19 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Caffè e salute del cuore

Ma sì, facciamoci un altro caffè, che tanto fa bene al cuore

C’è un legame tra caffeina e mitocondri che si ritiene possa fare bene al cuore. Se si avevano ancora dei dubbi sull'assunzione del caffè, ora dovrebbero essere fugati

Caffè protegge il cuore
Caffè protegge il cuore Foto: mavo | shutterstock.com Shutterstock

GERMANIA – Ancora buone notizie per gli amanti della tazzina. Il caffè, e in particolare la caffeina, sono degli alleati dei mitocondri. E questa alleanza, pare possa avere effetti benefici sul cuore. Già la caffeina, se assunta in dosi corrette, è stata associata a un ridotto rischio per diversi tipi di malattie, tra cui diabete di tipo 2, ictus, malattie cardiache e così via. Oggi, un nuovo studio tedesco rivela che proprio la caffeina promuove il movimento di una proteina regolatrice nei mitocondri, migliorando la loro funzione e proteggendo le cellule cardiovascolari da eventuali danni.

Quante tazzine di caffè
Qual è il limite che contrassegna un’assunzione corretta di caffè al giorno? In sostanza, quante tazzine possiamo bere? In genere dipende anche da persona a persona, per cui c’è chi ‘sopporta’ molto caffè e chi no. Tuttavia, gli esperti sono concordi che non bisogna mai esagerare e, di norma, non superare i 300 mg di caffeina – corrispondenti a circa tre tazzine di caffè espresso. Eppure, secondo i ricercatori della Facoltà di Medicina, Heinrich-Heine-University e IUF-Leibniz Research Institute for Environmental Medicine a Duesseldorf in Germania, per ottenere i paventati benefici sulla salute del cuore ci vuole l’equivalente di quattro tazzine al giorno.

La scoperta
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su PLOS Biology, si è concentrato sugli effetti della caffeina sui mitocondri – organelli presenti negli organismi viventi, considerati la centrale energetica della cellula. Nello specifico, la dott.ssa Judith Haendeler, il dott. Joachim Altschmied e colleghi hanno scoperto che l’effetto protettivo della caffeina può essere fisiologicamente rilevante, migliorando la capacità funzionale delle cellule endoteliali che rivestono l’interno dei vasi sanguigni e che l’effetto ha coinvolto i mitocondri.

Lo studio
Il team di Haendeler ha osservato che una proteina chiamata P27, nota principalmente come inibitore del ciclo cellulare, era presente nei mitocondri cellulari del cuore. In queste cellule, la P27 mitocondriale favoriva la migrazione delle cellule endoteliali, proteggeva le cellule del muscolo cardiaco dalla morte cellulare e innescava la conversione dei fibroblasti in cellule contenenti fibre contrattili – cruciali per la riparazione del muscolo cardiaco dopo un infarto del miocardio. I ricercatori hanno inoltre scoperto che la caffeina induceva il movimento della P27 nei mitocondri, scatenando questa catena benefica di eventi. Tuttavia, l’effetto benefico si esplicava a una concentrazione che è stata raggiunta bevendo quattro tazze di caffè. Nei test poi condotti su modello animale, si è scoperto che la caffeina era protettiva contro i danni del cuore nei topi prediabetici, obesi e nei topi anziani.

Una nuova modalità
«I nostri risultati indicano una nuova modalità di azione per la caffeina – spiega la dott.ssa Haendeler – che promuove la protezione e la riparazione del muscolo cardiaco attraverso l’azione del P27 mitocondriale. Questi risultati dovrebbero portare a strategie migliori per proteggere il muscolo cardiaco dai danni, inclusa la considerazione di consumo di caffè o caffeina come fattore dietetico addizionale nella popolazione anziana. Inoltre, l’aumento del P27 mitocondriale potrebbe servire come una potenziale strategia terapeutica non solo nelle malattie cardiovascolari ma anche nel miglioramento della salute», conclude la ricercatrice.

Ulteriori informazioni: Ale-Agha N, Goy C, Jakobs P, Spyridopoulos I, Gonnissen S, Dyballa-Rukes N, et al. (2018) ‘CDKN1B/p27 is localized in mitochondria and improves respiration-dependent processes in the cardiovascular system—New mode of action for caffeine’. PLoS Biol 16(6): e2004408. doi.org/10.1371/journal.pbio.2004408.