19 marzo 2024
Aggiornato 06:00
L'intevista

Asciuti: «La Lega sbaglia a votare il super green pass, gli elettori si sentono traditi»

Al DiariodelWeb.it l’opinione sul momento attuale della Lega di Andrea Asciuti, consigliere comunale a Firenze che ha lasciato in polemica il partito

Il leader della Lega, Matteo Salvini
Il leader della Lega, Matteo Salvini Foto: Angelo Carconi ANSA

Non è una fase politica facile quella che sta vivendo la Lega. I consensi nei sondaggi sono in calo: ora il partito è accreditato del 18%, superato anche da Fratelli d’Italia. E anche la leadership di Matteo Salvini è messa in discussione dall’interno dalla fronda che fa capo a Giancarlo Giorgetti. Insomma, il segretario sembra avere perso quel tocco magico che lo aveva portato a riportare in alto il Carroccio. Pesa indubbiamente l’adesione al governo Draghi, che non è piaciuta a tutto il suo elettorato, e anche le posizioni problematiche su molti temi che è stato costretto a tenere in virtù della sua presenza in maggioranza. Compreso il tema del green pass, di cui proprio in queste ore è stato votato il rafforzamento. Questa è l’opinione di Andrea Asciuti, storico militante leghista della prima ora e consigliere comunale a Firenze, che da un paio di mesi ha lasciato il gruppo con cui era stato eletto, proprio in polemica contro le posizioni sul certificato vaccinale. Ecco cosa dichiara al DiariodelWeb.it

Consigliere Andrea Asciuti, ci racconta la storia della sua lunga militanza dentro la Lega?
Mi ci avvicinai negli anni ’90, perché ero affezionato alle battaglie sul federalismo e sulla difesa dell’identità. Nel 2009 arrivai primo in due quartieri, poi a Rignano fui il candidato leghista più votato della Regione. Nel 2011, contro ogni pronostico, vinsi il congresso fiorentino. Da segretario provinciale feci la campagna elettorale a Figline Valdarno e a Cascina e, mentre il partito crollava in tutta la Toscana, ottenemmo risultati sopra la media: oltre il 6%. Poi riavvicinai nel 2018, credendo nel nuovo progetto per l’Italia di Salvini. L’anno dopo fui eletto a Firenze.

Il suo allontanamento, invece, si è consumato sulla vicenda del green pass.
Esatto. Secondo me siamo arrivati ad una situazione quasi da guerra civile tra vaccinati e non. La tensione ha raggiunto un livello tale da farmi dire basta. E quindi mi sono espresso citando una frase di Primo Levi, il quale scrisse che la persecuzione nei confronti degli ebrei non iniziò con i forni crematori o i campi di sterminio, ma con le politiche che ci dividevano. Era un esempio senza dubbio forte, ma mi sembra simile a quanto sta succedendo oggi. La Lega non l’ha preso bene.

Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
Sicuramente, ma non solo. Nel dicembre scorso, spinto da amici imprenditori e proprietari di attività e locali, che protestavano contro il governo Conte, pensai di indire uno sciopero a pane e acqua. Nel frattempo alla presidenza del Consiglio salì Draghi, che dopo quindici giorni iniziò a fare le stesse cose di Conte. Io decisi di andare avanti con la mia iniziativa, anche se la Lega era passata in maggioranza. E anche in quell’occasione i vertici del partito mi parvero quantomeno titubanti.

Non ascoltare il malumore di una parte dell’elettorato nei confronti del green pass è stato un errore politico da parte di Salvini?
Sì. Io rabbrividisco ancora al pensiero che quest’estate Salvini disse: «Green pass? Non scherziamo proprio» e ora la Lega vota il super pass in Consiglio dei ministri. Una misura apocalittica. Tra qualche giorno i non vaccinati, anche quelli che si sottoponevano al tampone ogni 48 ore, come il sottoscritto, non potranno più accedere a ristoranti, cinema, teatri. Scusatemi, ma questo mi ricorda molto le leggi razziali, anche se adesso la discriminazione non avviene più in base alla razza ma al pensiero.

Questo è il motivo per cui, dopo aver riportato il partito a percentuali importanti, ora il consenso di Salvini sembra in calo?
Certo, ma il calo è inevitabile. Basta andare a leggere i commenti sui suoi profili social, pieni di militanti che lo definiscono traditore. Poi io la Lega la conosco bene e so che ha sette vite come i gatti: quando sta per crollare arriva un altro leader e la riporta su. In passato è sempre successo così, magari accadrà anche stavolta.

Mi sta dicendo che la salvezza della Lega potrebbe essere un cambio di segreteria?
Non basta che dopo Salvini arrivi Giorgetti o Fedriga o Zaia perché la situazione migliori. Ad oggi tutti questi personaggi sono malvisti dall’elettorato leghista. Magari qualcuno del Pd può considerarli più bravi…

Parla dello zoccolo duro storico del partito, quello dei piccoli imprenditori e delle partite Iva del nord?
Intorno alla Lega non ci sono mai stati i grandi industriali, ma soprattutto i commercianti, gli artigiani. Quelli sono scappati tutti. Ora è rimasto un elettorato simile a quello di Forza Italia: così il partito non può reggere, le fondamenta del palazzo si stanno sgretolando.

E quindi cosa farebbe lei, se fosse il segretario?
Resetterei tutto e tornando al passato. Magari facendo rientrare dei volti della vecchia Lega, come Castelli o Maroni. Questa sarebbe la miglior ripartenza che posso augurare. Personalmente non so se un giorno rientrerò nel partito, ma non certo finché è combinato così.

E Fratelli d’Italia può rappresentare un’alternativa valida per la leadership del centrodestra?
Io non credo neanche nel progetto della Meloni, anche in lei vedo ambiguità. Sui vaccini nessuno ha fatto la voce grossa, nessuno ha sposato le tesi del professor Montagnier e degli altri quattro premi Nobel. Poi, a livello fiscale, la vecchia Lega aveva un progetto ben definito, quello di Fdi non l’ho ben capito.

Renzi ha affermato che secondo lui anche la Lega punterebbe ad andare al voto nel 2022. Ma a Salvini conviene davvero?
Dentro la Lega non ci sto più e quindi non lo so con certezza, ma ad intuito direi di sì. Il problema, se si va alle urne, i cittadini non saprebbero più chi votare. Temo lo stesso effetto delle ultime amministrative, con un’astensione oltre al 50%.