6 maggio 2024
Aggiornato 19:30
1915-2015

Grande Guerra: 100 anni fa gli eserciti schierati tra le vette di Canal del Ferro e Valcanale

Lo storico Davide Tonazzi racconta ciò che accadeva tra il maggio e il giugno 1915 a Tarvisio, Malborghetto, Pontafel. E lancia un appello: vanno sfruttate da un punto di vista turistico le testimonianze ancora esistenti

MALBORGHETTO-VALBRUNA - Esattamente un secolo fa, nelle montagne dell’Alto Friuli, cominciava una guerra estenuante, destinata a durare fino al 1918. Gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero Austro-Ungarico si fronteggiavano soprattutto in alta quota, tra le vette di Pontebba, della Val Dogna, della Valle del Fella, di Sella Nevea: montagne epiche come lo Jof di Miezegnot, il Montasio, il Rombon, entrate nella storia militare e nella memoria di quei soldati.
Valcanale e Canal del Ferro (il confine tra Impero Austro-Ungarico e Italia si trovava a Pontebba) furono travolte dalla Grande Guerra. Abbiamo chiesto allo storico Davide Tonazzi di raccontarci come si presentava questo territorio nel 1915, anni in cui l’Italia entrò in guerra contro l’alleato degli ultimi decenni, l’impero asburgico.

Come si presentava il confine tra Pontebba e Pontafel un secolo fa?
«Partiamo dal dire che gli austriaci non si aspettavano l’entrata in guerra dell’Italia. C’erano varie notizie sulla possibilità che il fronte si allargasse, ma né le forze militari austriache né la popolazione civile si attendevaa una dichiarazione di guerra da un alleato storico. Per gli austro-ungarici si è trattato di uno dei più grandi tradimenti subiti. Per questo di truppe, sul confine, ce n’erano poche. Mi ripeto, gli austriaci non si aspettavano un voltafaccia dall’ alleato italiano».

La zona , però, era già protetta da fortificazioni.
«C’erano i forti a Malborghetto e a Cave del Predil, ed erano presidiati, ma venivano considerati antiquati già all’epoca».

E quindi cosa avvenne tra il 23 e 24 maggio 1915 dopo la dichiarazione di guerra?
«Gli austriaci non avevano truppe scelte da mandare in Alto Friuli, soprattutto perché i soldati migliori li avevano schierati in Russia e in Galizia. Su questi due fronti, nei primi 8 mesi di guerra, erano già morti più di un milione di soldati, molti dei quali originari della Valcanale. Le prime truppe schierate tra Tarvisio e Pontafel furono volontari carinziani e stiriani. Uomini privi di qualsiasi esperienza militare, ma motivati a difendere la propria terra».

Nonostante questo gli italiani non riuscirono a sfrondare.
«Si trattava di una guerra ‘nuova’ per tutti, non più combattuta su grandi distese ma in trincea, tra le montagne. Fortunatamente si cominciò a combattere a maggio e non in inverno, dando così modo ai soldati di costruire le prime postazioni e trincee in quota. All’inizio, sul fronte austriaco, non c’erano mitragliatrici ma solo vecchi cannoni in vecchi forti, che però bastarono per spaventare gli italiani. E mentre questi ultimi temporeggiavano non sapendo bene cosa fare, gli austriaci rafforzavano le linee».

Dov’erano posizionati gli eserciti?
«Più o meno a ridosso della linea confinaria di quegli anni. Gli italiani, però, hanno avuto il vantaggio (apparente) di occupare le creste già il 23 maggio, in quanto all’epoca si pensava rappresentassero gli avamposti più strategici. Gli austriaci stavano davanti a loro, sulle pendici dei monti (da Pontafel a Valbruna) e spesso sotto di loro, come emerse più tardi, nel 1917, con la rotta di Caporetto».

Abbiamo parlato delle cime, ma nei paesi cosa accadeva?
«I borghi più vicini al confine, come Pontebba, erano stati evacuatiti già a partire da maggio. Chi abitava lì, quindi, aveva già capito che qualcosa stava per succedere. Poi furono fatti sgomberare tutti i paesi fino a Malborghetto, in quanto visibili dalla linea di cresta italiana. Da Pontebba in giù invece, i civili rimasero nelle proprie case, almeno fino alla rotta di Caporetto».

L’Alto Friuli è un territorio molto ricco di testimonianze delle Grande Guerra. Crede che possano rappresentare un valore aggiunto per il turismo?
«La parte da leone la fanno il Carso e Redipuglia, già conosciute a livello internazionale. Ma nelle nostre montagna ci sono molte cose da vedere. Ad esempio il parco tematico in Val Saiseao, già frequentato da tantissime scolaresche. Portare la gente direttamente sui luoghi della Grande Guerra è fondamentale per far comprendere le fatiche e i sacrifici dei soldati di 100 anni fa. Da questo punto di vista, il paese di Valbruna è avvantaggiato rispetto ad altre località, perché ha praticamente la prima linea in fondo valle. Un’opportunità turistica da sfruttare al massimo».