Prezzi: da calo Euro effetti su caro cibo ed energia
E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che occorre investire sul Made in Italy nelle campagne e sugli scaffali dei supermercati
Dal calo dell’euro nei confronti del dollaro potrebbe venire un ulteriore alibi all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari per effetto delle materie prime importate come il grano che sono quotate nella moneta statunitense al pari del petrolio. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che occorre investire sul Made in Italy nelle campagne e sugli scaffali dei supermercati per ridurre la dipendenza dall’estero in un momento di grande instabilità dell’economia mondiale.
L’Italia non dipende dall’estero solo per l’energia ma - sottolinea la Coldiretti - importa oltre il 40 per cento del grano tenero e duro necessario per la produzione di pane e pasta, nonostante l'aumento consistente della produzione nazionale grazie all'impegno degli agricoltori italiani che hanno colto le opportunità della riforma della Politica agricola europea. Peraltro - precisa la Coldiretti - l’andamento dell’euro potrebbe anche vanificare la tendenza al ribasso delle quotazioni del petrolio con effetti sul costo di trasporto degli alimenti oltre che sulle tariffe energetiche. Un nuovo dazio di tipo economico derivato dall’aumento dei costi dei trasporti e dei servizi ad essi connessi che solo per il grano importato dal Canada ha raggiunto i 20 dollari al quintale.
Le prospettive a livello internazionale evidenziano la necessità per l'Europa e l'Italia - sottolinea il presidente della Coldiretti Sergio Marini - di investire sull'agricoltura e aumentare ulteriormente la produzione nazionale e comunitaria, ma anche di garantirsi una propria riserva strategica di prodotti alimentari di base per stabilizzare il mercato interno e assicurare gli approvvigionamenti al giusto prezzo per imprese e consumatori.
Grazie alla riforma della Politica agricola europea in Italia di fronte all'emergenza internazionale si è verificata immediatamente una crescita del raccolto del 25 per cento per il duro e del 13 per cento per il tenero. Ma ancora non basta e a livello comunitario è necessario - continua il Presidente della Coldiretti Sergio Marini - proseguire e qualificare il percorso iniziato con la riforma della Politica agricola comune per non aggravare il problema dell'approvvigionamento alimentare dell'Europa in un momento in cui molti paesi produttori stanno chiudendo le frontiere con limitazioni alle esportazioni.
Lo stesso aumento del costo del petrolio - sottolinea Marini - ha fatto esplodere il costo dei trasporti e messo in discussione il principio base della globalizzazione in base al quale si consumano i prodotti realizzati dove costa meno. Oggi - precisa Marini - è necessario sviluppare la produzione vicino ai luoghi di consumo per motivi economici e ambientali sia nei paesi poveri che in quelli ricchi.
La Coldiretti sta lavorando ad un progetto per semplificare e razionalizzare la filiera per rispondere alle esigenze degli agricoltori e nell'interesse dei consumatori che richiede la fattiva e necessaria partecipazione del sistema della trasformazione artigianale e industriale e della piccola e grande distribuzione. «Vogliamo affrontare l'emergenza inflazione - precisa il presidente della Coldiretti - con un piano che vede il coinvolgimento, oltre che delle imprese agricole, del sistema dei consorzi agrari (Assocap), dai quali passa oltre il 40 per cento dei mezzi tecnici, lo stoccaggio e la trasformazione dei prodotti, di CoopColdiretti (sono 1300 ad oggi le cooperative socie di Coldiretti) e del sistema dei farmers market. Il nostro progetto, che intendiamo presentare al Governo nei prossimi mesi - conclude Sergio Marini – vuole essere l'impegno concreto di Coldiretti per il rilancio dei consumi e il contenimento dell'inflazione legata all'alimentare nel nostro Paese».
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