29 marzo 2024
Aggiornato 01:00
Immigrazione

Claudia, Alberto e Roberto: i biellesi che da anni ospitano un profugo nelle loro case

Due famiglie hanno aperto le porte delle loro abitazioni a due rifugiati politici africani, che grazie a questo gesto di solidarietà hanno studiato e imparato un mestiere.

BIELLA - Claudia Tortello e Alberto Miglietti dal 2013 hanno accolto all'interno della loro famiglia Mamandu, un profugo fuggito dalla povertà del Mali. La storia di questa famiglia, lei contabile lui artigiano con una figlia la racconta l'Espresso in un lungo articolo dedicato alle persone che hanno deciso di aprire le porte delle loro case ai migranti. Stessa cosa ha fatto Roberto Pareschi, allenatore di calcio vicino di casa Claudia, convinto da quest'ultima a ospitare Arthur, un 20enne della Costa d'Avorio.

Con Claudia e Alberto Mamandu ha ottenuto la licenza media, ha preso la patente di guida e si è rimboccato le maniche imparando un mestiere: ora è un abile artigiano dopo aver appreso l'arte del mestiere nel laboratorio di automazione industriale della famiglia. A «iniziare» all'accoglienza questa coppia è stata la figlia, volontaria per il centro per richiedenti asilo di Muzzano, che spesso portava a casa qualche profugo con cui la famiglia passava del tempo. Poi nel 2013 il programma della Caritas «Un profugo a casa mia» ha fatto fare il grande passo: ospitare in casa Mamadu, che già avevano avuto modo di conoscere e che ritenevano affidabile. Mamadu ha raccontato di essere fuggito dalla povertà del Mali andando prima in Libia, dove i soldati del regime di Gheddafi lo hanno obbligato a imbarcarsi su un barcone della speranza diretto in Italia. Dopo lo sbarco in Sicilia è stato portato a Genova e poi nel Biellese; nel frattempo «grazie» alla guerra scoppiata in Mali la sua richiesta di asilo è stata accolta e ha potuto fermarsi in Italia.

Roberto invece ha spiegato di essere stato ispirato, come molti nel biellese da Claudia e di aver accettato di accogliere in famiglia insieme ai suoi due figli di 21 e 29 anni anche Arthur, un profugo conosciuto durante gli allenamenti della squadra di richiedenti asilo che ha allenato per qualche tempo, i Leoni di Biella. Il giovane africano con lui ha evitato di finire a fare l'elemosina per strada dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie e ora oltre a un tirocinio in un'azienda informatica sta puntando a perfezionare i propri studi con una laurea al Politecnico di Torino.