29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Il punto di non ritorno

Il giorno che cambiò tutto. Per Vale e la MotoGP

Permettendo a Marc Marquez di correre contro Rossi, fino a fargli perdere il Mondiale, si è creato un pericoloso precedente. Da oggi nulla, nel motociclismo, sarà più come prima. E il primo ad ammetterlo è proprio il Dottore

VALENCIA – Non si deve attendere molto. Giusto una decina di minuti, poi Valentino Rossi entra tra gli applausi, nell'hospitality Yamaha gremita di giornalisti, tifosi e curiosi per dire la sua: «Scusate, ma stavo guardando la gara e ho voluto vederla fino alla fine. Una cosa incredibile...». Quello che Vale ha detto potete leggerlo a parte, parola per parola. Qui voglio raccontarvi di un'atmosfera strana, diversa, di qualcosa di nuovo che, in 37 anni di corse, non avevo mai percepito. C'era la delusione per il decimo titolo sfumato, ovviamente il dolore più grande per Rossi, ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa che permeava l'aria, che ti avvolgeva leggero, ma allo stesso tempo capace di entrarti nell'anima, di lasciare un'ombra. Era la certezza che da questa gara, da questa giornata, le corse siano cambiate, non siano più le stesse.

Superato ogni limite
Che siano diventate diverse. Peggiori? Per me sì. Si è permesso ad un campione, al futuro del motociclismo, a Marc Marquez di anteporre i propri odii, le proprie sfrenate ambizioni infantili allo sport. Di piegare tutto, storia, anima, leggenda ai propri interessi, anzi alle proprie vendette personali. Non gli si doveva permettere di correre contro e non per: ci può stare l'aiuto del compagno di squadra, ci può stare la sportellata, la spallata per vincere. Ma il gioco contro per far semplicemente, banalmente, stupidamente perdere un altro è veramente poca cosa.

Un finale inevitabile
Vale era un cumulo di delusione, ma aveva capito che sarebbe andata così, l'aveva detto ancora giovedì scorso ai vertici dell'organizzazione. Non è stato fatto nulla e così ha perso Rossi, ma anche questo sport. Ora si apre un'altra epoca: quella dei sospetti, della dietrologia sdoganata, del nazionalismo in uno sport che è singolo e non nazionale, di un «vale tutto» che sembra ironico, ma è reale. Cosa accadrà l'anno prossimo? Chissà. Intanto Rossi, oggi, è tornato ad essere se stesso, quello puro. E ha dichiarato il suo amore per questo sport e la voglia di affrontare le nuove sfide che l'utilizzo della centralina unica e il ritorno della Michelin comporteranno. Per una stagione, giusto quello che gli resta dell'attuale contratto. Poi potrebbe continuare o smettere. Ma speriamo non lo faccia solo perché questo è diventato un altro sport.