25 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Memoria e cervello

Troppi ricordi ci paralizzano: ecco perché il cervello dimentica

Dimenticare non è sempre un male. Al contrario, il nostro cervello lavora a lungo per dimenticare

Ecco perchè dimentichiamo
Ecco perchè dimentichiamo Foto: Shutterstock

TORONTO - Ci sono persone che hanno una memoria di ferro e altre che non riescono a immagazzinare ricordi neppure a breve termine. Questo accade perché ognuno di noi è diverso in fatto di memoria, ma ciò che accumuna entrambi è il fatto di dimenticare più facilmente alcune cose piuttosto che altre. Secondo un recente studio pubblicato su Neuron, il motivo è semplice: abbiamo una quantità limitata di ricordi che possiamo mantenere nel tempo. Ed esiste un preciso processo che guida e ottimizza l’andamento decisionale intelligente. In questo modo è possibile determinare quale tipo di informazione è più preziosa.

E tu? Quanta memoria hai?
Quando si pensa a una persona dotata di buona memoria si ritiene che questa possa ricordare in maniera più chiara e precisa alcune informazioni per un lungo periodo di tempo. Mentre chi ha poca memoria assiste a una sorta di fallimento di alcuni meccanismi cerebrali deputati al ricordo. Tuttavia, secondo alcuni neuroscienziati, questa definizione potrebbe non valere più. È proprio il nostro cervello, infatti, che lavora duramente per dimenticare.

Solo alcune informazioni sono essenziali
Secondo Paul Frankland, professore del programma CIFAR Child & Brain Development, e Blake Richards, un del programma Learning in Machines & Brains, il nostro cervello non funziona male quando ricorda poco, al contrario, lavora duramente proprio per dimenticare. L’obiettivo della memoria – a detta dei due studiosi dell'Università di Toronto – non è quella di ricordare a lungo, bensì ottimizzare «il processo decisionale intelligente mantenendo solo informazioni preziose».

Dimenticare è importante 
«È importante che il cervello dimentichi i dettagli irrilevanti e invece si concentri sulle cose che aiuteranno a prendere decisioni nel mondo reale», spiega Richards. Dimenticare, quindi, è paradossalmente un processo importante legato alla memoria. «Troviamo molte prove grazie alle recenti ricerche scientifiche sul fatto che esistono meccanismi che promuovono la perdita di memoria e che questi sono diversi da quelli coinvolti nella memorizzazione delle informazioni», ha dichiarato Frankland.

Eliminazione delle connessioni sinaptiche
Tra i vari meccanismi che promuovono la perdita di memoria vi è l’indebolimento o l’eliminazione delle connessioni che si verificano a livello sinaptico – quindi tra i neuroni. In tale struttura le varie memorie che immagazziniamo vengono decodificate.

Generazioni di nuovi neuroni
L’eliminazione delle connessioni non è l’unico meccanismo che come obiettivo ha la perdita di memoria. Le prove di laboratorio ottenute dagli scienziati, infatti, mostrano che vi sono nuovi neuroni generati da cellule staminali. Quando questi si integrano nell’ippocampo le nuove connessioni sovrascrivono i dati memorizzati in precedenza. Un po’ come avviene nell’hard disk del computer quando diamo lo stesso nome a un file precedente. Secondo gli studiosi, questa particolare funzione potrebbe in parte spiegare perché i bambini ricordano molto poco della loro infanzia: i loro ippocampi producono una serie elevata di neuroni.

Perché tanta energia sprecata?
Verrebbe da chiedersi per quale motivo il nostro cervello dovrebbe utilizzare tanta energia per dimenticare piuttosto che ricordare tutto. Secondo la teoria di Frankland e Richards questo equilibrio tra dimenticanza e ricordo ci permetterebbe di prendere decisioni migliori. Non ricordando alcune cose, infatti, abbiamo la possibilità di adattarci alle nuove condizioni che ci si presentano, lasciando indietro ciò che non è importante in termini di sopravvivenza, salute ed evoluzione. «Se stai cercando di navigare nel mondo e il tuo cervello è in costante aumento di ricordi contrastanti, ciò rende più difficile prendere una decisione», ha dichiarato Richards.

Un po’ come l’intelligenza artificiale
Frankland e Richards hanno cercato di paragonare il funzionamento del nostro cervello a quello dell’intelligenza artificiale. In quest’ultima, infatti, esiste un metodo per facilitare il processo decisionale permettendo di generalizzare gli eventi. Una funzione simile sembra esserci anche dentro di noi e permette di dare la priorità alle informazioni principali, magari eliminando alcuni dettagli inutili.

Una questione di evoluzione
In sintesi, la scoperta degli scienziati, ci ricorda anche una volta la perfezione di madre natura: se vogliamo evolverci dobbiamo necessariamente eliminare il vecchio e futile per far spazio al nuovo. Questo ci permetterà un miglior adattamento a seconda dell’ambiente in cui viviamo. Il tipo di informazioni immagazzinate, infatti, cambia da persona a persona a seconda del contesto in cui si vive. Certi ricordi possono essere essenziali per alcune persone e inutili per altre. «Una delle cose che contraddistingue un ambiente in cui vuoi ricordare rispetto a un ambiente in cui vuoi dimenticare è la questione di quanto sia coerente l'ambiente e di quanto sia probabile che le cose tornino nella tua vita», conclude Richards.

[1] Blake A. Richards , Paul W. Frankland. The Persistence and Transience of Memory. Neuron, 2017 DOI: 10.1016/j.neuron.2017.04.037