28 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Addio alle mode alimentari

Dieta vegan addio per 2 italiani su 3, il ritorno della bistecca

Secondo la Coldiretti, 1 milione di italiani torna a carne, latte e uova nonostante le fake news

Sulle tavole degli italiani torna la carne
Sulle tavole degli italiani torna la carne Foto: Shebeko | shutterstock.com Shutterstock

ROMA – Dopo il boom della modaiola dieta vegan, gli italiani pare tornino alla dieta mediterranea, che comprende invece anche carne, latte, uova, pesce e altri alimenti di origine animale. Secondo la Coldiretti, infatti, due italiani su tre dicono addio all’alimentazione vegana, abbandonata da oltre 1 milione di cittadini che sono tornati a consumare carne, latte o uova nel 2018. Lo rende noto la Coldiretti in occasione della Giornata nazionale della bistecca con l’apertura al pubblico dei Giardini Reali per il Villaggio della Coldiretti di Torino in Piemonte #bisteccaday con una maxi grigliata da record, bracerie, forni, spiedi e migliaia di allevatori e consumatori ma anche cuochi e gourmet insieme a rappresentanti del mondo scientifico per la prima operazione verità sulla carne italiana e i suoi primati. Gli italiani che hanno scelto uno stile alimentare vegan rappresentano nel 2018 appena lo 0,9% del totale rispetto al 3% dello scorso anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes.

Della dieta vegana
«Le diete vegane – ricorda Coldiretti – escludono dall’alimentazione la carne di qualsiasi animale e tutti i prodotti di origine animale, dai formaggi alle uova, dal burro allo yogurt, dalla panna al gelato, dal latte al miele. All’interno della dieta vegana basata su cereali, legumi, verdura e frutta sono nate correnti di pensiero alimentare ancora più estremiste come i fruttariani (che mangiano solo frutta caduta dagli alberi, ma escludono limoni, kiwi e ananas), i melariani (che si nutrono solo di mele), i fruttariani crudisti (che ingeriscono solo frutta non cotta e non condita)».

La dieta deve sempre essere equilibrata
«A oggi, sottolinea la Coldiretti, sono rimasti quindi circa 460mila gli italiani che seguono queste diete restrittive tra i quali a prevalere per oltre i 2/3 sono le donne (68%) e i giovani, con la percentuale che sale al 2% tra quelli di età compresa tra i 18 ed i 24 anni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes. Una scelta sul cui giudizio l’Italia è divisa in due con il 49,4% che la ritiene radicale, fanatica e segnata dall’intolleranza, mentre il resto pensa che sia una opzione rispettabile e anche ammirevole».

Spesso vincono le fake news
«A spingere le convinzioni alimentari sono però spesso – continua la Coldiretti – le fake news che rimbalzano sui social dove non è difficile trovare che mangiare carne, latte o uova faccia sempre male o che chi è intollerante al lattosio non deve mangiare nessun formaggio, tra le bufale alimentari virali in Rete. Invece non esiste nessuno studio che provi che mangiare carne anche in giuste quantità sia dannoso per la salute mentre, al contrario, i vantaggi di una dieta completa che la includa sono scientificamente indiscussi. Se ne può fare a meno integrando la sua mancanza con altri prodotti animali, come uova in primis, latte e derivati, e in alcuni casi assumendo integratori di vitamine e minerali.

Deve vincere l’educazione
«Serve educazione e buon senso e soprattutto rispetto per tutti i diversi stili alimentari ai quali l’agricoltura italiana può offrire grandi opportunità di scelta grazie ai primati conquistati nella qualità e nella biodiversità», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel ricordare che «proprio il rispetto dei principi della dieta mediterranea ha garantito fino a ora all’Italia una speranza di vita da record a livello mondiale di 82,8 anni, 85 per le donne e 80,6 per gli uomini».

Storica inversione di tendenza
Con l’aumento di oltre il 5% della spesa delle famiglie italiane per la carne nel 2018, il valore più alto degli ultimi 6 anni che avevano fatto registrare un brusco calo dei consumi. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2018 divulgata in occasione della Giornata nazionale della bistecca #bisteccaday con l’apertura al pubblico dei Giardini Reali per il Villaggio della Coldiretti di Torino in Piemonte con maxi grigliata da record, bracerie, forni, spiedi con migliaia di allevatori e consumatori ma anche cuochi e gourmet insieme a rappresentanti del mondo scientifico per la prima operazione verità sulla carne italiana ed i suoi primati. L’aumento dei consumi – sottolinea la Coldiretti – riguarda tutte le diverse tipologie di carne da quella di pollame (+4%) a quella di maiale (+4%) fino a quella bovina (+5%) che fa registrare il maggior incremento nel primo trimestre rispetto all’anno precedente, in un quadro di sostanziale stagnazione della spesa alimentare (+1,4%).

Il consumo annuo
Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è sceso ai livelli di 79 chilogrammi pro-capite, tra i più bassi in Europa – continua la Coldiretti – dove i danesi sono a 109,8 chilogrammi, i portoghesi a 101 chilogrammi, gli spagnoli a 99,5 chilogrammi, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. E la situazione – precisa la Coldiretti – non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano – sottolinea la Coldiretti – mangerà 222,2 chili tra carne rossa e pollame.

Svolta verso la qualità
Nel Belpase si assiste a una decisa svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine secondo l’indagine Coldiretti/Ixè. Vola, infatti, il consumo di bistecca ‘Doc’ con un balzo del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevati negli ultimi 20 anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato – sottolinea la Coldiretti – a un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi. La razza piemontese con lo storico riconoscimento comunitario dei ‘Vitelloni Piemontesi della Coscia’ a Indicazione Geografica Protetta (Igp) è la più diffusa e – precisa la Coldiretti – può contare su oltre 315mila capi mentre sono più di 52mila quelli di razza marchigiana, quasi 46mila di chianina, 12mila di romagnola, 11mila di maremmana e più di 35mila di podolica per un totale di oltre 472mila animali allevati.

Un patrimonio consolidato anche grazie - precisa la Coldiretti - a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne da parte degli allevatori attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Le carni nazionali sono – sottolinea la Coldiretti – più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali.

Una rivoluzione
Il risultato è – prosegue la Coldiretti - una vera rivoluzione nell’offerta di carne in Italia che si estende dalle macellerie ai supermercati, dallo street food alle hamburgherie, fino all’arrivo della carta delle carni nei menu proposti dai ristoranti più prestigiosi. La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nella ristorazione. «Una domanda di trasparenza che va soddisfatta estendendo l’obbligo di indicare la provenienza sulle tavole delle diverse forme della ristorazione fuori casa dove ormai si concentra oltre 1/3 dei consumi alimentari», conclude il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «l’obbligo dell’etichetta di origine per la carne vige al momento solo per il commercio al dettaglio».