25 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Suprema Corte di Cassazione – Sezione prima – sentenza 28 maggio 2008, n. 13992

Visite fiscali sui pubblici dipendenti effettuate dalla ASL. Sono a pagamento

Le prestazioni fornite al datore di lavoro pubblico sono a titolo oneroso e non gratuito

Con sentenza del 28 maggio 2008, n. 13992 la Sezione prima della Suprema Corte di  Cassazione ha chiarito che se le visite fiscali sui pubblici dipendenti effettuate dalla ASL rientrano fra le varie competenze delle ASL, tuttavia esse  per il datore di lavoro pubblico sono a titolo oneroso e non gratuito.

Per la Cassazione poichè quindi le visite mediche fiscali di controllo delle condizioni dei lavoratori dipendenti sono effettuate dietro specifica richiesta del datore per l’accertamento della legittimità dell’assenza dal servizio, esse si delineano essere svolte nell’interesse del datore che intende avvalersene, talchè risultano quindi estremamente dissimili da quelle di cura e prevenzione che il SSN garantisce a tutti i cittadini.

Fatto e diritto
Una scuola, nella specie un Istituto Tecnico Industriale, si era opposto avanti al giudice di pace contro il decreto ingiuntivo con cui era stato condannato a pagare alla ASL una serie di visite fiscali effettuate su dipendenti dell'Istituto medesimo, oltre agli interessi.

La scuola aveva sostenuto che, trattandosi di accertamenti medico-legali compiuti su dipendenti di un'Amministrazione pubblica che rivestivano quindi un interesse pubblico, dette visite rientravano nei compiti istituzionali delle ASL ai sensi dell'art. 14 della Legge 833/78 ed avevano quindi carattere gratuito.

La scuola aveva chiesto quindi che il decreto opposto fosse dichiarato nullo od inefficace e comunque revocato. Peraltro la scuola aveva sollevato anche un difetto di giurisdizione.

Il giudice di pace respingeva l'opposizione, dichiarando esecutivo il decreto ingiuntivo opposto e condannando l'opponente al pagamento dell'ulteriore somma richiesta in via riconvenzionale.

Allora la scuola impugnava tale decisione  presso il Tribunale che invece rigettava il ricorso condannando l'appellante alle spese.

Il Tribunale, dopo aver rigettato l'eccezione di difetto di giurisdizione eccepita dall'Istituto, rilevava che dalla competenza istituzionale della ASL desumibile dall'art. 14 comma 2 lett. q) e dall'art. 19 della Legge 833/78 in ordine al controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori assenti per malattia non derivava automaticamente anche la gratuità della prestazione in quanto non potevano escludersi prestazioni obbligatorie a pagamento, come prevede tra l'altro l'art. 69 lett. e) di detta legge che menziona fra le entrate del fondo sanitario nazionale i proventi derivanti da attività a pagamento.

Per il Tribunale la gratuità delle prestazioni di cui all'art. 19 della Legge 833/78 doveva essere affermata solo per quelle configuranti i livelli di assistenza minimi da garantire a tutti i cittadini.

Il Tribunale aveva poi richiamato la sentenza del Consiglio di Stato n. 1909 del 1998 la quale aveva precisato che nella definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria effettuata con il D.P.R. 24 dicembre 1992 non erano state menzionate le visite fiscali per il controllo delle assenze per malattia. Da quanto sopra deduceva inoltre che le visite fiscali dovevano essere ricomprese nell'ambito di quei servizi diversi dalle prestazioni sanitarie che la ASL deve garantire con onere a suo carico e la cui organizzazione appartiene, ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 502 del 1992, alla competenza delle Regioni le quali ben possono sancirne l'onerosità.

Contro  tale sentenza la Scuola allora ha presentato ricorso in Cassazione.

Le ragioni della ASL
La Asl  deducendo la mancanza di leggi che prevedano la gratuità delle visite fiscali effettuate su richiesta del datore di lavoro pubblico per verificare lo stato di salute del dipendente, chiedeva il rigetto dell'opposizione ed, in via riconvenzionale, la condanna dell'opponente al pagamento di un ulteriore importo  quale corrispettivo di altre visite fiscali effettuate a suo favore.

La decisione della Cassazione
Anche per la Cassazione l'attività dì controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell'assenza dal lavoro rientra certamente nella competenza funzionale delle ASL, ma, da una tale competenza non può discendere automaticamente il principio della gratuità della prestazione in esame.

Per la Cassazione poichè quindi le visite mediche fiscali di controllo delle condizioni dei lavoratori dipendenti sono effettuate dietro specifica richiesta del datore per l’accertamento della legittimità dell’assenza dal servizio, esse si delineano essere svolte nell’interesse del datore che intende avvalersene, talchè risultano quindi estremamente dissimili da quelle di cura e prevenzione che il SSN garantisce a tutti i cittadini.

Per la Cassazione infatti è evidente la differenza fra le prestazioni sanitarie di cura e prevenzione assicurate a tutti i cittadini nel precipuo interesse della sanità pubblica e quelle aventi ad oggetto invece le visite fiscali, avvenendo queste ultime nell'interesse del datore di lavoro che intende avvalersi dei previsti controlli per accertare la legittimità dell'assenza dal lavoro dei propri dipendenti.

Suprema Corte di  Cassazione – Sezione prima – sentenza 28 maggio 2008, n. 13992

Presidente Proto - Relatore Panebianco - Pm Golia

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato l'Istituto Tecnico Industriale F. Alberghetti di Imola proponeva opposizione avanti al giudice di pace di Bologna avverso il decreto ingiuntivo emesso il 9.11.1998 con cui era stato condannato al pagamento della somma di £ 746.422 oltre agli interessi a favore dell'Azienda USL di Imola, quale corrispettivo di una serie di visite fiscali effettuate su dipendenti dell'Istituto medesimo. Sosteneva l'opponente che, trattandosi di accertamenti medico-legali compiuti su dipendenti di un'Amministrazione pubblica e rivestendo quindi un interesse pubblico, dette visite rientravano nei compiti istituzionali delle ASL ai sensi dell'art. 14 della Legge 833/78 ed avevano quindi carattere gratuito. Chiedeva quindi che il decreto opposto fosse dichiarato nullo od inefficace e comunque revocato.

Si costituiva l'USL la quale, deducendo la mancanza di leggi che prevedano la gratuità delle visite fiscali effettuate su richiesta del datore di lavoro pubblico per verificare lo stato di salute del dipendente, chiedeva il rigetto dell'opposizione ed, in via riconvenzionale, la condanna dell'opponente al pagamento dell'ulteriore importo di £ 1.801.134, quale corrispettivo di altre visite fiscali effettuate a suo favore.

Con sentenza n. 50 del 2000 il giudice di pace respingeva l'opposizione, dichiarando esecutivo il decreto ingiuntivo opposto e condannando l'opponente al pagamento dell'ulteriore somma richiesta in via riconvenzionale.

Proponeva impugnazione l'Istituto ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva l'Azienda USL ribadendo le tesi già espresse in primo grado, il Tribunale di Bologna con sentenza del 20.5-2.9.2003 rigettava il gravame, condannando l'appellante alle spese del grado.

Dopo aver rigettato l'eccezione di difetto di giurisdizione eccepita dall'Istituto, rilevava il Tribunale che dalla competenza istituzionale della USL desumibile dall'art. 14 comma 2 lett. q) e dall'art. 19 della Legge 833/78 in ordine al controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori assenti per malattia non derivava automaticamente anche la gratuità della prestazione in quanto non potevano escludersi prestazioni obbligatorie a pagamento, come prevede tra l'altro l'art. 69 lett. e) di detta legge che menziona fra le entrate del fondo sanitario nazionale i proventi derivanti da attività a pagamento.

Osservava ancora che la gratuità delle prestazioni di cui all'art. 19 della Legge 833/78 doveva essere affermata solo per quelle configuranti i livelli di assistenza minimi da garantire a tutti i cittadini. Richiamava poi la sentenza del Consiglio di Stato n. 1909/98 la quale aveva precisato che nella definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria effettuata con il D.P.R. 24.12.1992 non erano state menzionate le visite fiscali per il controllo delle assenze per malattia. Da quanto sopra deduceva inoltre che le visite fiscali dovevano essere ricomprese nell'ambito di quei servizi diversi dalle prestazioni sanitarie che la USL deve garantire con onere a suo carico e la cui organizzazione appartiene, ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 502/92, alla competenza delle Regioni le quali ben possono sancirne l'onerosità, come è avvenuto per la Regione Emilia Romagna in cui il Consiglio con delibera n.2079 del 31.7.1994 ha fissato le tariffe. Riteneva infine irrilevante la osservazione, fatta propria dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, il quale ha sostenuto che il mancato inserimento di dette visite nella definizione dei livelli minimi di assistenza dipende solo dalla loro connessione con un rapporto di lavoro ma non esclude che esse rientrino fra le prestazioni che le USL sono tenute ad erogare in quanto finalizzate alla tutela della salute. Al riguardo precisava che dette visite, più che perseguire un interesse pubblico alla tutela del lavoratore, sono previste a tutela dell'interesse del datore di lavoro per il controllo dell'effettiva esistenza di una giusta causa di assenza dal lavoro.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Istituto Tecnico Statale F. Alberghetti di Imola che deduce un unico articolato motivo di censura.

Resiste con controricorso l'Azienda Unità Sanitaria di Imola, che ha depositato anche note di udienza.

Motivi della decisione

Preliminarmente devono essere disattese le conclusioni del Procuratore Generale il quale ha chiesto la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata sul rilievo che, trattandosi di giudizio di equità in ragione del valore della domanda, la sentenza del giudice dì pace avrebbe dovuto essere impugnata direttamente avanti a questa Corte e non già appellata avanti al Tribunale, come invece era avvenuto in violazione dell'art. 339 comma 3 C.P.C..

Una tale conclusione infatti è frutto di una non corretta lettura della sentenza impugnata la quale, dopo aver indicato in £ 746.422 oltre agli interessi l'importo richiesto dall'Azienda USL con il ricorso volto ad ottenere il decreto ingiuntivo, ha poi precisato che nel corso del giudizio di opposizione la stessa USL aveva proposto domanda riconvenzionale chiedendo il pagamento ulteriore di £ 1.801.134, quale corrispettivo di altre visite fiscali effettuate su richiesta della stessa controparte.

Né può dubitarsi della possibilità di cumulo delle due domande ai sensi dell'art. 10 C.P.C., pur essendo stata la seconda proposta con la riconvenzionale. L'esclusione del cumulo fra la domanda principale e la riconvenzionale ai fini della determinazione del valore della causa trova applicazione infatti solo allorché le due domande provengano, come di solito avviene, da soggetti diversi e non già nell'ipotesi, come quella in esame, in cui, dopo aver chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, la stessa parte, costituendosi in giudizio in sede di opposizione, estenda ritualmente l'originaria domanda con la richiesta di un'ulteriore somma nei confronti della medesima controparte attraverso l'unico strumento giuridico a sua disposizione costituito dalla riconvenzionale. Trattasi infatti in tal caso della piena applicazione del principio secondo cui le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro (art. 10 C.P.C, già richiamato) (cpr Cass. S.U. 16162/02).

Superando pertanto il cumulo dei due importi il limite di duemilioni, pari ad euro 1,032 e dovendo necessariamente la causa essere decisa secondo diritto, correttamente la sentenza del giudice di pace è stata impugnata avanti al Tribunale ai sensi dell'art. 339 comma 1 C.P.C, con l'ordinario mezzo dell'appello e non mediante ricorso per cassazione cui è soggetta invece la sentenza di appello del Tribunale impugnata ritualmente in questa sede. Con l'unico motivo di ricorso l'Istituto Tecnico Statale F. Alberghetti di Imola denuncia violazione e falsa applicazione della Legge 833/78, del D.Lgs. 502/92 e dei principi che disciplinano il Servizio Sanitario Nazionale nonché insufficiente, contraddittoria ed apparente motivazione. Dopo aver richiamato il parere espresso dal Consiglio di Stato dalla Sez. I Comm. Spec. N. 33165/94 ed in quello dell'Adun. Gen. n.27 dell'11.10.1984 - secondo cui gli accertamenti medico-legali nei confronti dei pubblici dipendenti, rientrando nella competenza istituzionale del S.S.N., non comportano l'assunzione di alcun credito da parte delle ASL con la conseguenza che di tali prestazioni debba tenersi conto annualmente in sede dì determinazione del Fondo sanitario nazionale di cui all'art. 51 della Legge 833/78 - e dopo aver precisato che tale parere è stato recepito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con parere del 18.2.1998 n. 1394 e condiviso dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Trento 231/95; TAR Veneto 544/91), deduce in primo luogo che la verifica dello stato di salute del lavoratore assente dal servizio per malattia è finalizzata anche alla tutela della sua salute. Deduce poi che l'ASL di Imola non ha indicato né la fonte normativa del potere esercitato né il costo del servizio, con la conseguenza che la richiesta, assumendo natura impositiva, è inammissibile prima ancora che infondata. Deduce ancora che anche la sentenza n. 1909/98 del Consiglio di Stato, richiamata dal Tribunale e che aveva respinto il gravame della Regione Umbria su una posizione simile a quella della ASL di Imola, ha affermato che le visite fiscali rappresentano «prestazioni comunque a carico del SSN» e non possono essere poste a carico delle singole Amministrazioni per le quali non esiste nemmeno il meccanismo contabile per effettuare i singoli pagamenti. Deduce infine che in base al combinato disposto di cui all'art. 1 comma 4 della Legge 12.3.1999 n.68 e dell'art. 4 della Legge 5.2.1992 n. 104 le visite di controllo sui lavoratori disabili rientrano nella competenza funzionale delle USL e non sono soggette a pagamento.

Il ricorso è infondato, dovendosi l'impugnata sentenza ritenere improntata a corretti principi giuridici in relazione allo stato della legislazione in materia.

L'attività dì controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell'assenza dal lavoro rientra certamente nella competenza funzionale delle USL in ragione della previsione di cui all'art. 14 comma 2 lett. q) della Legge 23.12.1978 n.833 sull'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, in base al quale l'Unità Sanitaria Locale deve provvedere, fra l'altro, «agli accertamenti, alle certificazioni» .

Ma, come correttamente ha affermato il Tribunale, da una tale competenza non può discendere automaticamente il principio della gratuità della prestazione in esame, desumendosi anzi dall'art. 69 lett. e) della stessa legge la esistenza in via generale di prestazioni a pagamento da parte del Servizio Sanitario Nazionale e riguardando la gratuità quelle prestazioni che devono essere garantite a tutti i cittadini, come si desume dal combinato disposto di cui agli artt. 3 comma 2 e 19 della richiamata Legge 833/78 nonché dal D.P.R. 24.12.1992, che definisce i livelli uniformi di assistenza sanitaria, e dall'art. 1 del D.L.gs. 502/92. Del resto, che l'onerosità della prestazione non sia estranea al sistema nell'ambito del generale principio della gratuità si desume anche dall'art. 3 di detto D.L.gs. 502/92 il quale, dopo aver previsto (comma 2) che l'unità sanitaria locale provvede ad assicurare i livelli di assistenza di cui all'art. 1, aggiunge (comma 3) che essa «può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali per conto degli enti locali con oneri a totale carico degli stessi».

E' di tutta evidenza pertanto la differenza fra le prestazioni sanitarie di cura e prevenzione assicurate a tutti i cittadini nel precipuo interesse della sanità pubblica e quelle aventi ad oggetto invece le visite fiscali, avvenendo queste ultime nell'interesse del datore di lavoro che intende avvalersi dei previsti controlli per accertare la legittimità dell'assenza dal lavoro dei propri dipendenti. In tal senso del resto, sia pure per ipotesi diverse di controllo, si è già pronunciata questa Corte (Cass. 8973/97 e Sez. Un. 1321/97) . Sì tratta infatti di fattispecie riguardanti rispettivamente il controllo sulle apparecchiature di sollevamento ed a pressione nonché la rivisita delle carni prescritta dall'art. 40 comma 1 lett. c) R.D. 20.12.1928 n.558, vale a dire di situazioni in cui, pur essendo evidente rispetto al caso in esame anche la tutela dell'incolumità degli addetti alle macchine in quanto soggetti a fonti di pericolo nonché della salute pubblica, se ne è affermata l'onerosità sul rilievo che l'utilizzo di detti impianti avviene nell'interesse economico della produzione ed il controllo sulle carni nell'interesse del privato che intenda introdurle in un Comune diverso da quello in cui è avvenuta la macellazione.

Peraltro, anche qualora dovesse convenirsi, come pure è stato sostenuto in ricorso, che l'attività del medico in occasione delle visite fiscali possa non esaurirsi nell'accertamento delle ragioni che giustifichino l'assenza dal lavoro ma estendersi nell'indicazione di cure a tutela della salute del dipendente, trattasi certamente di un aspetto marginale non richiesto, ipotizzabile solo a seguito di iniziative personali e quindi irrilevante ai fini in esame.

Del pari irrilevante è poi la circostanza, sottolineata dalla ricorrente nel corso dell'intero giudizio, che il controllo sia avvenuto nei confronti di dipendenti pubblici, non potendo ciò costituire un discrimine al principio della generale onerosità del servizio.

Né, d'altra parte, le esposte considerazioni si pongono in contrasto con la richiamata decisione del Consiglio di Stato (22.12.1998 n. 1907) la quale, dopo aver individuato nelle Unità Sanitarie Locali una competenza generale, tendenzialmente esclusiva, in materia di accertamenti tecnico-sanitari nei confronti dei lavoratori dipendenti, ha affermato che i relativi oneri devono essere oggetto di accordo in seno alla conferenza Stato-regioni.

Né dalla sentenza impugnata né dalle difese delle parti risulta che un tale accordo sia intervenuto e pertanto non rimane, in applicazione dei principi desumibili dalle leggi sopra richiamate, che confermare l'onerosità di dette visite, dovendosi escludere una presunzione di gratuità.

Il ricorso va pertanto rigettato. La peculiarità della fattispecie e la mancanza di precedenti specifici giustificano la compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese.