19 marzo 2024
Aggiornato 05:00
L'intervista

Giovanni Zibordi: «Il governo abbia coraggio e stanzi più soldi contro il caro bollette»

L’economista e trader Giovanni Zibordi lancia un appello al governo Meloni dalle colonne del DiariodelWeb.it: «Ecco cosa bisogna fare per ridurre i costi dell’energia»

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti Foto: ANSA

È cambiato il governo, ma non la linea politica nella gestione del caro bollette. Anche il nuovo esecutivo presieduto da Giorgia Meloni non sembra aver stanziato cifre sufficienti per arginare l’emergenza dell’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia. Tanto che da importanti studiosi arriva un appello a palazzo Chigi: serve più coraggio nell’applicare il mandato degli elettori, cioè agire per dare una mano all’economia italiana. Questa è la posizione espressa al DiariodelWeb.it dall’economista e trader Giovanni Zibordi.

Dottor Giovanni Zibordi, l'Italia è stata abbastanza incisiva, finora, per arginare l'emergenza delle bollette?
Assolutamente no, non ha fatto praticamente niente per regolamentare il mercato. Tanto per fare un confronto, Eni ha guadagnato venti miliardi, mentre la tedesca Uniper ne ha persi cinquanta-sessanta e l'hanno dovuta salvare.

Come mai questa differenza?
Perché il governo della Germania ha impedito di aumentare le bollette. In Spagna hanno introdotto una regolamentazione che ha ridotto i costi alla metà, in Francia come al solito ci sono andati giù pesanti perché loro sono dirigisti.

E noi italiani?
Noi, invece, adottiamo un liberismo ingenuo: lasciamo fare qualunque cosa. Tanto che la speculazione è esplosa. Per consumare 54 miliardi ne girano 340: questo vuol dire che il gas passa di mano per cinque volte.

Si può evitare questa speculazione per legge?
Sarebbe bastato che il governo emanasse un decreto dicendo all'Eni: è inutile che opponi il segreto commerciale sui tuoi contratti, perché se alla dogana il gas lo paghi 50, ai clienti puoi fai pagare al massimo 70, non 250. Un margine deve essere garantito, ma non a questo livello. Già questo avrebbe tirato giù i prezzi delle bollette.

Lo stesso discorso vale per le cifre stanziate per le famiglie e le imprese?
Se facciamo il confronto con gli altri Paesi europei scopriamo che la sproporzione è enorme. Il governo Meloni ha stanziato solo 9,5 miliardi fino a dicembre e altri 23 per l'anno prossimo. La Francia ne spenderà oltre 100 e la Germania 200. I giornali evitano accuratamente i paragoni, ma la differenza è evidente. Anche se guardiamo al caro prezzi: a Parigi, dove il governo è intervenuto, l'inflazione è la metà della nostra.

Anche per il nuovo esecutivo, insomma, prevale la linea della prudenza in economia?
Giorgetti, in pratica, fa come Mario Monti: sente Draghi al telefono un giorno sì e l'altro no per farsi dare le indicazioni. Solo che Draghi, con il suo governo, aveva fatto il 5,6% di deficit, Giorgetti lo ha abbassato al 4,5%. Siamo tornati all'austerità.

Infatti il tasso dei Btp è sceso.
Ma chi se ne frega. Il loro punto di riferimento è solo il mercato finanziario. Per due o tre mesi può anche andare bene, anche perché fortunatamente finora è continuato il caldo. Ma quando arriverà l'inverno, le bollette saliranno di colpo e la gente si renderà conto che la situazione non è sostenibile.

L'obiezione che viene sempre opposta a questo argomento è che i soldi non vengono stanziati in deficit perché non ci sono.
Non è vero. L'Italia ha 6 mila miliardi di liquidità investita, di cui 2.200 solo in banca. I conti correnti sono strapieni di soldi e le banche non ne hanno bisogno, li usano pochissimo. Se andiamo a vedere i loro bilanci, la fetta che prestano è appena la metà. Anche se dopo il Covid il 90% dei prestiti è garantito dallo Stato: loro ne hanno approfittato per sostituire i vecchi prestiti con i nuovi. Tutto il resto dei soldi viene tenuto fermo, oppure investito nel risparmio gestito.

E dove vanno a finire i soldi del risparmio gestito?
Finanziano gli Stati e le multinazionali estere. Nei fondi o nelle polizze c'è tutto il mondo, meno che l'Italia. E, tra l'altro, non ci si guadagna nemmeno, anzi, da un anno e mezzo si è perso tantissimo: i bond sono scesi tutti del 10-20%.

Cosa potrebbe fare, dunque, lo Stato italiano?
Offrire un prodotto alternativo a quello delle banche: un conto corrente al Tesoro che paga il 4%. Se offri un'alternativa più conveniente, i soldi arrivano eccome. Così il risparmio degli italiani sarebbe investito in Italia, non all'estero.

Ma non ci sono già i titoli di Stato?
Quelli sono soggetti alla speculazione e all'oscillazione del mercato, un conto corrente no. In questo modo lo Stato si finanzierebbe senza passare per le aste dei Btp o lo spread. E i cittadini, se avessero bisogno dei loro soldi per qualche spesa, non dovrebbero dare un ordine, aspettare che venga liquidato e poi riceverli dopo qualche giorno. Con le tecnologie attuali si potrebbe addebitare i pagamenti direttamente sul conto in cui li si è investiti, con una carta di credito o un bancomat.

Da dove nasce quest'idea?
Non certo da me, è una proposta che viene da importanti studiosi. Come John Cochrane, forse il più grande economista monetario del mondo, che ha insegnato a Chicago e oggi a Stanford. David Wessel, collaboratore del Wall Street Journal, le ha dedicato un capitolo in un suo libro.

Tecnicamente sembra tutto molto semplice, ma se non si è ancora realizzata sarà perché a qualcuno non conviene.
Alla finanza, a chi gioca sui Btp, al mondo dei grandi fondi di New York e di Londra, alle banche italiane, pure alla Banca centrale europea che perderebbe il suo potere. Oggi la Meloni implora ancora la Bce di continuare a comprare 20-30 miliardi di Btp al mese. Ma perché invece il debito pubblico non lo finanziano gli italiani con i loro 6 mila miliardi?

Speriamo che il governo la ascolti.
Il problema è che i politici medi non hanno tempo né voglia di andare su Internet, bensì si informano leggendo il Sole 24 Ore, Milano Finanza, il Corriere della Sera. Se su questi giornali appare una proposta, la prendono in considerazione, altrimenti pensano che sia solo un'idea strana e non fattibile.

I giornali che dettano l'agenda politica questi argomenti non li trattano?
Una volta, due anni fa, riuscii a farmi pubblicare un articolo su questo tema dal Corriere. Ma tutto è cambiato da quando misi in discussione i dati sul lockdown del Covid. Il mio articolo fu respinto, ci fu una polemica con tanto di presa di posizione del comitato di redazione, e da allora sono finito sulla lista nera dei dissidenti.

E gli esperti degli staff di governo?
Sono troppo legati al mondo della finanza. C’è una sudditanza notevole nei confronti delle banche o delle grandi aziende. Così continuano a ripetere che c’è il debito pubblico, che non si può fare niente, e non fanno lo sforzo di dire qualcosa di diverso.