7 ottobre 2024
Aggiornato 08:00
L'intervista

Franco Cardini: «Ho grande stima per la Meloni, si è fatta dal nulla, è intelligente e colta»

Lo storico e saggista Franco Cardini commenta al DiariodelWeb.it il programma del governo Meloni emerso dai due discorsi per il voto di fiducia alle Camere

Franco Cardini, storico e saggista
Franco Cardini, storico e saggista Foto: Luca Castellani ANSA

Con la fiducia ottenuta alla Camera e al Senato, il nuovo governo italiano guidato da Giorgia Meloni è ora in carica con la pienezza dei propri poteri. E può iniziare a lavorare, atteso com’è alle grandi sfide delle crisi economica, energetica e bellica. Le prime idee sulle politiche che l’esecutivo intende portare avanti sono emerse proprio dai due discorsi programmatici in aula, che il DiariodelWeb.it ha analizzato insieme al professor Franco Cardini, storico e saggista, nonché ex compagno di militanza di molti dirigenti di Fratelli d’Italia nell’allora Movimento sociale italiano.

Professor Franco Cardini, che impressione le ha fatto vedere Giorgia Meloni sul banco più alto del governo?
Innanzitutto ribadisco la mia grande stima nei confronti della premier. Gerardo Greco l'aveva addirittura definita la «mia nipotina». Ma non lo è affatto: è una carissima amica.

Che opinione ha della neo-presidente del Consiglio?
È una ragazza intelligente, che si è fatta dal niente, studiando, lavorando, iscrivendosi con coraggio a un partito che era ostracizzato e lei lo sapeva benissimo. Una buona madre, una cattolica sincera, non per prendere qualche voto. Una persona colta, che parla correntemente tre lingue: spagnolo, francese e inglese, molto meglio di me che pure ho insegnato in Inghilterra, Australia e Stati Uniti. Non è da tutti.

E del partito di Fratelli d'Italia?
Che è molto debole. Avrà anche preso una buona percentuale, ma tra chi è andato a votare, cioè poco più della metà degli italiani. E questo è uno dei suoi problemi. Perché fra chi non è andato a votare non ci sono solo gli indecisi, come è stato scritto stupidamente, ma anche chi ha deciso benissimo di non farsi intruppare in questi partiti che non rappresentano più nulla, sono diventati afasici, semplici portaordini di chi li foraggia, cinghie di trasmissione.

Cosa pensa dei discorsi con cui ha presentato il governo alle Camere?
Sono stati belli e onesti, che la qualificano molto bene. Ha esposto, senza nascondersi, le sue idee personali. Lei è una classista e un'occidentalista convinta. Non parla mai di questioni sociali perché, da buona persona che si è fatta da sola e ha tirato la carretta, istintivamente le sottovaluta: pensa che il mondo vada così, che ci siano i ricchi e i poveri. Anche in questo è una persona molto di destra.

Che tipo di destra?
Non quella estrema, che marcia, quella del Foglio e di Ferrara. Quelli che, non a caso, sono insoddisfatti del modello di flat tax proposto dalla maggioranza: che infatti avvantaggia i ceti medio-bassi, non i super ricchi. L'elettorato della Meloni è fatto di esercenti, di commercianti, di piccoli professionisti, di artigiani, di bottegai.

Insomma, non sembra l'identikit di un partito neo-fascista, come affermano i più critici.
Per nulla. Di neo-fascista, tutt'al più, c'è il vecchio simbolo del Movimento sociale. Che era dichiaratamente un partito neo-fascista e, come tale, non era affatto di destra: sul piano sociale era più a sinistra del Pci. Io ne sono stato un dirigente dal 1953 al 1965 e non mi vergogno dei saluti romani: lo facevo in buona fede, convinto che quello fosse un modello di riscatto politico soprattutto per le classi meno abbienti.

La Meloni che cosa ha preso di quella tradizione?
Lei è una missina degli anni '90, si mosse sull'onda di emozione dell'assassinio di Borsellino. Quindi appartiene alla fine del Msi, quando il partito mirava già a trasformarsi in destra conservatrice, collegata a quella liberale. Ed è quello che è successo con An prima e Fdi poi. La Meloni è conservatrice, atlantista e anche riformista, perché si rende conto che tante cose non funzionano. A cominciare dall'Unione europea così com'è, che non è né carne né pesce.

Che Europa ha in mente la nuova leader del governo?
Lei è sovranista, molto suscettibile nei confronti dell'egemonia franco-tedesca. Adesso dovrà occuparsi di questioni interne, ma quando potrà tornare a fare un po' di politica estera tutti si aspettano che si appoggi all'unione di Visegrad e al suo rapporto con Vox. Ma questa è la Meloni minimale. Mesi fa propose una soluzione politica dell'Europa non più fondata sul federalismo, ma sul confederalismo.

Cioè?
L’idea non è presidenzialista e unitarista all'americana e alla tedesca, ma alla svizzera. Un'Europa unita sulle questioni fondamentali, come l'esercito, l'organizzazione giuridica, la diplomazia, la moneta. E, per il resto, che lasci libero ogni Stato di mantenere le sue tradizioni nazionali, con grandissima autonomia. È una visione originale, forte, anche se per certi versi antiquata. Ma io mi aspetto una Meloni che potrebbe lavorare per creare un'Europa alternativa e, gradualmente, proporre una riforma confederale.

E sulla guerra in Ucraina che posizione ha la Meloni?
Nei suoi discorsi alle Camere non ha mai usato la parola «pace», perché in questo momento non rientra nei suoi valori. Non voglio dire che sia una guerrafondaia, figuriamoci. Ma oggi vuole continuare la guerra, secondo le direttive di Biden, per ridimensionare la Russia impedendole di svolgere un ruolo nel macrocontinente euro-asiatico. Ne sogna la frammentazione in una miriade di Paesi guidati da giunte arancioni, cioè vassalle degli Usa.

Non mi sembra d'accordo con questa posizione.
Questa vecchia destra subordinata all'atlantismo a me non piace affatto, Giorgia lo sa. Ciò non toglie nulla all'amicizia e all'affetto che ho per lei. Questa politica è contro gli interessi dell'Europa, perché gli Stati Uniti le sanzioni in realtà non le hanno inflitte alla Russia, ma a noi, come concorrenti. Potranno anche vincere la guerra contro Putin e costringerlo ad andarsene, ma a che prezzo? Con il rischio che arrivino i falchi militari, che chiedano aiuto alla Cina, avvicinando il momento del confronto diretto con gli Usa? Ci conviene?

Torniamo alle questioni italiane. Lei è un grande amico anche di Matteo Renzi, ma ha capito che cosa ha in mente il terzo polo?
Lui politicamente è un furbo. Ha capito che la linea della Meloni è, grossomodo, quella giusta e sta cercando il modo di sostituirsi a qualche brandello della maggioranza di centrodestra. La Meloni non va d'accordo con Salvini e tantomeno con Berlusconi, che oltretutto la detesta.

Si è visto benissimo in questi giorni.
Quando ha detto che in fondo Putin ha qualche ragione, ha buttato una specie di buccia di banana per farla scivolare, quando stava per fare il suo ingresso come capo di governo nelle due Camere. Non si fa. Si è già capito qual è il gioco di Berlusconi.

Quali sono le trappole da cui la nuova inquilina di Palazzo Chigi si deve guardare?
Ci sono già stati i moti all'università e qualcuno ha detto che con la Meloni è tornato il manganello. Questo non è affatto vero: dal 1948 in poi la polizia ha manganellato spessissimo. Oggi è l'anniversario della marcia su Roma e le chiederanno che cosa pensa del fascismo: qualunque cosa dica sbaglierà. Se dirà che alcuni aspetti vanno rivalutati storicamente le daranno della fascista, se dirà che è antifascista le daranno dell'ipocrita. Ma questa non sarà la vera trappola.

Cosa intende?
Che lei sa benissimo che deve aspettare la prova dell'autunno e dell'inverno. Quando si comincerà a sentire un po' di freddo e a stare un po' più al buio, quando aumenteranno i disoccupati. Noi occidentali abbiamo perso ogni allenamento a sopportare privazioni. E, quando succede qualcosa, le colpe le prende sempre il governo in carica. Non è vero che la colpa sarà della Meloni. Ma è vero che lei sta appoggiando gli Stati Uniti, che stanno applicando quelle sanzioni che la stragrande maggioranza del Paese reale non avrebbe mai voluto.