28 marzo 2024
Aggiornato 10:30
L'intervista

Francesco Giubilei: «Perché ha vinto Giorgia Meloni (e perché ha perso il centrosinistra)»

Il saggista ed editore Francesco Giubilei, ai microfoni del DiariodelWeb.it, analizza le ragioni della netta affermazione del centrodestra e di Fratelli d’Italia alle elezioni

Giorgia Meloni e Matteo Salvini durante una manifestazione del Centrodestra
Giorgia Meloni e Matteo Salvini durante una manifestazione del Centrodestra Foto: Agenzia Fotogramma

Come volevasi dimostrare. Le elezioni politiche del 25 settembre hanno dato un esito scontato e fin troppo chiaro: una netta affermazione della coalizione di centrodestra, che ha sfiorato il 44%, trascinata da Fratelli d'Italia, che da solo ha preso dieci punti in più dei suoi alleati (Lega e Forza Italia) messi insieme. Le ragioni di questo trionfo, il DiariodelWeb.it le analizza insieme a Francesco Giubilei, editore, collaboratore de Il Giornale, professore all'Università Giustino Fortunato di Benevento e presidente di Nazione Futura e dela Fondazione Tatarella, ma anche autore di un libro dedicato alla prossima premier, intitolato «Giorgia Meloni. La rivoluzione dei conservatori».

Francesco Giubilei, quali fattori hanno pesato di più sulla vittoria del centrodestra?
Hanno indubbiamente pesato tanto i loro meriti, quanto i demeriti del centrosinistra.

Partiamo dai primi.
Innanzitutto una campagna elettorale unitaria. Si è parlato molto delle divisioni, che ovviamente ci sono in una coalizione votata da milioni di persone e che presenta diversità di pensiero. Ma in realtà il centrodestra, appena caduto il governo Draghi, ha trovato la quadra in pochi giorni. Compreso l'accordo sul punto che il partito più votato avrebbe espresso il premier, come accaduto in passato. Questo sicuramente ha premiato. Non solo, ma garantisce una stabilità futura al Paese, sui temi sia della politica estera, come dimostrano le rassicurazioni della Meloni, sia di quella interna.

Il vero boom, però, lo ha fatto soprattutto Fratelli d'Italia.
Un partito che ha compiuto un'evoluzione di carattere conservatrice, si è aperto a nuovi elettorati: trovo sintomatica l'esplosione nel Nord produttivo. In questo è stata fondamentale anche la posizione di coerenza tenuta in questi anni dalla Meloni.

Ma accennava anche ai demeriti della fazione opposta.
Come si è già detto, spaccarsi in tre, con questa legge elettorale, è stata evidentemente una scelta assurda. Facendo la somma tra Pd, M5s e Calenda, avrebbero vinto molti più collegi uninominali. Ma c'è un altro grande errore commesso da Letta che, secondo me, non si è sottolineato abbastanza.

Quale?
Impostare una campagna elettorale completamente sbagliata. Il tema del pericolo fascismo può muovere un elettorato ideologico di sinistra, ma al cittadino medio non interessa. Semmai sarebbe stato più efficace entrare nel merito. La domanda da porsi sarebbe stata: sarà in grado il governo di centrodestra di affrontare sfide complicatissime come quelle dell'energia, dell'inflazione, del debito pubblico, del rapporto con l'Europa? Così sarebbe stato diverso.

Questo risultato può rappresentare una svolta in questo senso? Cioè, la contrapposizione fascismo-antifascismo è stata definitivamente consegnata ai libri di storia, ai quali appartiene?
Doveva già essere così da decenni: il conservatore non è fascista per definizione. Chi lo dice non ha capito di cosa sta parlando. La narrazione è proprio sbagliata, anche dal punto di vista generazionale: Fratelli d'Italia è nato nel 2012 e la sua leader negli anni '70.

Ma ora anche l'elettorato ha dimostrato di avere ormai superato questo tema.
Perché viviamo una situazione socio-economica molto complicata. Lo si capisce anche dal fatto che il Movimento 5 stelle al Sud ha tenuto, nonostante tutto. Una fetta del Paese, dopo anni di crisi e di Covid, ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Il mondo politico deve essere in grado di darle delle risposte. Al lavoratore che ha perso il lavoro, alla persona che non sa come pagare le bollette, del fantomatico rischio fascismo non interessa.

Come sottolineava, la coalizione di centrodestra è unita, ma con un partito nettamente più trascinante degli altri due. La debolezza di Lega e Forza Italia può rappresentare un vantaggio o uno svantaggio per la Meloni?
Molto dipenderà dal modo in cui si approccerà al governo, credo che lei l'abbia capito. La coalizione di centrodestra governa dal 1994 e c'è sempre stato un partito più forte degli altri due: prima era Forza Italia, poi è stato il Pdl e poi la Lega, oggi è Fratelli d'Italia. L'importante è che ci sia un bilanciamento e che le varie anime vengano rispettate. Berlusconi, che oggi compie 86 anni, nonostante tutto ha preso l'8%, al Sud ha fatto anche dei buoni risultati: chiaramente il suo elettorato è diverso da quello di Fdi.

Forse i forzisti possono anche ritenersi soddisfatti, ma i leghisti no.
Vero è che il loro risultato è stato inferiore alle aspettative, ma continua a esprimere molti governatori, ad avere uno dei gruppi più grandi all'Europarlamento. Ogni partito deve portare le proprie sensibilità, poi alla luce del risultato chiaramente il pallino in mano ce l'avrà Fratelli d'Italia. Giocoforza avrà un maggior peso all'interno del governo.

Viviamo in un periodo di grande volatilità politica dei leader: lo dimostrano le parabole di Renzi, Di Maio, Salvini. Cosa deve fare Giorgia Meloni per evitare di essere travolta presto dalla fine della luna di miele?
Molto dipenderà dalla squadra di ministri, ma anche sottosegretari e ruoli chiave nell'esecutivo. Secondo me, ora che il centrodestra è tornato al governo dopo dieci anni con una buona maggioranza, c'è l'opportunità di mettere in campo un'agenda non solo politica ma anche culturale. Che modifichi nel profondo, e a lungo termine, la mentalità su certi temi e certi valori. Un'operazione di controegemonia, in risposta a quella che la sinistra ha oggettivamente portato avanti dal '68 in poi. Anche attraverso uno spoil system: cioè portando avanti la propria classe dirigente nelle partecipate, nelle fondazioni, nei territori.

Prima evocava le questioni di stringente e drammatica attualità. Quali misure immediate si aspetta dal governo Meloni, nei primi famigerati cento giorni, per farvi fronte?
Il primo tema è il caro energia. Bisognerà contrastarlo nell'immediato e anche coordinandosi a livello europeo: perché la colpa è sì della guerra in Ucraina, ma soprattutto delle politiche comunitarie sbagliate. Poi, secondo me, nei primi cento giorni serve una forte misura di shock fiscale. Un forte taglio delle tasse, della burocrazia e del cuneo fiscale, per mandare il segnale del superamento dell'assistenzialismo e di una politica liberale anche sui temi economici.

La situazione dei conti pubblici italiani può consentirlo?
Chiaramente ci sono dei vincoli di bilancio. Ma si possono anche riutilizzare tante risorse investite sul reddito di cittadinanza così come è concepito ad oggi, o sui 200 euro a spot che non cambiano la vita nemmeno di coloro che sono in difficoltà. Questo servirebbe a dare una mano al mondo imprenditoriale e ai ceti produttivi e a far ripartire l'economia.