20 aprile 2024
Aggiornato 00:00
L'intervista

Calandrini: «Il governo Draghi non sostiene le imprese italiane, ma le uccide»

Il senatore Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia, denuncia al DiariodelWeb.it i limiti dell’esecutivo nella gestione economica della pandemia prima e della guerra poi

Il senatore Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia
Il senatore Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia Foto: Facebook

Dalla crisi pandemica si è passati a quella bellica, eppure cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Il governo Draghi continua ad affrontare le emergenze che si susseguono con lo stesso stile: provvedimenti che calano dall’alto, aggirando il dibattito democratico, e che spesso e volentieri si rivelano insufficienti ad arginare i problemi che pretenderebbero di risolvere. È quanto afferma ai microfoni del DiariodelWeb.it il senatore Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia.

Senatore Nicola Calandrini, lei ha denunciato in aula come le misure del governo Draghi, invece di sostenere le imprese italiane, stiano contribuendo ad ucciderle. Perché afferma questo?
Perché da due anni a questa parte il governo continua la politica dei bonus senza dare sostegni concreti. In più, tante risorse sono state disperse in mille rivoli, in mancette utili solo per il tornaconto elettorale di qualcuno, piuttosto che per il Paese. Le faccio un esempio concreto: nelle audizioni che abbiamo tenuto in occasione del decreto Sostegni ter, non una sola categoria era soddisfatta dei contenuti che la riguardavano, tutti chiedevano sforzi maggiori. In una situazione che era già difficile, sono arrivati il caro energia, il caro materie prime e il caro carburanti, e numerose attività in diversi settori sono state costrette a fermare la produzione perché i costi hanno superato i ricavi.

In particolare la sua attenzione si è rivolta al settore edilizio, che è uno di quelli trainanti. I bonus non sono bastati a rilanciarlo?
I bonus sono stati certamente un volano e hanno funzionato. Prova ne è che l’aumento di oltre il 6% del Pil registrato nel 2021 si deve per un terzo al settore edilizio. Quello che non va bene è che il governo si è dimostrato scorretto nei confronti di famiglie e imprese cambiando in continuazione le regole in corsa. Pensiamo al Superbonus: da quando è stato introdotto ha subito circa quattordici modifiche. Questo ha ostacolato la richiesta dell’incentivo e in qualche caso ha fermato cantieri già avviati. Io credo che uno Stato giusto debba garantire la certezza del diritto, che è quello che con il Superbonus è mancato.

Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina ha contribuito ad aggravare la situazione?
Certo, ma vede, alcune dinamiche erano già in corso, su altre è scattata una speculazione. E non lo dice solo Fratelli d’Italia, lo dice anche il governo che però non fa nulla per correre ai ripari e per contrastare gli autori di queste supposte speculazioni.

Draghi ha evocato l’«economia di guerra». Ma le risposte del suo governo sono state all’altezza?
Il governo continua a inseguire le emergenze con provvedimenti tampone che mancano di una visione e di un progetto per l’Italia e per gli italiani.

In compenso si trova il tempo, come lei ha sottolineato, di rispolverare lo ius soli e l’aumento delle imposte sulla casa. Come giudica queste proposte?
Fuori luogo. Non è lo ius soli la priorità, così come non è il momento di imporre nuove tasse sulla casa. In aula ho detto che il governo mente sapendo di mentire. Draghi dice che con la riforma del catasto non ci saranno aumenti per le tasse sulla casa, mentre associazioni di categoria dicono l’esatto opposto: la riforma serve proprio a questo. Nella stessa relazione presentata dal governo c’è scritto che l’Unione Europea raccomanda di ridurre la pressione fiscale sul lavoro compensandola con una revisione delle agevolazioni fiscali e con una riforma dei valori catastali non aggiornati. Dunque è il governo stesso che ammette che sta facendo la riforma del catasto per aumentare le tasse sulla casa. Nel bel mezzo della più grave crisi economica dal dopoguerra trovo che sia una follia aumentare il prelievo fiscale andando a colpire il bene rifugio per eccellenza degli italiani: la casa.

Sarebbe stato possibile investire in modo più efficace, ad esempio, i fondi destinati al reddito di cittadinanza?
Sicuramente. Noi oggi spendiamo circa dieci miliardi l’anno di reddito di cittadinanza. Soldi che sono serviti forse come argine alla povertà ma sicuramente non per lo scopo principale, ovvero reinserire i percettori nel mondo del lavoro. Oggi sappiamo dalla Corte dei conti che solo il 25% ha trovato lavoro e per lo più con contratti a tempo determinato. In più, solo un terzo è nelle condizioni di lavorare. Uno Stato giusto non mette sullo stesso piano chi può lavorare e chi no. Noi chiediamo da sempre l’abolizione del reddito di cittadinanza per destinare quei fondi a politiche del lavoro concrete, che incentivino le aziende ad assumere. Dobbiamo mettere le imprese nelle condizioni di creare lavoro e di mantenere l’occupazione.

E le risorse destinate alla riduzione delle tasse?
La premessa è che la riduzione del prelievo fiscale per Fratelli d’Italia è sempre auspicabile, ma in questo caso l’esito è stato impercettibile. Le stesse risorse pari a 8 miliardi di euro potevano essere destinate al taglio del costo del lavoro per le imprese. Questo avrebbe creato un effetto moltiplicatore sul prodotto interno lordo. Invece la scelta del governo e della maggioranza è stata una rimodulazione delle aliquote Irpef che ha scontentato tutti, industriali e sindacati, e nessuno ha potuto percepire effetti concreti da questo intervento.

Voi di Fratelli d’Italia avete presentato degli emendamenti in tal senso che non sono stati recepiti dalla maggioranza?
Esatto. Fratelli d’Italia fa opposizione al governo Draghi, non certo al Paese. Abbiamo esercitato questo ruolo sempre in modo responsabile, proponendo emendamenti di buon senso per il bene degli italiani. Ci siamo scontrati spesso con governo e maggioranza che sono stati sordi, che hanno preferito blindare i propri provvedimenti dietro voti di fiducia. È mancata da parte loro una reale volontà di confrontarsi.

Qual è il ruolo a cui chiamate l’Europa, per un sostegno efficace in questo momento di crisi?
L’Europa deve cogliere questa occasione per dimostrare di essere un gigante, ragionare con una sola voce in politica internazionale e mostrarsi madre e non matrigna con gli Stati membri. Noi abbiamo chiesto che ad esempio resti sospeso il patto di stabilità, perché non è questo il momento di ripristinare i vincoli di bilancio, in particolare per gli enti locali. Chiediamo anche che sia messo in campo un nuovo Recovery Fund con misure dedicate agli Stati e alle imprese danneggiati dalle conseguenze delle sanzioni internazionali alla Russia. Ma non dovrà essere un nuovo prestito: chiediamo risorse a fondo perduto per ristorare coloro che sono stati penalizzati dai recenti eventi storici.

La scarsa attenzione dimostrata dall’esecutivo al dibattito parlamentare ha contribuito a non dare la possibilità di correggere gli errori presenti nei decreti?
È evidente che l’emergenza Covid prima e la guerra adesso sono stati utilizzati da entrambi i governi che si sono succeduti per arginare il ruolo del parlamento. La legge di bilancio, ad esempio, la più importante dello Stato, è arrivata in Senato in ritardo, i lavori in commissione sono stati una corsa contro il tempo a fronte di un provvedimento così complesso, poi è scattato il voto di fiducia ed il testo è passato blindato alla Camera che lo ha approvato in pochi giorni senza poter modificare una virgola. Questo è successo praticamente per tutti i decreti che ha varato il governo negli ultimi due anni. In questo modo, si è creato un monocameralismo di fatto che ha sminuito il ruolo dei parlamentari, che sono invece i rappresentanti del popolo italiano. Fratelli d’Italia lo denuncia da tempo, nel silenzio imbarazzante della maggioranza e delle istituzioni. Rischiamo che oltre all’emergenza economica e a quella sociale, si aggiunga di questo passo anche l’emergenza democratica.