30 agosto 2025
Aggiornato 22:00
BIO: le nostre tavole rischiano di essere invase da prodotti esteri. In Italia calano aziende e colture

Consumi: il «bio» non conosce crisi

Alla vigilia del sana di Bologna, la Cia sottolinea che, nonostante il calo delle vendite dell’alimentare tradizionale, gli acquisti biologici da parte delle famiglie continuano a crescere

Mentre l’alimentare tradizionale tira la cinghia, il «bio» non consce crisi. I consumi continuano a crescere (più 10 per cento nel 2007 e più 6 per cento nel primo semestre 2008), ma c’è il rischio che le nostre tavole vengano invase da prodotti stranieri, visto che in Italia diminuiscono aziende e superfici coltivate a biologico. A sostenerlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori alla vigilia del Sana di Bologna (Salone dell’alimentazione naturale) al quale parteciperà con la sua associazione per l’agricoltura biologica Anabio.

Dunque, un «bio» -afferma la Cia- a due facce. Se da una parte c’è soddisfazione per l’aumento degli acquisti delle famiglie, dall’altra c’è preoccupazione per una situazione produttiva che inverte la tendenza e registra un calo (meno 5 per cento) delle superfici certificate e degli operatori (meno 2 per cento) che oggi rappresentano il 3 per cento del totale. Un quadro determinato da una scarsa attenzione nei confronti del biologico, sia a livello centrale che regionale. Da qui l’esigenza di politiche e di interventi incisivi per ridare slancio al settore.

Se non si inverte questo trend -avverte la Cia- si corre il pericolo che il «bio made in Italy» non riesca più a soddisfare la richiesta dei consumatori e che sulle nostre tavole arrivino prodotti dall’estero. Così l’Italia, che attualmente è prima in Europa per produzione ed esportazione di produzioni biologiche e quinta a livello mondiale, rischia di trovarsi a fronteggiare una vera e propria invasione di alimenti stranieri.
La crescita dei consumi -sostiene la Cia- ha interessato, come si ricava dai dati Ismea/Nielsen tutte le categorie di prodotti biologici sia quelli confezionati (le cui vendite sono aumentate del 10,2 per cento nel 2007 e del 6 per cento nel primo semestre) che quelli sfusi (più 5 per cento nel 2007 e del 4 per cento nel primo semestre 2008).
Nel settore dei prodotti confezionati -ricorda la Cia- l’impennate più vistose nei consumi si hanno per l’ortofrutta (più 25,2 per cento nel 2007 e più 18,4 per cento nel primo semestre del 2008), per gli alimenti per l’infanzia (più 36,4 per cento e più 17,6 per cento), per la pasta e il riso (più 13 per cento e più 32 per cento), per il pane e i suoi sostituti (più 32,4 per cento nel primo semestre 2008).

Sempre nel settore del «bio» confezionato, da rilevare che a livello geografico nel 2007 si è avuta una forte crescita nel Nord (tra più 15 e più 17 per cento). Più contenuto l’aumento nel Sud (più 3,4 per cento); mentre nel Centro si registra una flessione (4,5 per cento).
Per quanto riguarda i prodotti sfusi, si hanno -rileva la Cia- incrementi nei consumi dei formaggi (più 2,1 per cento nel 2007 e più 5,6 per cento nei primi sei mesi del 2008), negli ortaggi (più 9,4 per cento e più 2 per cento), nella frutta (più 3,4 per cento e più 3,5 per cento).
Per quanto concerne, invece, i canali distributivi del «bio», la Cia evidenzia che il 45 per cento degli acquisti avviene nei supermercati ed ipermercati, il 26 per cento nei negozi specializzati, il 9 per cento nella vendita diretta e il 20 per cento da parte dei gruppi d’acquisto solidali e nel dettaglio tradizionale.
La Cia rimarca, inoltre, che il fatturato annuo della grande distribuzione derivante da prodotti biologici supera i 400 milioni. Tra i 200 e i 250 milioni di euro è compreso quello della ristorazione collettiva (in gran parte mense scolastiche), mentre supera gli 800 milioni di euro l’export. Canale specializzato, vendite dirette dei produttori, erboristerie, gruppi d’acquisto, consegne a domicilio e dettaglio tradizionale hanno un fatturato di circa 1.300 milioni di euro.