20 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Verso il GP di Aragon

Speciale Valentino Rossi, parte 2: «Honda la moto più forte, Yamaha la scommessa più bella»

Dal piccolo Valentino a Mr 9 titoli Mondiali passando per le indimenticabili gag di Rossifumi. In questa seconda parte il Dottore ci racconta i retroscena di tutte le sue scelte: dall'arrivo in classe regina dalla porta principale al passaggio alla Yamaha, lasciata poi per la Ducati

MILANO - Valentino Rossi, protagonista de I Signori della MotoGPracconta la sua lunga carriera in una bellissima intervista rilasciata in esclusiva a Sky Sport che abbiamo deciso di riproporre integralmente e a puntate nei prossimi giorni. Cinque appuntamenti, cinque tappe d'avvicinamento al Gran Premio di Aragon sull'onda dell'entusiasmo della sua ultima vittoria a Misano.

Dopo i ricordi legati all'infanzia si passa alle vittorie nel Motomondiale: dalle prime gag ai nove titoli iridati, dalla scommessa vinta con la Yamaha a quella persa con la Ducati.

PRIME VITTORIE MONDIALI E PRIME GAG - «La felicità di vincere un campionato del mondo è stata talmente un sogno da bambino che non capivo i piloti che vincevano e festeggiavano solo così (mostrando un pugno alzato). Quindi pensavamo che si dovesse fare sempre qualcosa di speciale. La cosa vincente credo sia stata l’originalità ma soprattutto la genuinità, perché erano delle gag che  pensavamo la sera al bar a Tavullia. Il Bar dello Sport di Pedro, che tra l’altro adesso lavora nel mio ristorante. La sera ci mettevamo lì e ci dicevamo: cosa facciamo se vinciamo in Italia, sarebbe bello avere una bambola gonfiabile. Perché era una cosa assurda, no? Era una cosa nata così, genuina, da Bar dello Sport, che è stata bella, è piaciuta molto alla gente. Credo che in quegli anni abbiamo fatto divertire molta gente. Quella del bagno a Jerez, quando mi sono fermato e ho fatto finta di fare pipì, è stata bellissima. Ce ne sono state tante belle, come quell’altra dei vigili che mi hanno fermato al Mugello e mi hanno fatto la multa con l’autovelox. Insomma, abbiamo fatto abbastanza stupidaggini».

LE SCELTE GIUSTE - «Sono stato sempre bravo a fare le scelte giuste e poi a sfruttarle al massimo. A vent’anni avevo vinto già due mondiali, che era il mio obiettivo, perché ho sempre pensato di dover vincere un mondiale prima di cambiare categoria. Ce l’ho fatta in 125 al secondo anno, ce l’ho fatta in 250 sempre al secondo anno, quindi ero a posto, ero pronto per andare con i grandi e correre con la 500. Avevo tra l’altro abbastanza fretta perché era nell’aria questo cambio di regolamento, questo passaggio alle quattro tempi. Per come ero appassionato io delle 500 due tempi delle gare anni ’80, era molto importante riuscire a guidarla prima di passare alle MotoGP».

IL PASSAGGIO IN 500 DALLA PORTA PRINCIPALE - «In Aprilia sono stato molto bene. Ho lavorato prima con Paolo Noccioli in 125 poi con Luciano Brazzi in 250, ed entrambi mi hanno insegnato moltissimo. Poi, dopo aver vinto nel ’99 il titolo in 250, ero pronto per passare alla 500 e mi è venuta a cercare la Honda, che era la moto migliore in quel momento. Soprattutto era un momento importante perché purtroppo all’inizio del ’99 Doohan si era infortunato gravemente dopo la caduta a Jerez e c’era la sua squadra, quella con Jeremy Burgess, che era a piedi. La Honda mi offrì così la mitica Nsr 500 e la squadra di Mick Doohan, quindi entrai in 500 dalla porta principale. Il primo anno è stato difficile ma bello e anche in quel caso il secondo anno sono riuscito a vincere il mondiale dopo una grande battaglia con Biaggi, diventando così l’ultimo campione del mondo con la 500 due tempi prima di passare alla MotoGP».

HONDA, LA MOTO PIÙ FORTE - «Sinceramente per un pilota correre con la Honda, fare tutta la carriera con la Honda, è comunque una sicurezza perché sei sicuro che va sempre forte. Però non ero felice, avevo fatto tutto quello che dovevo fare. Avevo vinto con la 500, avevo vinto i primi due titoli della MotoGP, con una moto, la cinque cilindri 1000, che era bellissima, ma avevo bisogno di qualcos’altro. Anche perché tanta gente diceva che io vincevo perché ero con la moto migliore. Io invece mi sentivo il più forte di tutti, quindi mi son detto: voglio un’altra moto perché tanto vinco anche con quell’altra».

YAMAHA, LA SCOMMESSA PIU’ BELLA - «Ne abbiamo parlato e riparlato e fortunatamente la scelta è stata giusta anche in quella occasione perché la Yamaha in quegli anni era un po’ bistrattata, era un po’ in difficoltà, era da tanti anni che non vinceva. Ma fecero un grande sforzo quando arrivai io perché avevano voglia di cambiare, di tornare protagonisti. Quella è stata forse la stagione più bella della mia carriera (2004) perché andai a vincere contro tutti i pronostici il mondiale al primo anno con la M1 che era una moto che fino all’anno prima prendeva trenta secondi. Una grande soddisfazione. Ricordo che la trattativa fu molto lunga. C’era Davide Brivio, che conoscevo bene, che mi fece una gran corte. Poi arrivò anche Lin Jarvis, che era il capo del progetto MotoGP, e con loro ci siamo incontrati diverse volte nel paddock di nascosto, di notte. Alla fine mi sono trovato bene con loro e soprattutto mi hanno dimostrato con i fatti che la Yamaha ci credeva e voleva me per tornare a vincere. Non ricordo bene il momento preciso in cui presi quella decisione, ma fu comunque nell’estate del 2003».

IL PASSAGGIO SOFFERTO IN DUCATI - «Dopo aver vinto quattro mondiali con la Yamaha iniziai a sentire d’aver fatto anche lì quello che dovevo fare. In quel caso c’era Filippo Preziosi della Ducati che mi cercava; ci siamo incontrati tante volte e parlato a lungo. La Yamaha mi aveva messo come compagno di squadra Lorenzo che era un pilota fortissimo e in quegli anni aveva imparato tanto da me, quindi ero un po’ geloso di questa situazione. In più andò in pensione anche il mio uomo di riferimento che era Masao Furusawa. Non mi sentivo più a mio agio in quella situazione. È stato un periodo difficile perché nel momento in cui stavo decidendo cosa fare mi sono fatto molto male due volte: prima la spalla, un infortunio che mi diede molto fastidio, poi mi sono rotto la gamba al Mugello. Alla fine decisi di passare in Ducati. Un’avventura affascinante, ma in quel caso non sono riuscito a raggiungere i risultati che speravo io e che speravano loro».

SPECIALE VALENTINO ROSSI: LEGGI LA 3^ PARTE