20 aprile 2024
Aggiornato 17:00
L'ultimo schiaffo del patron della Formula 1

Ecclestone prende in giro l'Italia: Azerbaijan al posto di Monza

Il Gran Premio nel nostro Paese potrebbe sparire dal calendario del Mondiale dopo quest'anno? Poco male. L'84enne magnate inglese ha già pronto un «ottimo rimpiazzo»: un tracciato cittadino nella semi-sconosciuta Baku

MONZA – Ora siamo arrivati agli sfottò. «Baku mi sembra un ottimo rimpiazzo per Monza». Avete capito bene: secondo Bernie Ecclestone, il patron della Formula 1, il più storico dei circuiti rimasti nel calendario vale quanto l'ultimo arrivato. Per la prossima, esotica e anche un po' improbabile destinazione dei tendoni del circus automobilistico, il magnate inglese ha già un'idea: la capitale del'Azerbaijan. «Nessun problema, sarà un'altra bella gara», promette. Domenica, nel paddock del Gran Premio del Bahrein, ha confermato di aver già siglato un contratto per ospitare un circuito stradale al centro dell'ex nazione sovietica. E se fior fiore di organizzazioni indipendenti, come Human Rights Watch, criticano da anni il governo azero per arresti ingiustificati, detenzioni illimitate, pestaggi e torture, poco male: «Tutti sembrano essere contenti, non vedo grossi problemi». Quando arriva una bella valigia di petrodollari, del resto, non è il caso di guardare tanto per il sottile. Pazienza per la politica di «rispetto dei diritti umani in tutte le attività» approvata solo una settimana fa dal suo gruppo di aziende, il Formula One Group. Stavano scherzando.

Un Mondiale senza Gran Premio d'Italia
Ecclestone, evidentemente, ha qualcosa in comune con Aliyev, dittatore dell'Azerbaijan: la tendenza a decidere da solo, senza ascoltare troppo gli altri. Anzi, prendendoli proprio in giro: non solo l'intero mondo dell'automobilismo, come dimostra il caso dei diritti umani, ma anche, più in particolare, l'Italia. Quando i giornalisti gli hanno chiesto se non gli sembrasse impensabile un Mondiale di Formula 1 senza Monza, lui li ha liquidati così: «Mi avevano detto la stessa cosa quando avevamo cancellato la gara in Francia, e ora quella in Germania. Ma abbiamo trovato dei buoni sostituti, non è vero?». Ciascuno valuterà da solo se Singapore o Shanghai siano all'altezza del leggendario Nurburgring. Ma il punto è un altro. Non riusciamo a immaginare che persino un magnate assetato di dollari come Mr E sia davvero capace di credere in quello che dice. Peggio: queste sue parole, che potrebbero legittimamente suonare offensive alle orecchie di tutti i tifosi italiani della F1, rispondono solo a una sua spregiudicata tattica di trattativa con i gestori dell'Autodromo nazionale. «Se vorranno rinnovare il contratto che scade quest'anno – ha rivelato alla Gazzetta dello Sport – dovranno pagare quanto gli altri organizzatori».

Braccio di ferro sulle cifre
Ovvero, secondo indiscrezioni, il doppio di quanto l'impianto brianzolo versa attualmente nelle tasche dell'84enne: 20-22 milioni contro gli odierni 11-12. «Perché dovrebbero godere di condizioni diverse di Zeltweg o Spa? Chiedo le stesse cifre e gli stessi termini del contratto». Forse perché stiamo parlando di una delle icone della Formula 1? «Sì, ma per la F1 bisogna anche pagare», prosegue imperterrito. Lo sport, insomma, non conta più nulla, resta solo la finanza: «Io gestisco il lato business del gruppo di proprietà della Cvc (società di investimento britannica che possiede la maggioranza del campionato, ndr) e poi divido i soldi tra le squadre. Cerco di svolgere il miglior lavoro possibile». E se l'effetto collaterale di questo lavoro è che la Formula 1 perderà la sua storia, la sua anima, la sua stessa faccia, e con essa magari buona parte degli spettatori, poco importa. Ciò che conta è intascare quanti più dollari possibile. E buona fortuna a chi rimane.