19 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Società

La cannabis light che non fa male

Al contrario del THC, il cannabidiolo (il nome per esteso del CBD) è legale in Italia, come in molti altri paesi perché non presenta le caratteristiche delle sostanze stupefacenti ovvero l’effetto drogante

La cannabis light che non fa male
La cannabis light che non fa male Foto: ANSA

Al giorno d’oggi, trovare la migliore canapa light online non è difficile, ma non molti sanno quali sono gli effettivi benefici che essa comporta. Abituati ad associare gli effetti della cannabis con quelli del THC, non siamo ancora preparati ad apprezzare e a comprendere le differenze tra il tetraidrocannabinolo ed invece il CBD, componente principale della canapa light.

Al contrario del THC, il cannabidiolo (il nome per esteso del CBD) è legale in Italia, come in molti altri paesi perché non presenta le caratteristiche delle sostanze stupefacenti ovvero l’effetto drogante, di assuefazione e la capacità di alterare la mente. Come altri composti chimici presenti nella cannabis, il CBD è totalmente innocuo per l’organismo umano, non presentando effetti collaterali, e anzi da alcuni studi al riguardo sono state acclarate importanti proprietà terapeutiche. È presumibile, pertanto, che la scienza continuerà la ricerca sui benefici della cannabis light e del CBD, anche ai fini di un utilizzo a scopo farmaceutico e terapeutico.

CBD e THC: differenze

CBD e THC sono i cannabinoidi presenti nelle infiorescenze della canapa e sono due delle numerose sostanze che si trovano in questa specie vegetale. Tuttavia, esse sono quelle contenute in maggiore quantità nei fiori e che meglio interagiscono con l’organismo umano. Ciò che le caratterizza, infatti, è che entrambe vanno a stimolare il sistema endocannabinoide dell’uomo, che produce delle sostanze molto simili ai cannabinoidi come THC e CBD. Per questo l’organismo umano sembra naturalmente predisposto all’assunzione di tali composti chimici, che però hanno su di esso un effetto totalmente diverso.

A ben guardare l’impatto sull’uomo di THC e CBD è praticamente opposto, e si dice che in effetti sarebbero idonei a controbilanciarsi, in modo da stemperare l’uno gli effetti dell’altro. Se nella cannabis si sente prevalentemente l’azione del tetraidrocannabinolo è perché in queste piante la percentuale di THC è molto più alta rispetto a quella del CBD. Al contrario nella cannabis light, è quest’ultima a prevalere.

Due sono gli esempi più evidenti per mostrare la divergenza di effetti delle due sostanze citate. La prima riguarda il risultato dell’assunzione sulla mente. Come detto in precedenza, il THC è un composto psicoattivo, quindi è solito dare un effetto sballante, che però può anche provocare una tendenza paranoica e ansiogena, fino a slatentizzare attacchi di panico. In chi ne fa uso frequente possono anche esserci ripercussioni più gravi. Niente a che vedere con le proprietà curative del CBD, la cui caratteristica principale è quella di non solo ridurre l’ansia, ma anche di indurre attivamente una sensazione di rilassamento e di serenità. Per questo motivo è stato anzi candidato come possibile cura contro la depressione, l’ansia da stress post-traumatico, i disturbi ossessivo-compulsivo, oltre ad aver dimostrato una grande efficacia antipsicotica nella schizofrenia.

Secondariamente, è noto come il THC possa creare dipendenza per chi ne fa uso, per cui è molto difficile interrompere l’assunzione senza craving, senza ciò provare quel desiderio doloroso di assumerlo nuovamente. Questa è tratto distintivo di ogni tipo di droga, dalle più leggere a quelle più pesanti e il motivo per cui l’Italia ha stabilito una soglia percentuale massima di THC nella cannabis light. Al di sotto di questo limite, la sostanza sarebbe sostanzialmente innocua. La ricerca si sta invece concentrando sulla capacità del cannabidiolo di costituire un valido supporto per alleviare i sintomi e il craving di una dipendenza e quindi proprio per ridurre l’assuefazione che provocano altre sostanze, proprio come il tetraidrocannabinolo.

Le altre proprietà

Accanto a questi due punti evidenziati, il CBD si distingue dal THC anche per gli ulteriori usi che ne sono statti fatti, con i relativi benefici apportati e sperimentati. Nel fare riferimento a questi proprietà curative, occorre sottolineare che gran parte di queste non sono state confermate a livello mondiale, ma solo attraverso studi di singoli centri di ricerca. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti solo confermato l’utilità del cannabidiolo nella cura dell’epilessia, dove i risultati sono sicuramente schiaccianti. Tuttavia, anche gli altri non sono da trascurare, vista la nuova tendenza ad aprire cliniche dove la cannabis light è usata per trattare molte patologie.

Sono note fin dall’antichità l’azione antinfiammatoria e analgesica del cannabidiolo, che gli è valso un ruolo importante per alleviare i sintomi dei reumatismi dovuti all’artrite. Ci sono, tuttavia, altri soggetti che possono beneficiare di queste caratteristiche: le donne. Il CBD sembrerebbe adattissimo per contrastare i dolori mestruali e anche i fastidi dovuti alla menopausa. Vi è anche chi sostiene che potrebbe essere usato per le fibrosi cistiche.

Le proprietà rilassanti si estendono dalla mente al corpo, per cui è considerato anche un ottimo miorilassante. Per questo viene utilizzato da chi pratica sport nei periodi di recupero e avrebbe qualche risultato anche per ridurre gli spasmi dovuti alla sclerosi multipla, per la doppia azione neurologica e muscolare.

In maniera più generale, poi, sembra avere effetti benefici in altre parti dell’organismo umano: è consigliato per una migliore salute del sistema cardiovascolare e sembra che agisca con ottimi risultati sull’apparato digerente, al punto che è stato testato per supportare la cura degli anoressici.

Non vi è più dubbio riguardo alla rilevante utilità e alle proprietà curative e rilassanti della cannabis light. Una volta fatta la necessaria distinzione con il THC si può apprezzare a dovere il potenziale di questo pianta e di tutti i prodotti che da essa derivano, come per esempio l’olio CBD. Non sorprende allora che il 4 novembre 2019 il Ministro della Salute abbia autorizzato l’utilizzo dell’olio a fini alimentari, testimoniando un atteggiamento sempre più favorevole del nostro legislatore.