25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Salute

Artrite reumatoide, meno rischio di infarto con i farmaci anti-Tnf

Il rischio di infarto del miocardio nei pazienti con artrite reumatoide si riduce quando si assumono farmaci anti-TNF, invece dei DMARDs. I risultati di uno studio osservazionale pubblicato sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases

Artrite reumatoide, ridurre il rischio di infarto è possibile
Artrite reumatoide, ridurre il rischio di infarto è possibile Foto: Shutterstock

REGNO UNITO – Ridurre il rischio di infarto del miocardio nei pazienti con artrite reumatoide si può. Secondo uno studio osservazionale dell’Università di Manchester, la chiave sarebbe nel sostituire i farmaci DMARDs con quelli anti-TNF.

Il rischio
L’aumentato rischio di infarto del miocardio (IM) nelle persone che soffrono di artrite reumatoide (AR) si ritiene sia dovuto all’infiammazione organica sottostante. Poiché l’inibizione del TNF-alfa è in grado di ridurre l’infiammazione, se ne deduce che si riduca di conseguenza anche il rischio di infarto. Questa potenzialità era già stata evidenziata da precedenti studi. «In alcune metanalisi – scrivono i ricercatori – è stato osservato che i pazienti con AR mostrano un innalzamento del rischio di IM pari al 60% e una mortalità aumentata in ragione del 70%».

Lo studio
Pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases, il nuovo studio osservazionale ha voluto indagare sul rischio di infarto del miocardio a lungo termine, la severità e la mortalità associate agli eventi cardiovascolari. I ricercatori guidati dalla dott.ssa Audrey Low, hanno analizzato i dati provenienti dal registro britannico sull’impiego dei farmaci biologici della BSR (British Society of Rheumatology) e quelli del ‘The Myocardial Ischemia National Audit Project’ relativi al decennio 2001-2010. La valutazione ha permesso di identificare 11.200 pazienti con artrite reumatoide trattati con farmaci anti-TNF e 3.058 trattati con i farmaci DMARDs, come il Metotressato.

La riduzione del rischio
Dopo aver aggiustato i dati in base ai fattori influenti, come per esempio l’età, il genere sessuale, la durata della malattia e la fase, le comorbilità come ipertensione, diabete, malattia polmonare e l’assunzione di farmaci DMARDs si scoperto che con l’assunzione di farmaci anti-TNF si riduceva del 39% il rischio di infarto, rispetto a quanto accadeva con l’assunzione di DMARDs. Al contrario, non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento quanto a severità o mortalità da infarto.

I risultati
A conclusione dello studio, i risultati suggeriscono che sia plausibile una riduzione del rischio d’infarto del miocardio con l’uso di farmaci anti-TNF. Secondo gli autori la chiave è nel TNF-alfa, una citochina che svolge un ruolo di primo piano nella patogenesi dell’aterosclerosi. «L’infiammazione, infatti, è centrale in tutti gli stadi dell’aterosclerosi, dalla funzione endoteliale alla stabilizzazione della placca e al rimodellamento post-infarto. Di conseguenza, l’inibizione di TNF-alfa potrebbe influenzare l’accumulo e la progressione della placca, con conseguente riscontro di un numero inferiore di eventi di infarto del miocardio», concludono i ricercatori. Lo studio, tuttavia, essendo osservazionale non ha stabilito una correlazione di causa/effetto. Per questo motivo sono necessari ulteriori ricerche che delineino in modo più esaustivo il collegamento tra l’infarto del miocardio e l’uso di determinati farmaci. Quanto a conflitti d’interesse, la dottoressa Kimme L Hyrich (coautrice dello studio) ha ricevuto una sovvenzione dalle case farmaceutiche Pfizer e AbbVie.