18 aprile 2024
Aggiornato 16:30
L'intervista

Candiani: «Chi sceglie di non vaccinarsi non deve essere punito, ma protetto»

Il senatore della Lega Stefano Candiani espone al DiariodelWeb.it tutti i suoi dubbi su una gestione della pandemia improntata all’emergenza sanitaria

Il Senatore della Lega, Stefano Candiani
Il Senatore della Lega, Stefano Candiani Foto: Riccardo Antimiani ANSA

Questa settimana è entrato in vigore il famigerato super green pass, che impone la necessità del vaccino per accedere a cinema, teatri, stadi e ristoranti al chiuso. Un’ulteriore stretta sulle restrizioni che è stata accompagnata da una nuova ondata di proteste da parte dei cittadini contrari al certificato verde. Secondo il senatore della Lega Stefano Candiani al DiariodelWeb.it, l’atteggiamento tenuto finora dalla politica e dall’informazione su questi temi sta facendo emergere tutti i suoi limiti.

Senatore Stefano Candiani, questa settimana è entrato in vigore il cosiddetto super green pass. Le ulteriori restrizioni vanno nella direzione giusta?
Iniziamo a mettere in ordine i concetti, che troppo spesso si perdono nel mezzo di comunicazione troppo esasperata. Sembra che queste azioni vengano messe in atto per spingere gli italiani a sottoporsi ad un vaccino, che non è obbligatorio.

Non è così?
Niente di più fuorviante. L'obiettivo è quello di interrompere la catena dei contagi. Chi non si è vaccinato non va punito, bensì protetto, perché è più a rischio di contrarre l'infezione. Per questo deve limitarsi nei contatti e stare più attento. Messa così è molto differente.

Dunque non c'è un intento discriminatorio verso chi ha scelto di non vaccinarsi?
Anzi, quello è un messaggio molto sbagliato, che rischia di acuire le tensioni sociali. A me fa veramente arrabbiare quando sento qualche esponente, anche governativo come Brunetta, affermare che c'è una parte dei cittadini italiani che va punita. Come se si godesse nel vedere una fetta di popolazione che va in difficoltà. Non è così: noi siamo tutti vittime della pandemia.

Anche perché così si rischia di inasprire le proteste, che nei giorni scorsi sono sfociate addirittura nelle minacce di morte al governatore Fedriga.
Esatto. E questo non va bene.

Anche perché, se questa fosse la logica, non sarebbe più coerente e coraggioso introdurre direttamente l'obbligo vaccinale, come in Austria?
Mesi fa io proposi un emendamento in cui chiedevo al governo di mettere a bilancio delle risorse per far fronte all'insorgenza di eventuali patologie a seguito della vaccinazione. Ma non fu approvato perché, disse il ministro della Salute, non c'è l'obbligo vaccinale, quindi non esiste alcuna responsabilità da parte dello Stato.

Viene il dubbio che è proprio questo il motivo per cui non si impone l'obbligo.
Noi stiamo invitando le persone a vaccinarsi per proteggersi, ma sempre con un sottinteso: sei libero di non farlo, ma se non lo fai ti chiudo in casa. L'obbligo esiste già per alcune categorie particolarmente a rischio di infettarsi o di infettare: i medici, gli operatori scolastici, le forze dell'ordine... Il concetto dev'essere pulito e netto: non serve obbligo, perché viene tradotto come una costrizione della libertà delle persone, ma non si può far finta che non ci sia un'impostazione scorretta. Cioè, se ti capita una patologia sono cavoli tuoi.

Il nuovo aumento dei contagi e il ritorno delle prime zone gialle la preoccupa, anche sul fronte del turismo?
Dobbiamo entrare in un'ottica che forse a Speranza non piace molto: cioè quella di normalizzare la gestione. Sono molto contrariato dal fatto che, dopo quasi due anni, si faccia ancora ricorso all'emergenza. Così si mandano anche dei messaggi. Faccio un esempio: periodicamente qualche sindaco chiede il ricorso all'esercito perché vuole più sicurezza. Attenzione: se anziché la polizia o i vigili urbani si mette la camionetta con il militare armato di mitra non è detto che chi passa di lì pensi che è tutto sotto controllo.

Anzi, sembra di essere in guerra.
Esatto. Si esaspera a tal punto l'azione di contrasto da passare il messaggio che la situazione è sfuggita di mano. Questa risposta emergenziale poteva essere giusta all'inizio, di fronte all'incognita, ma continuare ancora oggi non fa altro che produrre sfiducia, in Italia e all'estero. Il sottosegretario dice che non si chiuderanno più le attività, e voglio ben crederlo. Ma se si tengono aperti gli alberghi e i ristoranti e poi rimangono vuoti perché la gente non gira... a che serve?

In questo momento è peggiore l'emergenza economica di quella sanitaria?
Questo è oggettivo. Tradurre tutti i problemi in emergenza sanitaria è anche un paracadute comodo per adottare delle soluzioni senza giustificare le proprie scelte. Ma questo non mi piace. Mi chiedo: qual è la strategia per uscire dall'emergenza? Visto che, per quanto sia inimmaginabile, con il coronavirus dovremo convivere ancora per molti anni.