Valentino Rossi «prova» la gara della vita
Il Dottore comincia bene il weekend del Gran Premio di Valencia. Ma, con l'handicap di partire dall'ultima posizione in griglia, andar forte stavolta non basterà. Dovrà correre meglio di quanto abbia mai fatto nella sua carriera
VALENCIA – Hai voglia di sforzarti a volerla mettere in un altro modo. Poi guardi il foglio dei tempi combinato delle due sessioni libere del venerdì e ti ritrovi questa lista: nell'ordine, Lorenzo, Marquez, Pedrosa, Iannone, Rossi, Petrucci, Dovizioso, Pol & Aleix Espargaro. Cioè Spa/Spa/Spa/Ita/Ita/Ita/Ita/Spa/Spa... Insomma, se togli due o tre intrusi, il Motomondiale è questa cosa qua: piloti italiani e spagnoli contro. È così da quando non c'è più Stoner, c'è poco da fare. In realtà il sentimento nazionale nel Motomondiale esiste, ma non quello che crea alleanze o contrapposizioni: è uno sport individuale, l'importante è battere gli altri, tutti.
Rassicurante normalità
Così speriamo che vada. Questa prima giornata di pratica, di moto, di guida dopo tante chiacchere è stata finalmente apparentemente normale. Poco spazio all'umorismo, certo, ma la sensazione di qualcosa di già visto, di usuale è stata netta. Diverse sono state le conferenze stampa dei tre. Marquez il più "normale", che si tira fuori e dice di voler fare la sua gara, anche se ancora non ha deciso tra le due mescole di gomma. Lorenzo ha parlato dopo Rossi nell'hospitality Yamaha ed è apparso un po' teso, secco nelle risposte, anche se sorridente. Qualcuno ha provato a tirarlo, sorridendo, nel gioco più duro, chiedendogli se pensa di disputare pessime prove così da partire penultimo di fianco a Valentino e se pensa che sia più grave l'handicap di sette punti da recuperare o quello di partire dal fondo. Jorge non c'è stato: «Non ho commesso nulla di sbagliato, quindi partirò dove riuscirò. E non so quale sia l'handicap peggiore, ma comunque affronterò la gara per ottenere il massimo». In fondo, sostiene, vincere il quinto titolo o restare quattro volte campione non cambierà la sua vita, la sua famiglia, il suo modo di vivere. È, quest'ultimo, come un mantra che ripete e si ripete da quando è arrivato qui. Un modo per tentare di farsi scivolar via almeno un po' di pressione. Ma siamo sicuri che questo titolo tutto in rimonta (non è mai stato davanti a Rossi in classifica quest'anno) lo vuole come nient'altro al mondo.
La sfida più difficile
Mentre parlava Rossi, nei monitor dell'hospitality Yamaha, sintonizzati sul canale spagnolo Movistar Tv, scorrevano le scene delle gare passate su questa pista. In quel momento era in onda il 2006, l'anno della rimonta di Hayden (entrato oggi nella «Hall of Fame» del motociclismo e alla sua ultima gara prima di passare in Superbike) proprio su Rossi. Anche allora era Vale quello davanti, il suo vantaggio otto punti, ma cadde e conquistò il Mondiale l'americano, l'ultimo yankee ad esserci riuscito. Che si trattasse di un video premonitore? Oppure di un video esorcizzante e favorevole? Chissà, forse non era neppure un segno, però faceva il suo effetto. Vale è molto scaramantico, ma anche molto intelligente. È apparso tarato sulla situazione: difficile, molto difficile. Non basterà avere un buon passo, mettere a posto la moto: dipenderà anche da quello che farà Lorenzo, che faranno là davanti. E da quanto tempo/giri ci metterà a scrollarsi di dosso piloti via via meno facili da passare, piloti che non si girano indietro a guardare chi arriva, perciò ostici, almeno al primo tentativo. La consapevolezza che non tutto dipende da lui gli si vede come un'ombra in volto, la certezza di poterci provare anche. Il risultato è un Doc un po' meno spiritoso, un po' meno giocoso, ma comunque tranquillo. Non l'ha detto, ma in fondo la certezza di dover fare un solo tipo di gara gli risolve qualsiasi dubbio tattico. Lo obbliga ad essere il miglior Rossi di sempre. Qualcosa che gli piace da morire e lo stimola come mai prima.
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