19 aprile 2024
Aggiornato 12:30
Inibitori di pompa protonica

Farmaci antiacido e antireflusso: possono danneggiare gravemente i reni

I farmaci antiacido e antireflusso potrebbero danneggiare gravemente i reni fino a causare l’insufficienza renale allo stadio terminale. I risultati di un nuovo studio

I farmaci inibitori di pompa possono causare gravi danni ai reni
I farmaci inibitori di pompa possono causare gravi danni ai reni Foto: Shutterstock

Un nuovo allarme per quanto riguarda l’utilizzo dei farmaci inibitori di pompa protonica. Solo una settimana fa, alcuni ricercatori hanno ipotizzato una relazione tra cancro gastrico e utilizzo di tali medicinali. Ora, invece, altri studiosi ritengono che i farmaci per combattere acidità e reflusso potrebbero causare gravi danni ai reni. Ecco perché.

Rischio di insufficienza renale grave
Secondo quanto è recentemente emerso alla riunione annuale della American Society of Nephrology che si tiene a New Orleans, gli inibitori di pompa protonica potrebbero mettere a serio rischio la salute dei reni. Tra gli effetti più importanti ricordiamo le malattie renali croniche (CDK) e l’insufficienza renale terminale (ESRD).

Studio revisionale
Per arrivare a simili conclusioni il team guidato da Karn Wijarnpreecha del Bassett Medical Center di Cooperstown di New York, ha condotto uno studio revisionale. Questo si concentrava su tutti i rischi di malattie renali croniche e insufficienza renale terminale dei pazienti che assumevano farmaci inibitori di pompa protonica. Per approfondire l’argomento gli studiosi hanno esaminato cinque studi – di cui tre di coorte – per un totale di oltre cinquecentomila partecipanti.

I risultati
Dai risultati è emerso un fatto abbastanza allarmante se si considera l’enorme numero di persone che assume questo genere di farmaci: chi assumeva inibitori di pompa protonica assisteva a un rischio decisamente aumentato di incappare in gravi patologie renali. I diagrammi di flusso non hanno mostrato alcun bias di pubblicazione.

Non accade con gli H2
Al contrario, chi utilizzava i farmaci antagonisti H2, generalmente utilizzati nel trattamento della gastrite, non sembravano avere un rischio così elevato. Dai risultati, infatti, emerge che chi utilizzava gli inibitori di pompa (PPI) aveva il 19% in più di probabilità di avere problemi nel tasso di filtrazione glomerulare (rGFR). Ma non solo: avevano il 26% in più di possibilità di incappare in patologie renali croniche. D’altro canto chi assumeva i farmaci con una certa frequenza aveva un rischio più alto del 22% di sperimentare la progressione delle malattie renali o di insufficienza allo stadio terminale. I rischi di danno renale cronico sono aumentati insieme alla durata dell'utilizzo del PPI. Le lesioni acute del rene (AKI) rappresentano la metà degli episodi di compromissione renale.

Intervenire finché si è in tempo
«L'affidamento su eventuali lesioni antecedenti come segno di avvertimento per la protezione contro il rischio dello sviluppo di malattie renali croniche (CKD) e la relativa progressione in insufficienza renale allo stadio terminale tra gli utenti degli inibitori di pompa protonica, non è sufficiente come unica strategia di mitigazione dei rischi. L'esercizio della vigilanza nell'utilizzo dei farmaci PPI, anche in assenza di lesioni acute, e l'attenzione rivolta alla funzione renale può essere un approccio più ragionevole», concludono i ricercatori.

[1] Xie Y, Bowe B, Li T, Xian H, Yan Y, and Al-Aly Z. Long-term kidney outcomes among users of proton pump inhibitors without intervening acute kidney injury. Kidney Int.doi: 10.1016/j.kint.2016.12.021.

[2] Proton Pump Inhibitors and Risk of CKD: A Meta-analysis Session Information CKD: Risk Factors for Incidence and Progression - III  November 04, 2017