3 maggio 2024
Aggiornato 16:00
Mondiali 2010

Al via un «mese storico» per il Sudafrica

Prima edizione della rassegna iridata nel continente africano

JOHANNESBURG - A sedici anni dalla fine di una segregazione razziale durata quasi mezzo secolo il Sudafrica domani diventerà per un mese il centro del mondo con il taglio del nastro della prima edizione africana dei Mondiali di calcio. A dare il via al torneo sarà proprio la nazionale di casa, che alle 16 a Johannesburg affronterà il Messico in un match inaugurale che sarà preceduto - in base ai programmi - da una breve visita dell'ex presidente sudafricano Nelson Mandela, simbolo della lotta all'apartheid e figura decisiva nel convincere la Fifa di Sepp Blatter ad assegnare al Sudafrica l'organizzazione della Coppa del Mondo. Una scelta rischiosa, quella presa dal governo mondiale del calcio: negli ultimi anni la Fifa ha seguito con grande attenzione i difficili preparativi ritrovandosi a tamponare le carenze del Sudafrica e soprattutto a paventare uno spostamento del torneo in Paesi più organizzati a livello di impianti e infrastrutture.

La minaccia del 'Piano B' non si è mai concretizzata, anche se fino all'ultimo gli organizzatori del primo Mondiale sul continente africano hanno dovuto incassare critiche più o meno pubbliche da parte del braccio destro di Blatter, il segretario generale Jerome Valcke. Gli ultimi grattacapi hanno riguardato la vendita dei biglietti, visto che la Fifa è sempre più attenta al rischio di mandare in mondovisione un Mondiale fatto di partite magari anche bellissime in stadi pieni per metà. Prima di rammendare le questioni legate all'immagine del Mondiale la federazione di Blatter si è preoccupata, in particolare, dei problemi legati agli stadi, al trasporto e all'elevato tasso di criminalità che affligge il Sudafrica. Il vademecum per il turista del calcio è semplice: per non avere brutte sorprese basta non avventurarsi al di fuori delle zone centrali delle città.

E il calcio? Il Mondiale sudafricano sarà il primo in terra africana e rappresenterà una rarità anche per le condizioni climatiche, visto che le 32 nazionali in gara giocheranno un torneo ad insolite temperature da autunno inoltrato. Se è da scartare la minaccia del caldo, quella che a Pasadena condizionò la finale californiana di Usa '94 tra Italia e Brasile, uno spauracchio ci sarà ed è l'altitudine.

Gran parte degli incontri della Coppa del Mondo si disputeranno oltre i 1.000 metri sul livello del mare, condizione che renderà più difficile la respirazione e la resistenza allo sforzo prolungato. L'Italia, che si è preparata con dieci giorni in altura al Sestriere, parte con il biglietto da visita di campione uscente ma le ultime uscite degli azzurri e le scelte del Ct Marcello Lippi sulla carta non lasciano troppo spazio ai sogni di un quinto titolo iridato. Gli azzurri sono l'unica nazionale tra le grandi ad avere rinunciato completamente alla fantasia e all'estro puro, lasciando a casa giocatori di talento come Mario Balotelli e Antonio Cassano (mai neanche considerati) in favore di altri più idonei ad un concetto di gruppo e di squadra operaia.

Le grandi favorite sono le solite: la Spagna campione d'Europa, l'immancabile Brasile, l'Inghilterra di Fabio Capello e l'Argentina di Diego Armando Maradona. La Spagna insegue il suo primo titolo iridato, mentre il Brasile cerca la sesta affermazione. Se Capello è alla guida di un'Inghilterra costretta a vivere nel ricordo di un unico titolo, quello del 1966 vinto in casa con la madre di tutte le reti fantasma, Maradona arriva a questa edizione dei Mondiali come la vera e propria incognita del torneo: dopo avere strappato a fatica la qualificazione l'ex numero 10 del Napoli, campione del mondo nel 1986 da giocatore, si carica sulle spalle lo scetticismo di un Paese che, complice il rischio di un flop nelle fasi preliminari, non è più unito nella venerazione del più grande calciatore di ogni tempo.

Certo è che la sola presenza di Maradona basta a riempire di significato il Mondiale che sarà: una nuova sfida all'Inghilterra (quella punita nella semifinale del 1986 dalla Mano de Dios e dal gol più famoso nella storia del calcio) o una eventuale coppa ricevuta dalle mani del grande nemico Blatter aggiungerebbero nuovi capitoli alla storia di un torneo difficilmente imitabile.