19 marzo 2024
Aggiornato 03:30
L'intervista

Benvenuto: «Ci aspettavamo di più, ma è stato giusto puntare su Damilano»

Il parere di Alessandro Benvenuto, commissario torinese per la Lega, sulle elezioni comunali e sulla sconfitta del centrodestra, ai microfoni del DiariodelWeb.it

Alessandro Benvenuto, deputato e commissario della provincia di Torino per la Lega
Alessandro Benvenuto, deputato e commissario della provincia di Torino per la Lega Foto: Facebook

Le speranze del centrodestra di riconquistare il Comune di Torino si sono infrante al ballottaggio. Paolo Damilano si è fermato al 40,7%, sconfitto dal suo sfidante di centrosinistra Stefano Lo Russo, che ha convinto il 59,2% degli elettori. La sconfitta, che rispecchia quelle di Milano, Roma e Napoli, apre dunque una fase di riflessione nella coalizione. Il DiariodelWeb.it ha raggiunto l'onorevole Alessandro Benvenuto, deputato e commissario della provincia di Torino per la Lega, che ha commentato con noi l'esito della consultazione amministrativa.

Onorevole Alessandro Benvenuto, se dovesse descrivere l'esito delle elezioni di Torino in una sola parola, quale userebbe?
Una parola ce l'ho. Ed è questa: «Test».

In che senso?
Per la prima volta nella storia della Lega abbiamo impostato un percorso, partito con molti mesi di anticipo, ufficialmente a dicembre. Il candidato sindaco Paolo Damilano presentava una sua lista civica, quindi di fatto organizzava un suo progetto, e noi fin dal primo momento lo abbiamo sposato.

Che cosa ha comportato questa decisione?
Che la campagna elettorale è stata forte come sempre, ma fin dall'inizio si è deciso di spingere al massimo non solo il partito, ma anche il sostegno a Damilano. A Torino il centrodestra non ha mai avuto un candidato così forte. Dunque il test era quello di capire quanto una figura civica potesse influire nell'esito elettorale.

Quali sono stati i risultati di questo test?
Sono stati svariati. Da una parte siamo soddisfatti, perché dopo tantissimi anni di sconfitte tremende il centrodestra è tornato al ballottaggio a Torino. Allo stesso tempo, dobbiamo ammettere con sincerità che, ovviamente, ci aspettavamo di raccogliere qualcosa di più. Non dico la vittoria, ma arrivare molto più avanti al primo turno sì.

Insomma, possiamo dire che il test è parzialmente riuscito?
Non voglio dire questo, perché sarebbe una risposta molto limitativa. Noi abbiamo ragionato sul fatto che Damilano si dovesse muovere nell'alveo del mondo civico. Anche se, sui giornali, era costantemente accostato alla Lega, e solo in seguito all'ufficializzazione anche a Fratelli d'Italia e Forza Italia. È chiaro che chi aveva puntato le sue fiches fin dal primo giorno sul candidato è stato Salvini. Agli occhi della gente era vicino alle posizioni leghiste. Quindi, lasciando questo enorme campo libero per moltissimi mesi, possiamo dire di aver investito grandemente, a livello di marketing, sul suo brand. Questo è il motivo per cui abbiamo riscontrato un travaso di voti dalla Lega a Torino Bellissima, che si nota soprattutto in certi quartieri. Lo abbiamo accettato, perché faceva parte del gioco e ne valeva la pena.

Quindi, se la Lega è stata superata da Fratelli d'Italia a Torino è stato anche per questo motivo?
Questo è scontato. Ma non ne facciamo una rivendicazione: è normalissimo che sia andata così.

Eppure questa elezione è stata letta, in tutta Italia, come un derby tra i due primi partiti del centrodestra.
Eppure facciamo un ragionamento. A Milano la Lega ha preso il 10,7% e Fdi il 9,8%; a Torino Fdi il 10,5% e la Lega il 9,8%. Risultati opposti, ma praticamente sovrapponibili. Qual è la differenza? Che a Milano la lista di Bernardo ha preso il 3%, a Torino la lista di Damilano ha preso l'11% ed è stata la più votata della coalizione.

Questo evidenzia, appunto, il travaso a cui faceva riferimento. Dunque il fattore principale nel calo della Lega è stato questo, secondo lei, e non invece la presenza al governo che alcuni vostri elettori sembrano non aver premiato?
Questo rientra puramente nel consenso del partito. Non posso dire che, senza la lista Damilano, la Lega avrebbe preso il 20%. Magari avremmo preso quattro punti in più, non undici. Di certo una contrazione di voti l'abbiamo subita, perché siamo all'interno di un governo dalla maggioranza particolare e questo rende difficile trasmettere l'idea alla nostra base. Ma dobbiamo spiegare ai cittadini che stare al governo è anche un segno di responsabilità: è troppo facile stare all'opposizione. Noi l'abbiamo fatto per molti anni, quindi sappiamo che cosa vuol dire. Però questo è un momento così delicato per il Paese che era giusto stare dall'altra parte della barricata.

Dunque lei difende la scelta di un candidato civico. Che però non ha funzionato in nessuna grande città d'Italia: a Torino, a Milano, a Napoli, a Roma e anche a Trieste dove ha vinto il centrodestra, a prevalere sono stati sempre dei sindaci molto politici.
Non credo che ci siano le stagioni dei politici e dei civici, ma che bisogna scegliere il miglior candidato possibile in ogni territorio. Pensiamo alla provincia di Torino: a Carmagnola ha rivinto la sindaca uscente, che dunque è politica, benché non iscritta a nessun partito; a Nichelino e a Pinerolo abbiamo puntato su candidati ex politici, addirittura di area di centrosinistra, nel primo caso non ha funzionato perché la città è complicata per noi, nel secondo siamo andati al ballottaggio; a Beinasco abbiamo vinto per la prima volta nella storia, con un politico puro della Lega. Insomma, nelle città difficili abbiamo scelto candidati politici ma con liste civiche personali, per spostare il massimo dei voti che non erano non propriamente di centrodestra. Quello che conta non è l'uomo, ma il progetto civico: una proposta che potesse compensare il gap dei partiti, in modo da avvicinare e convincere elettori non della nostra area.

E, a Torino, Damilano era il miglior candidato possibile?
Sì, perché è riuscito a portare avanti un suo progetto civico. Che ha funzionato alla grande, imponendosi come prima lista del centrodestra.