Foibe, Pirjevec: «Tito rappresentava un uomo della pace»
Lo storico triestino ricorda che il Maresciallo, al di lą di 'momenti oscuri', fu contro guerra Vietnam e invasione Praga
TRIESTE - «Nella storia di Tito ci sono anche momenti oscuri, che hanno segnato la storia d'Italia, come le foibe, ma al di là di queste vicende, ovviamente molto ma molto dolorose, il significato di Tito negli anni successivi a livello internazionale va riconosciuto e anche valorizzato». A tratteggiare la complessa figura del Maresciallo è lo storico italo-sloveno Joze Pirjevec, autore di numerosi saggi storici uno dei quali proprio sul leader jugoslavo, che interviene dopo la proposta dell'assessore regionale Pierpaolo Roberti di revocare le onoreficenze concesse dallo Stato italiano al Maresciallo.
LE PRECISAZIONI DELLO STORICO - «Tito rappresentava un uomo di pace, era interessante per l'Italia e anche per la difesa della stessa Italia. Lo dimostra anche il fatto che dopo il '68 tra Jugoslavia e Italia si svolgono intensi colloqui militari per una difesa comune contro l'Unione sovietica», spiega Pirjevec. Quando venne a Roma negli anni '70, tra l'altro, fu ricevuto anche dal Papa Paolo VI «e venne accolto in modo estremamente significativo con grande simpatia. Il Pontefice lo intrattenne per ben due ore e durante il discorso di saluto lo definì un uomo che unisce popoli e continenti. Un complimento che pochi politici hanno avuto da parte di un papa», ha ricordato lo storico. Il quale ha segnalato anche le «tantissime, un centinaio, di onorificenze avute da Tito nella sua vita, quella di grandissimo prestigio dell'Ordine del bagno della Regina Elisabetta, quella danese dell'Elefante che è molto esclusiva, una avuta anche dall'imperatore del Giappone, a testimonianza del ruolo internazionale che Tito svolgeva, in cui era leader dei paesi non allineati, combattente contro la politica dei blocchi, contro la guerra in Vietnam, contro l'intervento sovietico in Cecoslovacchia, e i suoi rapporti con Mosca erano molto tesi».
LA POSIZIONE DI ROBERTI - L'assessore regionale sa bene che la revoca delle onoreficenze non può avvenire nei confronti di chi non è più in vita, perché «deve essere notificato alla persona interessata la quale deve avere la possibilità di difendersi». Per procedere «occorre quindi apportare una modifica alla legge istitutiva». La mozione che «impegna giunta regionale e l'assessore competente - si legge ancora nel documento - ad attivarsi nei confronti del Governo italiano e presso i competenti organi statali per modificare la legge 178 del 1951 che disciplina la concessione e revoca delle onorificenze, al fine di permettere la revoca dei titoli di merito della Repubblica italiana anche a persone già decedute che in passato si sono macchiate di gravi crimini contro l'umanità e in particolare» a Tito, «poiché l'insignito se ne è reso indegno per i crimini perpetrati contro le popolazioni italiane in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia». La mozione «è un atto puramente politico», aggiunge l'assessore, e il motivo per cui è stato presentato in Consiglio «è perché possa essere sostenuto non soltanto dalla maggioranza ma anche dall'opposizione». «Riteniamo - conclude Roberti - che questo sia un modo per sanare alcune ferite che ancora ci sono nelle nostre terre. Vogliamo dimenticare il passato definitivamente, tornando alla verità: che Tito non è stato sicuramente degno di essere insignito di una simile onorificenza».