29 marzo 2024
Aggiornato 13:00
Stimolazione transcranica

Ecco come gli stimoli elettrici potenziano memoria e apprendimento

Scienziati della Pennsylvania scoprono un metodo per potenziare la memoria e l’apprendimento attraverso l’utilizzo degli stimoli elettrici

La stimolazione elettrica per ritrovare la memoria
La stimolazione elettrica per ritrovare la memoria Foto: Shutterstock

Un metodo semplice e veloce per potenziare la memoria sembra che finalmente gli scienziati lo abbiamo trovato. Si tratta di una stimolazione elettrica che, se effettuata nei tempi giusti e nella corretta zona, produca grandi miglioramenti a livello cerebrale. La conferma della sua efficacia è arrivata recentemente da un gruppo di neuroscienziati statunitensi dell’University of Pennsylvania. Ecco i risultati del loro studio pubblicato su Nature Communications.

Un metodo affidabile
Gli scienziati lo hanno definito un «metodo affidabile e singolativo» quello della stimolazione elettrica, la quale – precisano – deve essere sempre applicata nel lato sinistro del cervello. Tale pratica consente di migliorare la memoria e persino velocizzare l’apprendimento fino al 15% in più. Secondo i ricercatori i loro risultati rappresentano un grosso passo in avanti verso l’obiettivo posto dal progetto Restoring Active Memory (Ram).

Due nuovi aspetti
Il RAM è uno studio finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che si pone come obiettivo lo sviluppo di dispositivi tecnologici in grado di potenziare la memoria. «Il nostro studio ha due aspetti nuovi. Da un lato abbiamo sviluppato un sistema per monitorare l’attività cerebrale di una persona e innescare la stimolazione in modo reattivo in base a questa attività. Dall’altro, abbiamo identificato un nuovo obiettivo per l’applicazione della stimolazione, la corteccia temporale laterale sinistra», spiega Youssef Ezzyat, senior data scientist nel Dipartimento di psicologia della School of Arts and Sciences della Penn e autore principale dell’articolo.

L’erogazione degli impulsi elettrici
Durante i lavori precedenti, coordinati dal professore di psicologia Michael Kahana e dal direttore della neuromodulazione cognitiva Daniel Rizzuto, gli impulsi elettrici venivano erogati in maniera differente. Nei primi test, infatti, erano eseguiti a intervalli regolari qualsiasi fosse il risultato ottenuto dal volontario. Ora, invece, gli scienziati hanno voluto analizzare l’attività cerebrale in tempo reale per vedere i risultati che stavano ottenendo. In questo modo l’impulso elettrico veniva calibrato in base al successo – o insuccesso – del tester.

Lo studio
Durante lo studio, i ricercatori hanno chiesto ai volontari di memorizzare un elenco di parole. In quel momento, un apposito computer aveva il compito di registrare tutti i segnali cerebrali del volontario. E, in base a questi, faceva previsioni e sollecitava l’individuo con piccole stimolazioni di corrente elettrica se riteneva che fosse meno incline a ricordare una parola. In pratica, «durante ogni nuova parola che il paziente osservava, il sistema registrava e analizzava l'attività cerebrale per predire se il paziente l'avesse appresa in modo efficace. Quando il sistema rilevava un apprendimento inefficace, stimola un intervento, chiude il ciclo e si mette di nuovo in ascolto dell’attività cerebrale del soggetto», continua Ezzyat.

Programmazione dello stimolatore
«Sviluppando modelli di machine learning personalizzati, a misura di ciascun paziente, abbiamo potuto programmare il nostro stimolatore affinché fornisse gli impulsi solo quando si prevedeva che la memoria avrebbe fallito», spiega Kahana. «I risultati attuali dimostrano che gli intervalli di codifica della memoria scadente possono essere identificati e salvati per una stimolazione mirata alla corteccia temporale laterale. Usando questo approccio di stimolazione a circuito chiuso nei pazienti con epilessia, forniamo la prova del concetto per il trattamento terapeutico della disfunzione della memoria».

Gli scienziati auspicano che i loro risultati potranno, un giorno, essere utilizzati nei deficit di memoria in pazienti affetti da svariate patologie e disfunzioni.