19 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Pizza come patrimonio culturale e immateriale

Pizza: Napoli in festa per il riconoscimento a patrimonio dell'Unesco

Grande festa a Napoli per la pizza, riconosciuta dall'Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Tavoli in strada, pizzaioli acrobatici e pizze sospese. Un business da 12 miliardi di euro soltanto in Italia

Pizza patrimonio dell'Unesco
Pizza patrimonio dell'Unesco Foto: Shutterstock

NAPOLI – Grande festa per la pizza. Riconosciuta finalmente dall'Unesco quale patrimonio culturale immateriale dell’umanità. A Napoli, tavoli in strada dalle prime ore del giorno – riporta un comunicato della Coldiretti – i primi pizzaioli targati UNESCO al lavoro, esibizioni acrobatiche e tanta gente per il ritorno della tradizione della pizza sospesa offerta a coloro che non possono permettersi di pagarla nella storica via Chiaia che è il centro dei festeggiamenti nel cuore di Napoli vicino all’Antica Pizzeria Brandi, dove secondo tradizione è nata la margherita.

La più grande raccolta di firme mai fatta
A rendere noto del successo della pizza è la Coldiretti che è stata protagonista della più grande raccolta di firme a sostegno di una candidatura mai realizzata prima, insieme all’Associazione Pizzaioli Napoletani e alla fondazione UniVerde che ha portato all’iscrizione dell’«Arte dei Pizzaioli napoletani nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, approvata dall’apposito comitato intergovernativo riunito nell’Isola di Jeju in Corea del Sud. Un risultato straordinario alla vigilia di un 2018 che è stato proclamato l’anno internazionale del cibo italiano nel mondo», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «l’Italia è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e l’arte della pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale con circa 5 milioni di pizze sfornate al giorno».

Un grande riconoscimento
La tutela dell’Unesco è stata riconosciuta – spiega la Coldiretti - per «il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l'impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da 'palcoscenico' durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un'atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti – conclude la Coldretti - diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale.

La raccolta delle firme la Maxipizza
Si conclude un percorso che ha portato alla raccolta in 100 Paesi di oltre 2 milioni di firme, più della metà delle quali grazie alla mobilitazione della Coldiretti, dopo un cammino durato complessivamente sette anni. L’esito positivo della candidatura della 'Arte dei Pizzaioli napoletani' nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco da parte dell’apposito comitato intergovernativo riunito nell’Isola di Jeju in Corea del Sud, è stato accolto con gioia dai napoletani, con il centro dei festeggiamenti all’Antica Pizzeria Brandi dove si sono messi al lavoro gli artisti UNESCO della pizza, anche con esibizioni acrobatiche, e tanta gente per il ritorno della tradizione della pizza sospesa offerta a coloro che non possono permettersi di pagarla. Un’iniziativa organizzata proprio nel luogo dove la leggenda vuole che nel giugno 1889 il cuoco Raffaele Esposito fu convocato al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, perché preparasse per Sua Maestà la Regina Margherita le sue famose pizze. La pizza per la prima volta venne così realizzata con pomodoro, mozzarella e basilico, che rappresentavano la bandiera italiana. Il processo per il riconoscimento – ricorda la Coldiretti - è iniziato nel marzo 2010 per arrivare alla presentazione della candidatura ufficiale da parte della Commissione Nazionale Italiana UNESCO nel marzo 2015 e poi ripresentata il 4 marzo 2016, quando il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, riunitosi a Roma, ha deliberato all’unanimità di ricandidare per l’anno 2017 nella Lista dei Patrimoni immateriali dell’Umanità dell’Unesco 'L’Arte tradizionale dei pizzaioli napoletani'. Un risultato ottenuto anche grazie alla grande mobilitazione per Expo di Coldiretti, Fondazione UniVerde, e Associazione Pizzaiuoli Napoletani con il coinvolgimento delle delegazioni dei Paesi partecipanti all’esposizione universale di Milano. Poi tra i momenti più significativi per arrivare al risultato c’è - sottolinea la Coldiretti - l’entrata dell’Italia nel Guinness World Record con l’impresa della 'Pizza più lunga del mondo' realizzata il 18 maggio 2016 a Napoli, giorno in cui 5 forni a legna appositamente progettati e costruiti per l’occasione, riuscirono a cuocere 1853,88 metri di pizza. L’arte dei pizzaioli napoletani – riferisce la Coldiretti – è l’ottavo 'tesoro' italiano ad essere iscritto nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, che conta 365 elementi culturali iscritti nella Lista Rappresentativa di 108 Paesi. L’elenco tricolore comprende anche l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014) e la Falconeria, iniziativa cui l'Italia partecipa assieme ad altri 17 Paesi. Accanto al patrimonio culturale immateriale, l’Unesco – continua la Coldiretti – ha riconosciuto nel corso degli anni anche un elenco di siti, e proprio l’Italia è lo stato che ne vanta il maggior numero a livello mondiale. Significativamente però – evidenzia Coldiretti -, gli ultimi elementi, ad essere inseriti negli elenchi, dallo Zibibbo di Pantelleria alla Dieta Mediterranea, fanno riferimento al patrimonio agroalimentare made in Italy, a testimonianza della sempre maggiore importanza attribuita all’alimentazione. Non a caso il 2018 cibo è stato proclamato l’anno internazionale del cibo italiano nel mondo. «Il riconoscimento dell’Unesco ha dunque un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e l’arte della pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale», afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare l’importanza di difendere questa tradizione «che è minacciata dalla globalizzazione, distorta e spesso contraffatta in tutto il mondo».

Un business da 12 miliardi di euro in Italia
La pizza genera un business di 12 miliardi di euro in Italia dove sono almeno 100 mila i lavoratori fissi nel settore della pizza, ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana, secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli. Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti divulgata in occasione dell’inserimento della 'Arte dei Pizzaioli napoletani' nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco. Ogni giorno solo in Italia – ricorda la Coldiretti – si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Nata a Napoli, la passione per la pizza – continua la Coldiretti - è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica.

Una leadership tutta italiana
La tutela della pizza conferma la leadership italiana nell’enogastronomia che ha un valore storico e culturale comparabile a quello dei monumenti e opere d’arte. Una risorsa importante anche in vista dell’appuntamento del 2018 – continua la Coldiretti – proclamato anno internazionale del cibo italiano nel mondo. L’Italia del resto – evidenzia Coldiretti - è l’unico Paese che può contare su un patrimonio di antiche produzioni agroalimentari tramandate da generazioni in un territorio unico per storia, arte e paesaggio che sono le principali leve di attrazione turistica. Lo testimonia il primato – sottolinea la Coldiretti – delle 292 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 523 vini Docg/Doc/Igp, ma anche la leadership in Europa con quasi 60mila aziende agricole biologiche.
«L’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia anche nell’offerta turistica, imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza che sono il proprio patrimonio storico e artistico, il paesaggio e il proprio cibo», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «si tratta di un bene comune per l’intera collettività e di un patrimonio anche culturale che l’Italia può oggi offrire con orgoglio sul palcoscenico mondiale anche grazie alle nuove tecnologie».