portato a termine tutti i lavori previsti dalle progettazioni e l'ente non aveva dovuto far ricorso ad ulteriori spese per la realizzazione delle opere programmate. I dipendenti con autonomo ricorso chiedevano l'annullamento della sentenza sostenendo che i fogli di presenza non hanno natura di atto pubblico. Nella parte finale del ricorso, aggiungevano peraltro che, per quanto attiene alla truffa, la Corte d'Appello ha omesso di individuare sia gli artifici che i raggiri e sia soprattutto il danno cagionato al Consorzio.

La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha avallato la decisione della Corte di Appello che aveva sostenuto la necessità di fare una distinzione tra il pubblico dipendente che attesta la sua presenza in ufficio timbrando il cartellino marcatempo o firmando sui fogli di presenza, ed il soggetto al quale la pubblica amministrazione ha affidato la funzione di attestare l'orario di lavoro dei dipendenti.
Solo nel primo caso (rientrante nella fattispecie citata dalle Sezioni unite) l’attestazione non ha natura di atto pubblico, mentre nel secondo – che secondo il Collegio fa rientrare nel caso in esame – la falsa attestazione della presenza, sia per la qualifica del soggetto che lo ha posto in essere, che con riferimento alla sua natura, è da considerarsi atto pubblico e, pertanto, in caso di falsa attestazione, si risponde del reato di falso ideologico.

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