Farsa Mondiale: trionfa il complotto spagnolo
Lorenzo vince, ma perde lo sport. A regalargli il titolo è l'aiutino dei suoi due connazionali della Honda, Marc Marquez e Dani Pedrosa, che sono più veloci di lui ma non lo attaccano. E così l'attesissima finale iridata si trasforma in uno squallido teatrino
VALENCIA – Non se lo meritava. Chi? Il motociclismo. Quello vero, quello che amiamo, che amo. Quel weekend malese ha steso un'ombra che sembra indelebile sul Mondiale. Per colpa di chi? Un po' di tutti. Della sparata di Valentino Rossi in sala stampa il giovedì di Sepang, frutto di una convinzione maturata dopo la gara australiana e di una preocupazione sentita, profonda, reale. Tattica sbagliatissima, però: se il Doc voleva ridurre Marquez a più miti consigli, non ci è evidentemente riuscito, anzi. L'eccesso di agonismo di Marquez contro Rossi in quella gara, l'allargamento della traiettoria, la caduta di Marc, la punizione, la mancanza di eleganza di Lorenzo (oggi si è dimostrato che non c'era bisogno di fare tutta quella scena, ma sarebbe stato più furbo rilasciare un sorriso amaro anziché dichiarazioni pepate), hanno rovinato molto, se non tutto. Hanno unito gli spagnoli contro gli italiani, ed è stupido in uno sport individuale.
Rossi, l'impresa non basta
Da allora, infatti, dubbi, interpretazioni, preconcetti sono diventati la norma. Sono arrivate le fazioni, i fischi, la tensione. In quest'ultimo GP, ad esempio, Rossi ha fatto tutto quello che gli si poteva chiedere: da ultimo a quarto. Grande gara. Davanti c'erano quei tre: Lorenzo, Marquez e Pedrosa. Non è successo niente fino alla fine, quando Pedrosa ha aumentato il suo ritmo, ha recuperato un paio di secondi, ha attaccato Marquez che ha risposto molto duramente, mentre Lorenzo là davanti chiudeva primo e praticamente indisturbato una corsa perfetta, una delle sue. Cinque volte campione del mondo, tre della MotoGP, tanto di cappello a lui e alla Yamaha. Le sette vittorie quest'anno dicono tutto. O almeno dovrebbero, normalmente.
Quel lecito complottismo
Invece stavolta c'è anche un'altra opzione. Pensar male si può, dipende dai punti di vista, dalla sensibilità dall'interpretazione che si può dare a molti fatti. Si può pensare che Marquez non abbia mai infastidito Jorge, anche se lo ha giustificato dicendo che stava aspettando gli ultimi due giri per farlo (eppure a Sepang non ha certo atteso pazientemente la fine, ma ha sfinito Rossi dal terzo giro fino a farlo reagire) e che l'arrivo di Pedrosa gli ha rovinato i piani. Oramai, purtroppo si può pensare tutto e il contrario di tutto. La naturale predisposizione al dubbio, alla dietrologia, ci sta tutta, oramai.
E la rabbia cresce
Marquez ha protetto Lorenzo? Forse sì, forse no. Sicuramente non lo ha attaccato, non ha usato la stessa moneta che ha speso con Rossi a Sepang. Se Marquez e Pedrosa avessero passato Jorge, il campione sarebbe stato Rossi. Quindi l'atteggiamento diventa importante, essenziale. Più ci penso, più mi inc...o, insomma. Sia per Rossi, che forse non avrà più un'altra occasione per scrivere questa pagina di storia, sia per Lorenzo, uno che non merita di passare da ladro di Mondiali. Che abbia guadagnato molto dal dualismo assoluto, cattivo, inusuale di Marquez contro Rossi è però sicuro. Che abbia provato a trarre il massimo del vantaggio possibile dalla situazione anche, ma lui si giocava il titolo, il che conta, forse giustifica, se non assolve. Come uscire con la ragazza contesa tra due uomini, che si menano e finiscono all'ospedale mentre lei alla fine esce con te. Comunque sia, quello che ha fatto Lorenzo qui a Valencia è stato il suo massimo: pole, vittoria, titolo. Non si è fatto prendere dal panico, non ha ceduto psicologicamente, ha retto la pressione, ha sbagliato nulla. Che avrebbe perso il duello con Marquez e Pedrosa, se ci fosse stato ci sta, forse è anche probabile, ma è da dimostrare.
Uno sport rovinato
A sentire le dichiarazioni post gara di Lorenzo, invece non si può assolvere Marquez: avrebbe rinunciato ad attaccarlo perchè il Mondiale restasse in Spagna, per rispetto. Per non farlo vincere a Rossi, aggiungo io. Come riuscire a rovinare uno sport per spocchia e sfrenata ambizione a soli 22 anni. Peccato, perché Marquez col suo sorriso, la sua classe, il suo stile aggressivo, il suo modo di correre spettacolare, i suoi traversi aveva tutto per impersonare il motociclismo al suo meglio per i prossimi dieci anni abbondanti. Invece non avrà mai tutti a favore, ci sarà sempre quell'ombra malese carica di sospetti, di cattiveria, di poca sportività che gli aleggerà sulla testa. Anziché un'aureola da santino sorridente, corna e forcone come un diavoletto. Come quello che è: il ragazzo che ha cambiato il motociclismo in peggio. Per sempre? Speriamo di no, ma il rischio c'è. Grosso.
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