19 aprile 2024
Aggiornato 19:00
Pubblicato il «Rapporto sull’agricoltura italiana» dell’INEA

Rapporto INEA, Confagricoltura: «Radiografia della fragilità strutturale dell’agricoltura italiana»

Siamo il Paese europeo con il più alto numero di Dop e Igp ma solo 4 prodotti, su 169 certificati, realizzano il 64% del fatturato al consumo

Il «Rapporto sull’agricoltura italiana» dell’Inea conferma l’esistenza di una fragilità strutturale del sistema agricolo italiano che preoccupa. Lo sostiene Confagricoltura, che analizza la fotografia del settore che appare dal «Rapporto Inea»: alti costi aziendali e ricavi non sempre remunerativi (anche se hanno cominciato a crescere); indebitamento a breve termine (quindi non per investimenti); un alto grado del sommerso; carenze infrastrutturali, logistiche, distributive e dei trasporti. L’unico dato positivo è una crescita delle dimensioni aziendali .

La stessa qualità non ripaga. Siamo il Paese europeo con il più alto numero di Dop e Igp ma solo 4 prodotti, su 169 certificati, realizzano il 64% del fatturato al consumo; i primi 15, rappresentano il 92% del totale degli introiti. Il che significa che i restanti 154 prodotti certificati costituiscono appena l’8% del totale delle vendite.

Il Rapporto Inea pone in evidenza anche come vi sia, da un lato una diminuzione dei consumi di beni agricoli, dall’altro la crescita dell’export.

«Per natura - dice il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni - sono ottimista. E da tempo vado sostenendo che, pur navigando in acque tempestose, c’è una minoranza trainante di imprese efficienti, che investe, innova, e traina il settore. Ma la situazione è diventata davvero preoccupante».

«Bisogna - prosegue Vecchioni - porre in essere strumenti diretti: a favorire una ‘robustezza strutturale’ che manca; a stimolare ed indirizzare i consumi (verso la qualità ed il legame del prodotto con il territorio); a permettere (in questa fase di crisi internazionale) quanto meno di non arretrare e mantenere le quote di mercato estere del made in Italy e, laddove possibile, esplorare le nuove opportunità che comunque si profilano».

Serve – ad avviso di Confagricoltura - una «politica per gli investimenti», che parta dalla ricerca, che deve essere funzionale alle esigenze del settore, innovativa nei processi produttivi e nei prodotti. E una programmazione ad ampio raggio, per dare un quadro di chiarezza e linee che indirizzino alla produttività, alla concorrenzialità, all’internazionalizzazione.

«Concordo con il sottosegretario per le Politiche agricole Buonfiglio - ha concluso Vecchioni - quando afferma, a proposito della revisione della politica agricola comune, che sono necessarie, a livello europeo, politiche non solo per la salvaguardia ambientale, ma per la competitività».