28 agosto 2025
Aggiornato 09:00
Agricoltura e immigrazione

I sindacati chiedono misure concrete in favore degli immigrati impegnati in agricoltura

«Sulla condizione dei lavoratori immigrati che lavorano in agricoltura non è più tempo di retorica, servono misure di contrasto concrete per restituire ai braccianti agricoli dignità e diritti»

Si è svolto stamane il vertice delle segreterie regionali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil. I sindacati dicono basta alle dichiarazioni retoriche e chiedono misure concrete in favore degli immigrati impegnati in agricoltura. «Sulla condizione dei lavoratori immigrati che lavorano in agricoltura non è più tempo di retorica, servono misure di contrasto concrete per restituire ai braccianti agricoli dignità e diritti». Lo hanno dichiarato i segretari regionali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, Antonio Lapadula, Vincenzo Esposito e Gerardo Nardiello, a margine di un vertice straordinario di segreteria tenutosi stamane a Potenza per mettere a fuoco una strategia comune e un pacchetto di proposte a seguito del grave episodio che è costata la vita ad un lavoratore immigrato del Burkina Faso a Gaudiano di Lavello. Le organizzazioni sindacali di categoria chiedono alle istituzioni di adoperarsi per mettere in campo una vera e propria «campagna umanitaria in favore delle centinaia di lavoratori immigrati che nella stagione delle grandi raccolte si riversano nella nostra regione».

«Il fenomeno del lavoro sommerso in agricoltura - spiegano i tre sindacalisti - ha assunto proporzioni e ramificazioni tali da farne una spinosa questione sociale prima ancora che di ordine pubblico. Non abbiamo remore a parlare di un ritorno strisciante, e per certi versi compiacente, a pratiche vessatorie che pensavamo definitivamente seppellite dopo decenni di battaglie sindacali per l'emancipazione dei lavoratori. Così non è a giudicare dal periodico e puntuale riemergere di episodi di cronaca, molto spesso dai contorni drammatici, che hanno ben poco a che fare con gli standard sbandierati della civiltà occidentale. Cosa c'è di civile e di umanamente sopportabile - si chiedono Lapadula, Esposito e Nardiello - negli accampamenti abusivi o nei casolari abbandonati che ospitano, stipati come bestie, centinaia di lavoratori in condizioni igieniche fatiscenti? Dove sono le istituzioni preposte quando nel cono d'ombra dell'indifferenza sociale si consumano vite sfinite dalla fatica?».

I sindacati, che a più riprese hanno richiamato l'attenzione sul fenomeno, ora dicono basta e pretendono risposte concrete al posto del solito carosello di dichiarazioni retoriche. Per Fai, Flai e Uila occorre agire con risolutezza su almeno tre livelli: «Primo, fare in modo che le imprese agricole applichino gli standard contrattuali, sia per quanto riguarda il salario che per quanto concerne le condizioni di lavoro, senza ricorrere a odiose ed inaccettabili discriminazioni di natura razziale. Secondo, stringere le maglie dei controlli, al momento oggettivamente troppo lasche, per contrastare il riemergere del caporalato, vera e propria piaga sociale che calpesta i diritti e inquina il mercato mediante il ricorso sistematico a pratiche di dumping sociale, a tutto svantaggio dei lavoratori, in termini di minore salario e minore sicurezza, e delle imprese sane che scelgono, al contrario, la via della legalità. Terzo, varare un programma di accoglienza abitativa che sottragga i lavoratori immigrati a condizioni di vita e di lavoro subumane che nulla hanno a che vedere con la tradizionale accoglienza e solidarietà di cui è capace la nostra regione. Ogni sforzo deve essere profuso - concludo Lapadula, Esposito e Nardiello - per restituire umanità al lavoro e dignità alle centinaia di persone che assicurano con la propria fatica la sopravvivenza del settore primario in Basilicata».